Pompe criogeniche LNG ad alta pressione

Vanzetti Engineering ha aumentato la fornitura di pompe criogeniche alternative ad alta pressione VT-3 per il mercato navale, in risposta all’evoluzione tecnologica dei motori offrendo sostenibilità e maggiore efficienza

Vanzetti Engineering ha incrementato considerevolmente la propria fornitura di pompe criogeniche ad alta pressione per il settore navale, in risposta ad una accresciuta esigenza di questa tipologia di prodotto per i sistemi di alimentazione per motori navali. Dal 2021, infatti, il numero di ordini per il modello di pompe criogeniche alternative ad alta pressione VT-3 dell’azienda è cresciuto notevolmente, grazie ad una nuova tendenza del mercato nella direzione di sistemi ad alta pressione, soprattutto per le navi alimentate a metano di grandi dimensioni come portacontainers, bulk carriers, gas & chemical carriers e car carriers.

Come conferma Giancarlo Geninatti Crich, LNG Marine Sales Manager di Vanzetti Engineering: “sono sempre più numerose le nuove navi che utilizzano come sistema di propulsione i motori a metano e, in particolare, quelle con sistemi ad alta pressione, con un’inversione di tendenza rispetto a qualche anno fa, quando erano più diffusi quelli a bassa pressione”.

Motori più efficienti e sostenibili

Questo nuovo trend degli ultimi anni è legato all’evoluzione tecnologica dei motori in un’ottica di sostenibilità e maggiore efficienza. Oggi, infatti, le grandi navi montano motori a due tempi MAN MEGI ad alta pressione e che, quindi, necessitano di pompe criogeniche alternative VT-3, nelle diverse configurazioni Duplex, Triplex o Quintuplex.

Vanzetti Engineering è entrata nel mondo dell’alta pressione già nel 2019 con le prime referenze nel settore navale ma, se fino al 2020 il 90% delle pompe criogeniche vendute per questo mercato era costituito da pompe a bassa pressione (massimo 20 bar), dagli inizi del 2021 gli ordini di pompe ad alta pressione (massimo 350 bar) sono aumentati considerevolmente, al punto che oggi registriamo una percentuale del 50% di richieste di pompe ad alta pressione e del 50% a bassa pressione”, spiega Giancarlo Geninatti Crich.

Dal 2021 ad oggi Vanzetti Engineering ha fornito un numero elevato di skid VT-3 Duplex e Triplex, per un totale di oltre 30 navi con sistemi di alimentazione ad alta pressione, per clienti dislocati in varie aree geografiche, in particolare Cina, Corea, Singapore e Norvegia.

Sicurezza, affidabilità e ridotta manutenzione

Le pompe criogeniche alternative VT-3 di Vanzetti Engineering, evoluzione del precedente modello VT-55, sono disponibili nelle versioni Simplex, Duplex, Triplex o Quintuplex, a seconda della portata richiesta, con una pressione massima di 420 bar. Il modello VT-3 rappresenta la soluzione ideale in termini di prestazioni, sicurezza, affidabilità e bassa necessità di manutenzione e può essere fornito su skid, con tutti gli accessori tra cui sensori, strumenti e valvole utili per un controllo sicuro e affidabile della pompa.

SCHUNK: Andrea Lolli è il nuovo Sales Manager Gripping Systems della filiale italiana

SCHUNK: Andrea Lolli è il nuovo Sales Manager Gripping Systems della filiale italiana

La filiale italiana di SCHUNK, leader di competenza per i sistemi di presa e per la tecnica di serraggio, è in continua crescita non solo economica, ma anche nello sviluppo dell’organico e delle proprie risorse

Con il motto “One team one familySCHUNK vuole da sempre esprimere attenzione e apprezzamento ai propri collaboratori: ogni individuo è una risorsa, e il termine famiglia non si riferisce solo ai membri della proprietà, bensì al team internazionale di colleghi e colleghe, che insieme contribuiscono a rendere il brand leader mondiale nell’industria meccanica e nell’automazione industriale.

SCHUNK Intec Italia conta oggi 40 dipendenti e, grazie a un grande lavoro di squadra, l’azienda non solo è uscita dalla crisi, ma ha chiuso il 2021 con un risultato record, superando i 24 milioni fatturato, in particolare trainato dalla divisione sistemi di presa.

Questa divisione è nata ed è stata guidata con dedizione fin dagli inizi da Riccardo Borghi, che, grazie alla sua passione per il mondo della robotica, ha posto le basi e strutturato con successo lo sviluppo del mercato italiano per i moduli di presa SCHUNK, diventando un riferimento di affidabilità e competenza per il settore e per le sue associazioni più rappresentative.

Oggi Riccardo Borghi, che ha festeggiato lo scorso anno con commozione 20 anni nel team, continua a gestire l’ufficio tecnico della divisione. Il crescente sviluppo del comparto ha però richiesto l’inserimento di nuova una figura strategica, quella dal Sales Manager, ruolo che è ricoperto dal 1° gennaio 2022 dall’Ing. Andrea Lolli.

Il nuovo ruolo prevede da un lato lo sviluppo delle politiche commerciali e di vendita guidando e coordinando un team di otto funzionari di zona, e dall’altro, l’implementazione di attività di business development in nuovi settori di punta per l’automazione industriale, il Life Science e l’e-mobility, su cui SCHUNK intende sviluppare competenze applicative specifiche ed eccellere come partner tecnologico.

“Dopo il risultato straordinario del 2021, proseguire il percorso con successo rappresenta una sfida e implica grande responsabilità”, afferma Andrea Lolli.

“È possibile affrontare questo traguardo guardando al futuro, investendo sulle persone e sul lavoro di squadra. Ringrazio per l’opportunità e la fiducia di tutto il team e dell’azienda, che mi ha sempre offerto sostegno e opportunità di crescita”.

IPACK-IMA a Fiera Milano dal 3 al 6 maggio

Ipack Ima srl è tra i maggior organizzatori di fiere B2B per il processing e packaging, tra cui IPACK-IMA e MEAT-TECH

La partnership tra l’operatore fieristico leader a livello europeo e l’associazione industriale di riferimento per il comparto packaging ha una forte valenza strategica, a conferma della vocazione di ulteriore sviluppo e internazionalizzazione della fiera.

Grazie inoltre alla rete di relazioni internazionali di UCIMA ed al supporto che le aziende associate forniscono, le manifestazioni organizzate riescono a soddisfare le attese di tutti i clienti internazionali.

Con oltre 74.000 visitatori, IPACK-IMA è l’evento di riferimento a livello internazionale per i professionisti del mercato e luogo d’incontro privilegiato per i buyers dell’industria food e non food. Un appuntamento imperdibile a Milano, che segnerà la vera ripartenza per tutti i settori rappresentati.

Un’offerta completa, trasversale, rivolta a tutta l’industria del largo consumo e beni durevoli.

Una fiera di sistema dedicata a tutte le fasi di lavorazione della filiera produttiva: dal processo al confezionamento, dal design ai materiali innovativi, dall’etichettatura al fine linea, dall’automazione alla digitalizzazione.

I settori merceologici presenti a IPACK-IMA 2022:

  • Macchine per il confezionamento primario
  • Macchine per l’imballaggio secondario
  • Macchine per l’imballaggio da trasporto e per il fine linea
  • Sistemi di etichettatura, codifica, marcatura
  • Apparecchiature ausiliarie per il confezionamento
  • Produzione di imballaggi
  • Stampa su imballaggi
  • Imballaggi primari e secondari, chiusure, erogatori
  • Imballaggi da trasporto e protettivi
  • Etichette
  • Materiali per l’imballaggio
  • Macchine e Apparecchiature Ausiliarie per il processo
  • Materie prime, ingredienti e additivi
  • Sistemi e attrezzature di movimentazione sulle linee di processo e confezionamento
  • Sistemi e componenti per l’automazione e Robotica
  • Servizi per l’industria e attività conto terzi
  • Enti, Stampa Tecnica, Associazioni

Le tecnologie e i materiali esposti sono classificati in otto BUSINESS COMMUNITY che rappresentano i rispettivi mercati di destinazione.

Grazie alle community individuate, gli interessi di espositori e visitatori si combinano in maniera semplice e immediata.

Le BUSINESS COMMUNITY sono state arricchite sulla base delle esigenze dei visitatori: otto target affini agevoleranno l’individuazione di tecnologie e materiali offrendo concrete occasioni di incontro con i propri fornitori abituali, oltre all’identificazione di nuove soluzioni applicabili a tutti i processi produttivi.

Opportunità di specializzazione industriale e trasferimento tecnologico per lo sviluppo di nuove idee: un’esperienza di visita unica per gli operatori alla ricerca dell’eccellenza.

Nel deserto dello Utah, gli astronauti simulano le condizioni di vita su Marte

Per due settimane, un equipaggio internazionale porterà avanti un ricco programma di test tecnologici e scientifici simulando le condizioni di vita su Marte

MARS PLANET – SMOPS – Spedizione nel Deserto dello UTAH

Ci vivono poco più di 200 persone. Siamo ad Hanksville, nello Utah, in mezzo al deserto, microscopico punto sulla mappa degli Stati Uniti diventato però famoso: ultimo avamposto prima di arrivare su Marte. Ed è tutto vero. Infatti in mezzo a quella terra arida da milioni di anni è stata creata la Mars Desert Research Station (MDRS) gestita dalla Mars Institute, SITI Institute con il finanziamento della NASA. Si tratta di una struttura che porta avanti, sulla Terra, la ricerca per perseguire la tecnologia, la scienza, le operazioni necessarie per l’esplorazione umana dello spazio.

Lì ci passano studiosi, scienziati, studenti con la maggior parte degli equipaggi, chiamati proprio così, che si addestrano per operazioni con esseri umani da svolgere su Marte. Secondo di quattro siti previsti come parte del MARS, Mars Analogue Research Station, con condizioni simili a quelle che si potrebbero trovare sul Pianeta Rosso. E visto che diversi scienziati sono convinti che il futuro, la sopravvivenza del genere umano dipenda dalla capacità di arrivare e colonizzare altri pianeti, non c’è posto migliore di MDRS per prepararsi. E adesso sarà una missione italiana a provare la dura vita su Marte dal 10 al 23 aprile prossimi.

Si chiama Smops la missione (acronimo di Space Medicine Operations) ed è stata creata da Mars Planet che poi non è altro che il canale italiano della Mars Society che ha la propria sede a Curno, piccolo comune in provincia di Bergamo. A partire per lo spazio, metaforicamente ma poi mica tanto, sarà un equipaggio composto da sei astronauti, quattro italiani un francese e un canadese. Chi sono i marziani? Paolo Guardabasso e Simone Partenostro, ingegneri aerospaziali, Luca Rossettini, Ceo di D-Orbit (gruppo il cui valore è stimato in 1,4 miliardi di dollari, definito dal suo creatore l’Amazon dello spazio, trasporta infatti satelliti nello spazio), Vittorio Netti, architetto spaziale, Nadia Maarouf, medico e Benjamin Pothier, ricercatore spaziale.

Durante le due settimane di missione verranno condotti diversi esperimenti, test medici, fisiologici, saranno anche studiati i livelli di stress raggiunti dagli astronauti durante i loro viaggi interspaziali, per comprenderne meglio tutti gli aspetti. Poi sarà sperimentata anche una nuova tuta spaziale progettata da Mars Planet in partnership con aziende italiane leader nel settore tessile, pensata per agevolare i movimenti al di fuori delle stazioni base. Ma non solo, ci sono sensori, tanti, in grado di fornire in tempo reale le condizioni di salute dell’astronauta. La missione è sponsorizzata dall’Agenzia Spaziale Italiana in un ambito che prevede una vasta serie di attività che fanno parte di un ampio programma di ricerca e sperimentazione. L’obiettivo finale è quello di far nascere Mars City, hub dedicato e destinato allo sviluppo delle tecnologie di tutto lo spazio. Un progetto di vastissime dimensioni che porterà Marte sempre più vicino alla Terra. E non c’è da meravigliarsi, perchè il futuro fa già parte del presente.

Paolo Guardabasso, catanese, è un ingegnere aerospaziale laureato al Politecnico di Torino, e da alcuni anni fa parte degli equipaggi, internazionali, di missioni che simulano escursioni su Marte. Nel deserto dello Utah, una delle zone del nostro pianeta che maggiormente si prestano a simulare l’ambiente marziano per periodi di alcuni giorni in isolamento, con attività extraveicolari muniti di scafandro, casco e zaino di sopravvivenza.

La nuova missione di completa simulazione di uno sbarco su Marte è prevista dal 10 al 23 aprile prossimi, e l’equipaggio internazionale di sei “martenauti” è stato selezionato da Mars Planet, la sezione italiana della Mars Society. E’ la più importante organizzazione internazionale che si occupa dei progetti futuri di missioni a Marte, fondata e guidata da Robert Zubrin (che molti definiscono il nuovo Werner von Braun) e in Italia ha sede a Curno (Bergamo) alla guida di Antonio Del Mastro.

La base MDRS dello Utah, prove di missione marziana

La prima missione di Paolo, nel maggio 2019, si è svolta alla Mars Desert Research Station (Mdrs), la stazione fondata e gestita dalla Mars Society. Paolo è stato infatti selezionato dalla Mars Society Peru, per partecipare alla terza missione “Latino-Americana (Latam)” in visita alla Mdrs. Per due settimane, l’equipaggio internazionale, composta da 4 europei e 3 Latino-americani, ha portato avanti un ricco programma di test tecnologici e scientifici.

La stazione “marziana” Mdrs comprende sei diverse strutture.

L’habitat (chiamato Hab) è un edificio cilindrico a due piani con un diametro di 8 metri. Il piano superiore ospita gli alloggi dell’equipaggio (fino a 7 membri) e un’area dove cucinare, mangiare, lavorare e rilassarsi. Il piano inferiore è dedicato alle riunioni pre e post attività extraveicolari. Vi si trova una stanza con le radio e le tute per le attività esterne, atte a simulare vere tute spaziali per missioni su Marte, un “Eva airlock” verso l’esterno, un bagno, e un altro airlock, più piccolo. Da questo si può accedere ai tunnel che portano alle altre parti della stazione: il RAMM (Repair and Maintenance Module), dedicato agli esperimenti tecnologici e alle riparazioni, la Science Dome, un laboratorio per esperimenti di microbiologia e geologia, la serra (chiamata “GreenHab”) e l’osservatorio solare Musk, che prende il nome da un importante sponsor di MDRS. Un altro osservatorio, totalmente robotico e separato dal sistema di tunnel, viene telecomandato.

I risultati tecnologici

«Insieme al collega Vittorio Netti, ora dottorando presso il Politecnico di Bari, abbiamo sperimentato alcuni droni in ambiente marziano, che faremo volare nella missione di aprile – dice Guardabasso – Il principale obiettivo era di testare questo tipo di velivoli autonomi per valutarne l’utilità nel contesto di una missione umana su Marte. Abbiamo usato un quadricottero per effettuare sopralluoghi della stazione ad una distanza ravvicinata, e un drone ad ala fissa, in grado di volare a un centinaio di metri di altezza per fotografare il suolo». Questi risultati saranno fondamentali per il supporto alle stazioni umane e all’esplorazione di Marte. Considerato che l’atmosfera marziana è sostanzialmente diversa da quella Terrestre, la dinamica del volo non è stata un obiettivo primario dell’esperimento. Un altro esperimento tecnologico, svolto da Zoe Townsend, è stato portato avanti: un rover ha testato il suo sistema di mobilità e di navigazione nel terreno accidentato disponibile nei dintorni della stazione, simile sotto molti aspetti al terreno su Marte.

Come su Marte

«Per muoverci sulla superficie desertica, avevamo dei rover elettrici biposto, per percorrere diversi chilometri, a seconda dell’obiettivo dell’attività extraveicolare. Ad esempio, Vittorio Netti ed io ci siamo allontanati per far volare il nostro drone ad ala fissa X5 in una zona sicura e priva di ostacoli. Le attività all’esterno prevedevano un numero di quattro partecipanti per due ore al massimo, mentre il resto dell’equipaggio cominciava a reidratare l’occorrente per il pranzo. I pasti erano spesso a base di riso, condito con prodotti disidratati con scadenze decennali! Qualche volta avevamo anche la fortuna di usare dei prodotti freschi, soprattutto erbe aromatiche, provenienti dalla serra della stazione.

I risultati scientifici

«Abbiamo testato diverse culture batteriche, per valutare la loro resistenza all’ambiente ostile e per testarne il ruolo nella coltivazione di piante – spiega il giovane ingegnere italiano – L’obiettivo è trovare e selezionare il giusto tipo di batteri da usare per arricchire la regolite marziana. Da un punto di vista medico, un membro dell’equipaggio ha misurato i suoi parametri vitali durante tutta la missione, generando anche degli scenari in cui veniva messo sotto sforzo durante le attività extraveicolari. Sono state effettuate molte osservazioni del cielo notturno, approfittando del quasi totalmente assente inquinamento luminoso. Tra i soggetti ripresi ci sono stati le nebulose Pellicano e Velo. Inoltre sono anche state effettuate delle osservazioni solari durante il giorno. Io ho personalmente diretto un esperimento di fattori umani, per osservare le dinamiche di gruppo in situazioni di isolamento».

Smops alle porte

La prossima missione di Guardabasso e dei suoi colleghi martenauti è chiamata “Smops” (Space Medicine Operations), quasi del tutto dedicata ad esperimenti biomedici, come mostra lo stemma della missione. Questa missione è organizzata da Paolo e il collega Vittorio in collaborazione con Mars Planet, branca italiana della Mars Society, presieduta da Antonio Del Mastro e con sede a Curno (Bergamo). Paolo e Vittorio faranno parte di una nuova spedizione con un team internazionale di ricercatori che comprende la canadese Nadia Maarouf (ricercatrice in campo biomedico), il francese Benjamin Pothier (documentarista e ricercatore in ambito di fattori umani), e gli italiani Simone Paternostro (ingegnere con esperienze in Esa), e Luca Rossettini (che dirige la società D-Orbit).

«Come durata e criteri di permanenza, questa missione ricalca la precedente – ci dice Guardabasso – e anche il sito è sempre quello della MDRS, situata nello Utah». Verrà anche sperimentata una nuova tuta per uso spaziale, progettata da Mars Planet in partnership con aziende italiane leader nel settore tessile.

I progetti futuri

Per quanto riguarda l’utilizzo di velivoli autonomi per l’esplorazione di Marte, «la sperimentazione continua, e con Vittorio Netti abbiamo lavorato ad un esperimento per la missione Amadee-20, organizzata dall’Austrian Space Forum nell’Ottobre 2021». In vista di Smops, in queste settimane si sta mettendo a punto il programma dei numerosi esperimenti, questa volta meno tecnologici e più scientifici, incentrati sulla misurazione dei parametri vitali e sulla salute dei futuri astronauti. Per Paolo Guardabasso si presenta un nuovo periodo di due settimane da trascorrere nella sua stanzetta di 4 metri per 2: «Ma è un esperienza straordinaria – dice – Mi sento già un po’ astronauta. Ho appena compiuto 30 anni e penso di poter rientrare in una prossima selezione, chissà. Nel frattempo sono già entusiasta di queste missioni terrestri. Un giorno, quando avverranno i primi sbarchi su Marte, gli astronauti avranno fatto tesoro anche delle nostre esperienze».

Transizione ecologica sviluppando le proprie risorse digitali

Non si può fare transizione ecologica senza transizione digitale. Si tratta di un concetto molto importante, che deve arrivare alle aziende e ad imprenditori e manager, oggi e in futuro, più che mai chiamati a fare innovazione procedendo su un doppio binario: trasformazione Digital e Green insieme

Una questione centrale messa in evidenza anche da Marco Taisch, professore del Politecnico di Milano e Scientific chairman del World Manufacturing Forum, in occasione dell’Industry 4.0 360 Summit.

Il docente del Politecnico milanese, esperto in innovazione dichiara: “La transizione ecologica è un fortissimo driver anche verso la transizione digitale, dato che se si può fare Digital transformation senza sostenibilità, non si può certamente fare il contrario: non si può realizzare transizione ecologica senza sviluppare le risorse digitali che la favoriscono e agevolano la decarbonizzazione”.

Per questo è importante puntare a “un Made in Italy e una manifattura circolari e sostenibili, come indicato e previsto anche all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, afferma Taisch.

Il settore manifatturiero ha una grande responsabilità nell’ambito della sostenibilità, dato che consuma tra il 30 e il 35% dell’energia usata nel mondo, e produce circa un terzo (anche qui, circa il 30-35%) della CO2 mondiale. Ma, allo stesso tempo, il mondo manifatturiero è il più grande generatore di posti di lavoro, che comprende l’occupazione anche nell’indotto e in settori come i servizi, la logistica, i trasporti.

“La soluzione per realizzare un futuro più sostenibile non può quindi certo essere una sorta di ‘decrescita felice’, un ridimensionamento delle produzioni e delle attività, ma invece le imprese non possono più ritardare l’evoluzione verso digitale e sostenibilità”, fa notare Taisch.

È una sfida di sviluppo sostenibile che apre le prospettive e che richiede anche nuovi modelli di business, come la servitizzazione delle attività manifatturiere, che è anch’essa un abilitatore di maggiore sostenibilità.

In questo scenario, l’IoT diventa fondamentale anche per rendere al consumatore in modo trasparente come funziona la fabbrica, cosa succede all’interno in termini di produzione e inquinamento, quanto un’azienda è davvero sostenibile nelle sue attività e caratteristiche di produzione.

I dati e i numeri raccolti e monitorati dell’IoT possono raccontare e mettere in evidenza anche tutto questo: saranno i dati di produzione a dire quali sono davvero le aziende più green e sostenibili, e quelle che invece si rivelano più inquinanti e nocive all’ambiente e all’uomo.

Un ruolo tecnologico importante, anche in tema di sostenibilità, è quello svolto e che può svolgere l’intelligenza artificiale (IA), nella misura in cui può permettere maggiore efficienza, maggiore produttività, meno sprechi e conseguenze inquinanti.

Intelligenza artificiale, un potenziale da sfruttare bene

Il potenziale dell’IA “è altissimo”, dice Taisch, anche se “stiamo vivendo una fase di hype dell’intelligenza artificiale per l’entusiasmo che circonda una novità tecnologica. In ogni caso, la capacità di leggere e usare dati è sempre più fondamentale, non solo a livello di economia e imprese, ma anche in ambito pubblico e statale”.

Il programma Gaia-X “è la risposta dell’Europa a queste necessità, ed è una risposta importante, per non trovarci impreparati ed esposti sul fronte delle tecnologie più evolute, credo che anche l’Italia debba investire in maniera importante su questa piattaforma e su questa risorsa”.

Anche l’aspetto etico è centrale in questo scenario, “è importante mettere delle leggi e regolamentare, come sta facendo la Commissione europea”, osserva il docente del Politecnico milanese, “ma bisogna evitare che le regole diventino solo burocrazia e quindi lacci e vincoli per le nostre imprese rispetto a quelle di altri Paesi extra-Ue dove di vincoli ce ne sono di meno”.

Sviluppare le competenze,  un impegno fondamentale

Il terzo pilastro per un’industria pronta per il futuro, insieme a sistemi intelligenti e manifattura circolare, è il capitale umano: “è un altro tema caldo e centrale, su cui dobbiamo investire sia in consapevolezza ma anche con azioni concrete”.

Secondo Taisch, la colpa del ritardo italiano non è solo delle istituzioni: “nel PNRR ci sono attenzione e risorse alle questioni delle competenze, della formazione e allo sviluppo degli Its, gli Istituti tecnici superiori, che però richiederà almeno cinque o sei anni per realizzarsi appieno”.

Anche le aziende “hanno una parte di responsabilità nel campo del mancato o dello scarso sviluppo delle competenze”, e un ruolo “è anche dei lavoratori, che spesso hanno un atteggiamento conservativo e rinunciatario ad aggiornarsi e alla formazione costante”, conclude  Taisch, “la formazione non è solo un diritto ma è anche un dovere del lavoratore”, perché “lavoratori più aggiornati e competenti abilitano aziende e fabbriche più efficienti e più produttive”, quindi in questo ambito “un po’ tutte le parti in causa hanno una parte delle responsabilità”.

Space economy: l’Italia al quinto posto nel Mondo

L’Italia è il quinto Paese al mondo, secondo in Europa, per investimenti messi in campo in relazione al Pil nella space economy

È quanto è emerso in occasione della presentazione dei dati dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano.

Il report è relativo al 2019, tuttavia, durante l’evento sono stati annunciati i dati relativi anche al 2020, anno in cui l’Italia si è piazzata al quinto posto, dopo Stati Uniti, Russia, Francia, e Cina-Giappone (a pari merito al quarto posto).  Quindi superando la Germania. Inoltre, con 589,9 milioni di euro l’Italia si attesta come terzo contribuente dell’European Space Agency (Esa) dopo Francia (1065,8 milioni) e Germania (968,6).

I fondi previsti nell’ambito del Pnrr contribuiranno a dare un’ulteriore spinta al mercato: lo stanziamento diretto allo Spazio è pari a 1,49 miliardi di euro e riguarda le linee di intervento: SatCom, Osservazione della Terra, Space factory, Accesso allo Spazio, In-orbit economy e Downstream.

“L’Europa è nella fase in cui l’economia dello spazio può rafforzare il ruolo Ue nella definizione del prossimo decennio per un’economia giusta e sostenibile e la stessa Unione può ambire a un ruolo leader divento il facilitatore effettivo della cooperazione tra gli Stati e con i partner definendo un quadro di riferimento che potrebbe andare anche oltre lo spazio”, ha affermato il Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale, Vittorio Colao, nell’illustrare i programmi dell’Italia che riguardano l’accesso allo spazio, la nuova costellazione di osservazione, l’economia in orbita, l’esplorazione lunare. “Per avere successo abbiamo bisogno di rafforzare la visione collaborativa tra i partner”.

“La Space Economy assumerà un ruolo strategico sempre più rilevante per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e transizione dell’agenda europea e italiana – evidenziano Angelo Cavallo e Antonio Ghezzi, Direttori dell’Osservatorio Space Economy -.

In questa prospettiva, per l’Italia il 2021 ha rappresentato una tappa fondamentale in cui il settore ha saputo accreditarsi come uno dei fattori chiave per la competitività internazionale e lo sviluppo sociale del Paese.

La sfida futura sarà far corrispondere i risultati alle aspettative suscitate”.

Dalle aziende dell’industria spaziale (il cosiddetto upstream), agli IT provider e system integrator (downstream) fino alle imprese utenti finali, è convinzione diffusa che le tecnologie satellitari in combinazione con le tecnologie digitali più avanzate siano oggi un driver fondamentale per l’innovazione e la sostenibilità nei settori più diversi.

In questa prospettiva saranno mobilizzati nei prossimi anni ingenti investimenti pubblici e privati, evidenzia l’Osservatorio del Polimi.

Space economy e sostenibilità

Le tecnologie satellitari sono considerate tra i driver rilevanti per raggiungere i 17 Sustainable Development Goals (Sdgs) – lo strumento adottato a livello globale per valutare la sostenibilità delle attività economiche e sociali. Ad esempio – spiega l’Osservatorio del Polimi – permettono di realizzare mappe di copertura del suolo per sviluppare modelli climatici o immagini multispettrali e radar per costruire modelli predittivi sulla deforestazione. O ancora di creare mappe di suscettibilità sulle zone a rischio frane, di monitorare i livelli di inquinamento o le dune nel deserto.

L’Osservatorio Space Economy ha studiato l’adozione di applicazioni satellitari per la sostenibilità, analizzando in particolare il contributo dell’Osservazione della Terra, della Navigazione e della Comunicazione ai diversi Sdg. Ne emerge come l’Osservazione della Terra può avere un impatto diretto su 10 Sdgs e indiretto su altri 6, la Navigazione un impatto diretto su 6 Sdgs e indiretto su altri 9, la Comunicazione un impatto diretto su 4 Sdgs e indiretto su altri 11. Ad esempio, l’Osservazione della Terra e la Navigazione possono avere un ruolo concreto nell’ottimizzare il suolo agricolo avendo un impatto sull’SDG 2 di “Zero Hunger”. Mentre i sistemi di monitoraggio remoto degli impianti possono influire positivamente sull’Sdg 7 di “Affordable and Clean Energy” che si prefigge di garantire l’accesso all’Energia.

La space economy internazionale

Il mercato della Space Economy vale 371 miliardi di dollari di ricavi a livello globale, di cui il 73% riconducibile all’industria satellitare (che include servizi satellitari di telecomunicazione, navigazione ed osservazione della Terra, prodotti per l’equipaggiamento a Terra come sensori, antenne o Gps).

“Il 2021 è stato un anno importante per la crescita dell’attività spaziale, testimoniata dall’aumento del numero di satelliti in orbita, dall’accelerazione nei viaggi spaziali con civili realizzate da aziende come SpaceX, Blue Origin, Virgin Galactic, ma soprattutto dalla consapevolezza diffusa sulla rilevanza strategica della Space Economy – sottolineano Paolo Trucco e Franco Bernelli Zazzera, Responsabili scientifici dell’Osservatorio Space Economy –.

Oggi la Space Economy è sempre più centrale nelle dinamiche di innovazione cross-settoriale delle attività economiche, nel dibattito pubblico e nelle politiche industriali di molti Paesi. I prossimi anni saranno fondamentali per un pieno sviluppo dei servizi e l’ampliamento delle opportunità, con il Pnrr e il New Deal Europeo a trainare innovazione e nuove infrastrutture nel nostro Paese”.

Le stime 2021 sono rimaste costanti rispetto all’anno precedente (il cui valore era stimato a 366 miliardi di dollari). Nel 2021 si contano 4838 satelliti in orbita, con un aumento in particolare dei piccoli satelliti (sotto i 600 kg): solo nel 2020 ne sono stati lanciati il 40% (pari a 1202 satelliti) di quelli lanciati negli ultimi 10 anni.

Ammontano a 11,5 i miliardi di dollari investiti per lo Spazio dall’Unione Europea, che si piazza al secondo posto dopo gli Stati Uniti. L’abbattimento dei costi e regolamentazioni meno stringenti hanno favorito la nascita di startup in particolare lo scorso anno: le startup hanno raccolto 12,3 miliardi di euro di finanziamenti.

Il Polimi stima che per i programmi spaziali la somma dei budget governativi a livello globale oscilli fra 86,9 miliardi e 100,7 miliardi di dollari. Per entità di spesa, nell’anno fiscale 2021, appena dopo gli Stati Uniti (ampiamente al primo posto nel mondo con gli 43,01 miliardi di dollari), viene l’Europa con 11,48 miliardi di dollari, seguita da Cina, Russia, Giappone e India: grazie a Copernicus, Egnos e Galileo, l’Ue possiede sistemi spaziali di livello mondiale, con più di 30 satelliti in orbita (e l’intenzione di raddoppiarli nei prossimi 10-15 anni) e una previsione di spesa di 14,8 miliardi di euro nel periodo 2021-2027, la somma più alta mai stanziata prima.

Sono 88 i paesi nel mondo che investono in programmi spaziali, di cui 14 hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 dotati di un’Agenzia spaziale (Asi) con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Significativi anche gli investimenti privati nelle startup della Space Economy.

Nel 2021, si stimano complessivamente 12,3 miliardi di euro di finanziamenti a livello globale, una cifra rilevante con un sempre maggiore coinvolgimento del mercato azionario: 606 imprese nel 2021 si sono quotate tramite il meccanismo di Spac (Special Purpose Acquisition Company), contro una sola nel 2020.

KELLER: trasduttori e trasmettitori di pressione di qualità

KELLER è sinonimo di qualità e precisione svizzere. Tutti i trasduttori e trasmettitori portano il sigillo di qualità “Swiss Made” e incorporano la sensibilità svizzera per qualità, funzionalità e affidabilità

KELLER punta consapevolmente sulla piazza economica svizzera.

L’intera creazione di valore avviene nella sede principale dove opera anche la maggior parte dei dipendenti.

Per questo, tutti i prodotti KELLER portano il sigillo di qualità «Swiss Made» e incorporano la sensibilità svizzera per qualità, funzionalità e affidabilità.

KELLER è sinonimo di qualità e precisione svizzere. Dalla fondazione dell’azienda, la fabbricazione di tutti i prodotti avviene nei reparti produttivi di Winterthur.

Gli oltre 45 anni di esperienza si combinano con un animo innovativo allo scopo di trovare soluzioni adeguate per applicazioni individuali.

Al centro vi sono i desideri dei clienti.

Dalla fondazione dell’azienda, lo sviluppo e la fabbricazione di tutti i prodotti avvengono nei reparti produttivi di Winterthur.

La consulenza specializzata è invece compito dei nostri responsabili tecnico-commerciali madrelingua; complessivamente, in tutto il mondo sono più di 450 i dipendenti che contribuiscono al successo dell’azienda.

Tutto ciò rende KELLER affermato e consolidato produttore di trasduttori di pressione| e trasmettitori di pressione, certificato secondo la norma ISO 9001.

Tecnologie e produzione

Strumenti di misurazione della pressione piezoresistivi di produzione svizzera

Ogni anno KELLER produce 1,2 milioni di celle di misura di alta qualità destinate alla vendita diretta e integrate in tutti i prodotti finiti di KELLER.

La qualità elevata è sempre in primo piano, sia nelle soluzioni standardizzate sia nelle soluzioni specifiche per il singolo cliente.

Tutta la creazione del valore, dalla produzione delle singole parti alla taratura del sensore fino al controllo finale dei prodotti finiti, si svolge nella sede principale di Winterthur.

Valori e visione

KELLER non si limita al soddisfacimento dei requisiti particolari dei clienti ma promuove anche l’evoluzione sostenibile dell’azienda, incentivando lo sviluppo autonomo di tutti i dipendenti nell’ambito personale e professionale.

ResponsabilitàPlusvalore dalle persone per le persone

KELLER si basa su una forte interconnessione e intende essere un’azienda di persone per le persone. KELLER AG non è una mera finanziatrice ma realizza anche plusvalore sostenibile. In particolare KELLER si focalizza su progetti che danno alle persone la possibilità di continuare a svilupparsi in autonomia.

L’assortimento standard KELLER copre fondamentalmente la maggior parte dei campi di applicazione dei sensori di pressione. Tuttavia, di frequente può essere opportuno ottimizzare il prodotto specificamente per l’uso e l’integrazione in sistemi complessivi sovraordinati. Oltre ai componenti visibili dall’esterno, quali le parti dell’alloggiamento oppure i connettori, ciò si riferisce anche alla struttura interna del sensore. La produzione in proprio di diversi componenti e la stretta cooperazione con i nostri fornitori, rendono possibile effettuare molte modifiche in modo relativamente semplice.

I nostri clienti sono specialisti nel loro settore e conoscono al meglio i requisiti e le condizioni ambientali. KELLER conosce le possibilità offerte dalla tecnologia dei sensori piezoresistivi e dal 1974 ha realizzati innumerevoli progetti complessi. Alla base del successo di questi progetti c’è sempre stato lo scambio reciproco di esperienze. Soltanto mettendo in comune il know-how è possibile trovare la soluzione ottimale.

Anche le applicazioni, che a un primo sguardo possono apparire banali, ad un’osservazione più dettagliata spesso nascondono complessità impreviste. Se le condizioni reali di utilizzo del sensore vengono tenute in considerazione fin dall’inizio, l’efficacia e la durata aumentano enormemente. Ciò vale per la misurazione del livello di riempimento in botti dell’acqua piovana come pure per strumenti scientifici di laboratorio molto precisi o per la ben nota scienza missilistica.

È quindi sempre una buona idea farsi consigliare dai nostri tecnici commerciali e dai nostri progettisti. La scelta di procedere con un nuovo sviluppo di un prodotto oppure di utilizzare un prodotto esistente o modificato in modo adeguato dipende interamente dal progetto del cliente. In base ai requisiti, si procede alla determinazione comune delle caratteristiche necessarie per una misurazione priva di perturbazioni. La nostra esperienza pluriennale è in questo caso d’aiuto per tenere in considerazione tutti i fattori e le loro correlazioni.

Campi di misura e prestazioni

All’inizio vengono definite specifiche fondamentali dei sensori come il campo di misura totale, l’accuratezza, la taratura rispetto a determinati punti di misurazione e le unità di misura della pressione o la scala del segnale di uscita. Per prodotti con uscita digitale del segnale si pongono ulteriori questioni quali per es. la frequenza di campionamento necessaria o la risoluzione del segnale. I valori definiti costituiscono la base per la selezione dei componenti.«Le nostre conoscenze tecnologiche, l’esperienza pluriennale e la capacità di gestione di numerosi processi per la produzione di sensori di pressione, abbinate a un elevato grado di integrazione verticale, ci consentono di rendere possibile anche l’impossibile».

Adattamento ideale alle condizioni ambientali

La considerazione delle condizioni di impiego è a sua volta una parte centrale dei requisiti e, oltre ad aumentare la durata del sensore, è di frequente anche un presupposto per risultati della misurazione corretti. Se nel sistema in pressione è prevista una sovrapressione o un carico dinamico elevati, la costruzione del sensore deve essere ottimizzata tenendo conto di questo aspetto. Certe applicazioni o parti dell’impianto adiacenti nascondono il pericolo di alterazioni dei segnali e di guasti e causa di vibrazioni o urti. Anche la temperatura ha a sua volta una forte influenza su tutti i materiali e sulla loro resistenza. Sia valori estremi sia rapide alternanze di temperature possono causare complicazioni. Non è meno importante la resistenza chimica. Fluidi da misurare aggressivi possono corrodere i materiali dell’alloggiamento e delle guarnizioni qualora questi non siano stati scelti accuratamente. Anche fattori esterni, come per esempio vapori di benzina, radiazioni UV, acqua salata o persino microorganismi possono causare dei problemi. È pertanto essenziale considerare tutti i fattori rilevanti. Naturalmente, qualsiasi costruzione, per quanto ottimizzata al meglio, presenta ancora un limite di carico e potrebbe essere necessario ricorrere a misure di protezione supplementari.«L’esperienza ci insegna che apparentemente la materia non conosce limiti quando si tratta di metterci di fronte a nuove sfide».

Costruzione meccanica

La costruzione di un sensore deve tenere presente tutte le riflessioni precedenti ed è decisiva per le prestazioni: dalla scelta del chip del sensore attraverso il fluido di accoppiamento fino ai materiali e alle tecniche di fabbricazione utilizzati. Si aggiungono qui le richieste dei clienti riguardo a design, attacco di pressione ecc. nonché i requisiti derivanti dal tipo di applicazione e dalle prescrizioni contenute in leggi e normative. «Lo sviluppo di costruzioni specifiche per il cliente è un importante stimolo all’innovazione e ci ispirano nuove idee e soluzioni. Anche le nuove conoscenze sfociano infine sempre nello sviluppo continuo e nel miglioramento della gamma di prodotti offerta».

Elettronica e configurazione

La funzione di base dell’elettronica è preparare il segnale di misura, eventualmente salvarlo ed emetterlo attraverso l’apposita interfaccia. A questo proposito è anche possibile integrare calcoli specifici dell’applicazione nel firmware o configurare dispositivi e software in base alle richieste del cliente. Altri requisiti dipendono a loro volta dall’ambiente, come per esempio la protezione estesa contro i fulmini, la EMC oppure la protezione contro le esplosioni. I prodotti intrinsecamente sicuri possono anche essere adattati in modo specifico ai parametri del sistema complessivo del cliente.«Sviluppiamo unità elettriche che garantiscono la massima accuratezza degli elementi dei nostri sensori, lasciando spazio ad algoritmi specifici del cliente».

Interfacce elettriche e collegamento

Le interfacce digitali possono essere adattate a protocolli di comunicazione oppure configurate in modo specifico per il cliente. Proprio nella sensoristica continuano ad avere una grande importanza le interfacce analogiche. In entrambi i settori, KELLER ha esperienza nello sviluppo di soluzioni specifiche per la successiva applicazione, tra cui quelle con uscite a fibre ottiche e in frequenza. Per il collegamento elettrico è possibile integrare nella costruzione i connettori di collegamento necessari e confezionare terminali dei cavi in base alle richieste del cliente.«Il successo di un progetto dipende interamente dallo scambio di informazioni sulle interfacce. Ci impegniamo per offrire un ampio spettro di protocolli e interfacce elettriche in modo che l’integrazione nel sistema presenti meno difficoltà possibile e i valori della pressione possano essere trasmessi senza perdite».

Suite Software: Tecnologia Edge AI nativa di MicroAI Factory

Micro-AI Factory

La suite software Edge AI nativa riduce il downtime e i costi, migliorando al contempo la qualità e fornendo una conoscenza approfondita della produttività di macchine e persone

MicroAI™, leader nel campo delle tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale (AI) distribuita localmente nei nodi periferici (Edge) e nel Machine Learning, ha reso disponibile MicroAI Factory.

Si tratta di una suite software dedicata all’industria manifatturiera che sfrutta l’edge AI per gestire i dati raccolti da sistemi e sensori installati in produzione, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza complessiva degli impianti (OEE), e abilitare l‘analisi del tempo ciclo in real time e la manutenzione predittiva.

Distribuito localmente attraverso un dispositivo di calcolo industriale collocato in produzione, MicroAI Factory interpreta i dati dai PLC e dai sensori installati sui macchinari e sui dispositivi indossabili all’interno di un sito produttivo.

Un motore AI nativo sviluppa automaticamente l’analisi del tempo ciclo e costruisce modelli comportamentali che forniscono una visione approfondita del funzionamento delle macchine e del comportamento umano.

Questa modellazione offre un’analisi in tempo reale delle prestazioni, della produttività e dei tempi di attività, rilevando al contempo le anomalie di funzionamento e generando allarmi, notifiche e programmando la manutenzione facendo riferimento a soglie preimpostate.

“MicroAI Factory migliora l’efficienza complessiva di macchinari e apparecchiature presenti in produzione, fornendo un’analisi olistica e in real time dei tempi ciclo e dello stato operativo delle macchine, e assicurando il rilevamento delle anomalie in modo da prevedere in anticipo potenziali guasti e problemi di prestazioni”, afferma Yasser Khan, CEO di MicroAI. “In definitiva, MicroAI Factory traghetta i processi produttivi facendoli passare da gestiti dall’uomo ad autogestiti”.

Philippe Cases, CEO di Topio Networks, catalizzatore di trend nell’ambito di Industria 4.0 e del mondo iperconnesso, aggiunge: “Oltre ad innovare i processi produttivi con l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, MicroAI funziona in modo completamente trasparente, abbassando così il costo di proprietà in modo significativo per le applicazioni di manutenzione predittiva. Per quanto riguarda i software dedicati al manifatturiero, si tratta di una vera e propria innovazione”.

MicroAI Factory è distribuito nei nodi periferici di microdispositivi di calcolo ed è collegato ai PLC e ai sensori presenti all’interno di una fabbrica o di un impianto industriale. L’elaborazione, l’analisi e la storicizzazione dei dati avviene localmente, eliminando quindi le criticità legate alla sicurezza dei dati, alla latenza e all’affidabilità della connessione tipiche del cloud computing.

Un unico punto di comando e controllo è deputato a gestire l’intero traffico dei dati, mentre è possibile accedere a dashboard on-site tramite rete locale (LAN), o da remoto tramite Internet. I server possono essere collegati in rete tra più strutture per condividere informazioni senza mettere a rischio i dati. MicroAI Factory può essere installato come soluzione unica all’interno di un singolo sito produttivo, oppure in più siti che operano in modo indipendente ma aggregano le informazioni mantenendo l’integrità dei dati in ogni singolo sito.

MicroAI

Con sede a Dallas, Tx, MicroAI™ è un’azienda pioniera nello sviluppo di soluzioni di Intelligenza Artificiale (AI) e apprendimento automatico (Machine Learning) per uso locale (Edge). L’azienda sviluppa soluzioni di AI su misura per le macchine connesse, i dispositivi edge e le risorse critiche incorporando la sua tecnologia proprietaria di Edge AI nativa direttamente sui microcontrollori (MCU) e sui microprocessori (MPU) presenti negli endpoint. Ciò consente una modellazione AI accurata e specifica per il dispositivo che risponde ai requisiti di sicurezza informatica (cybersecurity) di nuova generazione, e assicura la manutenzione predittiva avanzata, l’ottimizzazione delle prestazioni IoT e miglioramenti significativi nell’efficienza complessiva degli impianti e delle linee produttive (OEE).

Per maggiori informazioni visitate www.micro.ai

Teledyne FLIR: termocamere ad alta velocità e ad alta risoluzione

Le nuove termocamere a onda media e lunga offrono funzionalità avanzate di registrazione, trigger e sincronizzazione per scienziati, ingegneri e ricercatori

Teledyne FLIR presenta oggi due famiglie di termocamere della Serie X, X858x e X698x, che offrono capacità di imaging termico ad alta velocità e alta risoluzione per la ricerca scientifica e applicazioni ingegneristiche nello spettro dell’infrarosso a onda media (MWIR) e a onda lunga (LWIR).

Le termocamere X858x e X698x offrono funzionalità avanzate di registrazione, trigger e sincronizzazione, inclusa la possibilità di regolare da remoto la messa a fuoco, migliorando la qualità dell’acquisizione dei dati termici, risparmiando tempo ed eliminando qualunque tipo di stress quando si opera in ambienti dinamici.

Gli utenti possono quindi trasferire senza problemi i dati dall’unità di memoria a stato solido integrata (SSD) a un computer per l’elaborazione e l’analisi, eseguite tramite FLIR Research Studio o FLIR Science Camera SDK. Questa esperienza semplificata consente agli utenti di accedere immediatamente a una copia locale dei dati, fornendo la revisione e l’analisi degli stessi in tempo reale. Le termocamere supportano anche registrazioni di lunga durata, limitate solo dalle dimensioni di un SSD standard e integrato. Tale funzione elimina la necessità di alcuni utenti di avere sistemi di registrazione dati ad alta velocità, risparmiando potenzialmente tempo e costi significativi in termini di hardware e integrazione aggiuntivi.

“Le nuove famiglie di termocamere X858x e X698x della Serie X sono i modelli più flessibili e ad alte prestazioni della gamma di termocamere scientifiche FLIR realizzate fino a oggi”, ha affermato Desmond Lamont, Global Business Development Manager di Teledyne FLIR. “Oltre a consentire un’acquisizione dei dati termici più precisa e comoda con il controllo programmatico dell’obiettivo, le termocamere includono la possibilità di registrare direttamente sull’SSD integrata, il che significa che gli utenti possono configurare rapidamente le proprie termocamere per registrare per lunghi periodi, senza la necessità di investire o integrare sistemi di registrazione basati sul frame grabber. Questa funzione aumenta notevolmente l’utilità delle termocamere della Serie X in cui l’acquisizione di dati su tempi più lunghi è fondamentale, e può far risparmiare all’utente decine di migliaia di dollari, oltre a offrire dimensioni e peso complessivamente inferiori per l’intero sistema”.

Ogni nuova termocamera include anche un ingresso trigger dedicato sul pannello posteriore e un nuovo ingresso Tri-level Sync, che fornisce un facile accesso a tutti i metodi di registrazione e sincronizzazione tra più unità e tipi di termocamera. Ciò offre una maggiore flessibilità per gli specifici requisiti di registrazione dell’utente. In combinazione con il supporto dell’obiettivo motorizzato, ogni modello include una ruota portafiltri integrata a quattro posizioni. La ruota può essere caricata con filtri a densità neutra o spettrali che migliorano ulteriormente la qualità della registrazione risparmiando tempo e riducendo lo stress, soprattutto quando la termocamera si trova in una posizione remota.

La famiglia di termocamere X858x MWIR e SLS LWIR è dotata di un sensore raffreddato con una risoluzione ad alta definizione (1280×1084) e un frame rate di 180 Hz, per acquisire delle immagini più raffinate con i relativi dati. Le termocamere X698x MWIR e SLS LWIR sono dotate di una risoluzione termica 640×512 con un frame rate superiore a 1 kHz, per acquisire eventi ad alta velocità in stop motion, sia in laboratorio che sul campo dove avvengono i test.

Per ulteriori informazioni, tra cui disponibilità locale, prezzi e opzioni di acquisto, visita il sito:

https://www.flir.com/instruments/science/next-generation-x-series.

Decarbonizzazione dei trasporti, ecco come si muovono le aziende

Il tema della decarbonizzazione dei trasporti è in cima alle agende dei Governi e anche alla Cop26 ci si è concentrato sulla discussione per ridurre l’impatto ambientale del settore

Le emissioni del settore dei trasporti rappresentano una parte importante sulla quota totale ed è per questo che alla Cop26 di Glasgow il tema della decarbonizzazione della mobilità è stato tra i temi più discussi.

Gli incontri nei quali si sono discusse le strategie per rendere più green il settore si sono concentrate soprattutto su come organizzare e normare la transizione verso veicoli a zero emissioni ma, poiché il tema è particolarmente rilevante per quanto riguarda le merci, il focus dei negoziati ha percorso la strada della promozione di iniziative nel trasporto aereo e marittimo.

In Italia le emissioni di CO2 legate ai trasporti rappresentano circa il 25% del totale ed è per questo che il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili si è impegnato per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Per farlo sarà necessario sfruttare bene le risorse messe in campo con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) che destina il 75,6% delle risorse di competenza del Ministero a progetti per il contrasto alla crisi climatica.

In particolare è necessario potenziare in modo importante le linee ferroviarie per ridurre l’uso del trasporto su gomma.

Da qui nascono progetti per l’alta velocità, il potenziamento delle reti regionali, le interconnessioni con le aree interne, ma anche il rinnovo del parco autobus nazionale, gli investimenti per il trasporto locale sostenibile, anche marittimo, la realizzazione di ciclovie per incentivare la mobilità dolce.

Alle aziende che partecipano alla campagna Race to Zero si aggiunge anche EasyJet, la low cost del trasporto aereo, che si è impegnata a stabilire un target intermedio di riduzione delle sue emissioni di anidride carbonica per il 2035 e poi a perseguire l’obiettivo delle zero emissioni nette entro il 2050.

La compagnia aerea sta lavorando da tempo alla realizzazione di voli più sostenibili; per Johan Lundgren, Ceo di easyJet, “l’ambizione è quella di raggiungere un volo a emissioni zero nel Regno Unito e in tutta Europa e stiamo lavorando proattivamente insieme ai leader del settore, come Airbus e Wright Electric, per aiutare a supportare e promuovere le tecnologie a zero emissioni per gli aerei passeggeri del futuro“.

Oltre all’anidride carbonica, easyJet si sta concentrando anche sulla riduzione della plastica – più di 27 milioni di articoli monouso in plastica sono stati eliminati – così come sulla riduzione dei rifiuti all’interno delle sue maggiori operazioni e della catena di approvvigionamento.

La mobilità del futuro? sostenibile e pulita grazie alle rinnovabili

Come sarà per le aziende del settore la mobilità del futuro? Sostenibile, grazie all’uso delle energie rinnovabili e alla diversificazione dei vettori energetici, orientata alla qualità del servizio, con un’offerta più flessibile, integrata e personalizzata per rispondere in modo efficace alle esigenze quotidiane degli utilizzatori.

Soluzioni innovative per la mobilità sostenibile si raggiungono tramite la sperimentazione e attuazione di processi di open innovation.

Per attuarle, le imprese necessitano di procedure semplificate, chiare e veloci, di reale supporto allo sviluppo immediato di una mobilità sempre più sostenibile e innovativa”. Rafforza il concetto anche Alvise Biffi, componente di Giunta della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, per il quale “la crescita del settore dei trasporti e delle infrastrutture dovrà andare di pari passo con il miglioramento delle condizioni ambientali”.

La guida è stata realizzata per aiutare le aziende e le start-up del settore dei trasporti a orientarsi nelle nuove tendenze tecnologiche: dai veicoli elettrici e a idrogeno alla guida autonoma, dalla mobilità aerea urbana alla micromobilità, dalla Hyperloop agli aerei supersonici.

Il rapporto 2021 sulle tecnologie e sulle politiche ambientali di Cruise Lines International Association Cruise Lines International Association (Clia), associazione di categoria del settore crocieristico, ha pubblicato il Global Cruise Industry Environmental Technologies and Practices Report, realizzato da Oxford Economics, per mostrare l’impegno del settore verso pratiche di turismo responsabile e i progressi nello sviluppo di tecnologie ambientali per il settore.

Il report approfondisce anche la ricerca di combustibili alternativi e offre una valutazione sulle politiche che il settore sta mettendo in atto per sostenere il percorso di sostenibilità.

Dai dati emerge infatti che, in aggiunta al gas naturale liquido (Gnl), oltre i tre quarti della flotta globale di navi da crociera per capacità passeggeri è attualmente predisposta per utilizzare combustibili alternativi.

Le fonti di carburante alternative agli oli combustibili pesanti attualmente in fase di sperimentazione includono biodiesel, metanolo, ammoniaca, idrogeno e batterie elettriche.

Il rapporto segnala però la presenza di ostacoli ingegneristici, di fornitura e normativi, che ne rallentano l’adozione su larga scala.

Ciò nonostante, l’investimento di 26,5 miliardi di dollari da parte del settore crocieristico sta dando impulso alla ricerca e sviluppo in questo ambito.