Rockwell Automation utilizza la tecnologia di controllo Analog Devices

Per abilitare questa innovazione che aumenta la flessibilità, Rockwell Automation ha collaborato con Analog Devices e ha utilizzato la sua tecnologia di controllo

Rockwell Automation: mette in moto la trasformazione digitale.

In risposta all’aumento dei costi dell’energia, alle tensioni geopolitiche e alle persistenti interruzioni della supply chain, gli operatori industriali stanno ora dando priorità agli investimenti che garantiscano resilienza, flessibilità e sostenibilità alle proprie attività.

Il sistema di trasporto intelligente MagneMover® LITE è la risposta smart di Rockwell Automation a questo ambiente sfidante in cui i produttori si vedono costretti a operare.

MagneMover LITE è un sistema di trasporto intelligente che offre un concetto modulare flessibile, in cui ciascun modulo è costituito da una sezione di motore lineare che si adatta a formare una varietà quasi infinita di configurazioni per affrontare qualsiasi esigenza industriale.

Supera i trasportatori a nastro e a catena tradizionali per le applicazioni OEM/in-machine e per i requisiti di movimentazione più impegnativi, offrendo nuovi livelli di ottimizzazione dei processi e di produttività. Infatti, rispetto a un sistema di trasporto tradizionale, Rockwell afferma che il MagneMover LITE possa aiutare i produttori ad aumentare i tempi di operatività di 10 volte, a risparmiare fino al 25% sul costo dell’energia e a risparmiare fino al 25%-30% sul tracciato dell’impianto, a seconda dell’applicazione.

Per abilitare questa innovazione che aumenta la flessibilità, Rockwell Automation ha collaborato con Analog Devices e ha utilizzato la sua tecnologia di controllo del movimento Trinamic®, che include la soluzione TMC2130A, per implementare appieno la funzionalità di motion control di MagneMover LITE.

La precisione e le capacità diagnostiche di questa soluzione hanno permesso a Rockwell Automation di fornire tutta l’architettura e le funzionalità necessarie in MagneMover LITE. Il risultato è un sistema che sta aprendo nuove porte alla necessità, da parte dei produttori, di avere un’operatività più flessibile ed efficiente dal punto di vista energetico.

In sintesi

Azienda

Rockwell Automation è leader mondiale nell’automazione industriale e nella trasformazione digitale, che unisce l’immaginazione delle persone al potenziale della tecnologia, per espandere ciò che è umanamente possibile e rendere il mondo più produttivo e sostenibile. Con sede centrale a Milwaukee, nel Wisconsin, Rockwell Automation ha una forza operativa di circa 28.000 persone che risolvono problemi e si dedicano ai propri clienti in oltre 100 Paesi del mondo.

Obiettivo

Consentire ai clienti di raggiungere i propri obiettivi operativi e di produttività, permettendo loro di spostare carichi leggeri in modo rapido ed efficiente.

Sfida

Implementare completamente le funzionalità di controllo del movimento di MagneMover LITE e fornire la prossima generazione di operazioni di automazione industriale efficienti. Per ADI ciò ha significato fornire un circuito integrato con la precisione e le capacità diagnostiche necessarie affinché MagneMover LITE funzionasse come da specifiche.

Soluzione ADI

Soluzione integrata TMC2130A – con capacità diagnostiche per adattare in modo intelligente le prestazioni in uso e la flessibilità di controllare due motori con un unico circuito integrato – che si integra perfettamente nella funzionalità di controllo del movimento di MagneMover LITE.

Rockwell Automation magnemover lite

magnemover lite factory

Movimento intelligente

Posizionamento accurato (non sono necessari fermi meccanici), movimento bidirezionale, movimento fluido, tracciamento continuo del carrello e reportistica.

Ottimizzazione del processo

Gli strumenti di simulazione e configurazione semplificano la progettazione e l’ottimizzazione del sistema.

Tracciabilità completa

Identificazione univoca di ciascun carrello e della sua posizione in ogni momento, con una reportistica completa per la tracciabilità dei dati e la possibilità di assegnare priorità all’instradamento dei singoli trasportatori.

Layout flessibili

I layout del sistema possono essere orientati in diversi modi, per adattarsi allo spazio.

Adatto a molteplici applicazioni

Applicabile alla produzione farmaceutica, al riempimento sterile e asettico, al confezionamento di alimenti e bevande, all’automazione di laboratorio, all’immagazzinamento, al settore automobilistico, ai dispositivi medici e alla produzione di prodotti di consumo.

Facile da pulire e manutenere

Lavabile con un grado di protezione IP65. Poche parti mobili significano meno manutenzione.

on track image

“Rockwell sapeva di dover collaborare con un’azienda dotata di una tecnologia di controllo del movimento all’avanguardia e ADI era la scelta perfetta. Grazie all’utilizzo della tecnologia di Motion Control Trinamic di ADI, il sistema MagneMover Lite di Rockwell è in grado di funzionare con precisione e flessibilità, esattamente come previsto”.

Anuj Mahendru, Global Industry Director, Semiconductor and High Tech, Rockwell Automation

Il controllo di movimento Trinamic di ADI porta Rockwell Automation a un livello di efficienza piú elevato

La realizzazione di questa soluzione richiede un controllo del movimento di precisione per lo spostamento bidirezionale, l’arresto e l’avvio intelligente dei carrelli dei materiali, la sincronizzazione del movimento con gli altri macchinari presenti nello stabilimento e una risposta dei motori di trazione che si adatti in modo efficiente alle dimensioni del carico. Rockwell Automation ha collaborato con Analog Devices e la sua tecnologia di controllo del movimento Trinamic per creare un altro livello di efficienza nell’automazione industriale. Il TMC2130A è un driver ad alte prestazioni per motori stepper bifase e include due funzionalità molto interessanti:

StealthChop™ Voltage Chopper

Il sofisticato StealthChop Voltage Chopper di Trinamic garantisce un funzionamento praticamente silenzioso, combinato ad una maggiore efficienza e ad una coppia del motore migliorata.

Tecnologia CoolStep™

CoolStep di Trinamic è un controllo di corrente sensorless, dipendente dal carico, che aziona i motori alla potenza minima necessaria per le condizioni di carico effettive, riducendo il consumo energetico dei motori stessi e la generazione di calore – parametri critici per migliorare l’efficienza e adattare le prestazioni a esigenze mutevoli.

Implementando queste funzionalità nel sistema MagneMover LITE, Rockwell Automation sapeva che avrebbe avuto a disposizione la tecnologia per fornire un sistema AHMS ad alta efficienza energetica, in grado di effettuare un Motion Control di precisione, richiesto dai produttori alla ricerca di una flessibilità sempre maggiore.

ADI ha apprezzato così tanto il magnemover lite che lo sta utilizzando anche internamente

ADI è rimasta talmente colpita dalla funzionalità di MagneMover LITE che lo sta implementando nei propri stabilimenti di Beaverton, Oregon e Limerick, Irlanda.

Rockwell Automation distribuirà negli stabilimenti ADI oltre 2 km di binari MagneMover LITE, utilizzabili per il trasporto e l’immagazzinamento, che consentiranno a ADI di ridurre lo spazio utilizzato, una caratteristica preziosa per le operazioni di fabbrica.

Nel complesso, questo sistema modulare di nuova generazione di Rockwell Automation può offrire vantaggi fondamentali a ADI, che lo ha scelto perché può contribuire a:

  • Ridurre il trasporto interno
  • Creare efficienza nella movimentazione dei materiali
  • Consentire l’implementazione del sistema in aree precedentemente impossibili
  • Scalare l’implementazione di pari passo con la crescita della fabbrica.

Inoltre, prima ancora di installare un solo pezzo di binario, Rockwell Automation e ADI hanno creato insieme un modello digitale di come l’AHMS si integrerebbe nella fabbrica.

Questo ha permesso a ADI di avere una prospettiva unica su come l’AMHS di Rockwell Automation si collegherebbe a tutti i sistemi di programmazione, spedizione e MES di ADI, il tutto prima che iniziasse l’installazione, dando a ADI delle informazioni uniche su come le prestazioni di precisione dell’AMHS migliorerebbero la produttività e gli utili futuri.

“Prevediamo che l’implementazione della tecnologia dei carrelli indipendenti nei nostri stabilimenti migliorerà la produttività degli operatori di quasi il 20%. La tecnologia MagneMover consentirà agli operatori di concentrarsi su altre attività invece di consegnare manualmente i lotti attraverso la fabbrica. Si tratta di un enorme guadagno di produttività!”.

José J. García, Managing Director, Wafer Fab Sustainability and Autonomous Enterprise, Analog Devices

Con Rockwell Automation magnemover lite si è “sul binario giusto” verso una produzione efficiente

In generale, Rockwell Automation e ADI hanno obiettivi di trasformazione manifatturiera/digitale, molto simili: migliorare la qualità della vita rendendo il mondo più produttivo e sostenibile con la prossima generazione di produzione intelligente. Questa relazione reciprocamente vantaggiosa con queste soluzioni tecnologiche all’avanguardia – il MagneMover LITE di Rockwell Automation e il Trinamic Motion Control di ADI – è la dimostrazione che due grandi aziende possono collaborare e offrire processi di produzione più efficienti, che migliorano la produttività e riducono al minimo l’impatto ambientale.

Analog Devices ti aspetta a SPS Norimberga 2024 per trasformare il futuro del settore industriale presso il Padiglione 5, Stand 110.

La misura della portata di massa by Ital Control Meters

misuratore di portata massico

La misura della portata è spesso effettuata in volume, soprattutto per liquidi noti, ma in molte altre applicazioni è necessario quantificare la portata in massa, in particolare quando la densità della sostanza varia in maniera consistente, come ad esempio nel caso dei gas che per loro natura essendo comprimibili variano la loro densità in funzione delle variazioni di pressione oltre che di temperatura

In questo articolo, ITAL CONTROL METERS ci parlerà di alcune delle tecniche più interessanti per la misura della portata massica, applicabili a sostanze di qualsiasi natura (liquidi, gas ed anche solidi).

Cos’è la misura della portata di massa

La misura della portata di massa di una sostanza, sia essa in forma liquida, aeriforme oppure solida, è importante in un’infinità di situazioni legate ad esempio alla produzione, miscelazione, trasporto, stoccaggio, consumo, utilizzo, commercio di questa sostanza. Può essere calcolata o misurata con diversi sistemi che verranno scelti a seconda della natura della sostanza e delle sue caratteristiche peculiari ma anche dello scopo per il quale la portata deve essere conosciuta.
La misura della portata di una sostanza è sempre definita come una quantità in transito riferita a un’unità di tempo; è fondamentale comprendere come la quantità sia riferibile al volume (ad esempio litri/sec oppure m³/h o qualsiasi altra combinazione di volume nell’unità di tempo) oppure alla massa (ad esempio gr/sec oppure Kg/h o anche in questo caso qualsiasi altra combinazione).

misuratore portata massica Coriolis funzionamento

Come si calcola la portata di una massa?

È possibile calcolare la portata in massa partendo dalla portata in volume e inserendo la densità della sostanza. Se la portata volumetrica di un flusso di acqua è di 10 l/min, con una densità pari a 1 Kg/dm³, la sua portata massica è di 10 Kg/min, questo solo se la densità dell’acqua rimane costante, quindi se la sua temperatura rimane quella di riferimento alla quale la densità è stata considerata. Se invece la temperatura cambia, allora anche la densità cambierà e di conseguenza cambierà la portata di massa calcolata.
La misurazione diventa ancora più complessa quando è necessario calcolare la portata di massa di un gas partendo dal volume, in questo caso la densità del gas non cambierà solo in base alla sua temperatura ma anche alla sua pressione.
Pertanto, ove possibile, in situazione di condizioni operative variabili, è opportuno utilizzare direttamente un misuratore massico.

Come funziona un misuratore di portata massico?

Il misuratore di portata massico, detto anche misuratore di portata ponderale, è lo strumento che consente la corretta quantificazione del transito di una sostanza indipendentemente dalla sua densità e quindi indipendentemente dalle eventuali variazioni di pressione e temperatura.
Il misuratore di portata massico è uno strumento molto spesso necessario sia per il controllo accurato dei processi industriali produttivi che per la corretta determinazione dei costi di acquisto e vendita.

Misuratore di portata massico: tipologie e vantaggi

Esistono diverse tipologie di misuratori di portata di massa, impiegati sia per la contabilizzazione (contatore massico) che ha lo scopo di quantificare la massa transitata, che per la misura istantanea (flussimetro massico) il cui fine è invece quello di controllare ed eventualmente regolare la portata in tempo reale. Ecco le quattro tecniche di misura di portata massica principali.

Misuratore di portata massico a effetto Coriolis

misuratori di portata massica Coriolis sono i misuratori massici per eccellenza, il principio è basato sulla modifica della fase di oscillazione del sensore generata dalla massa in transito.
I misuratori di portata massica a effetto Coriolis hanno la peculiarità di consentire la misura della portata di qualsiasi fluido, sia liquido che gas, direttamente in massa. Non si tratta di compensare le variazioni di pressione e temperatura né tantomeno di conoscere il fluido in transito: la tecnica basata sul controllo delle forze di Coriolis, applicate a una tubazione posta in vibrazione, consente di misurare direttamente la quantità in peso del fluido in transito.
Il vantaggio di questa tecnica di misura, oltre che consentire la misura ponderale del flusso, consiste anche nel garantire precisioni eccezionalmente uniche. Il Coriolis è la scelta migliore quando la misura da effettuare deve essere molto accurata, come nel caso del trasferimento di fluidi commerciali, anche per scopi fiscali.

misuratore portata massica a effetto Coriolis rheonik

Misuratore termico di portata massica

flussimetri termici sono basati sulla misura della capacità di dispersione termica del flusso e quindi pur utilizzabili sia con liquidi che con gas è proprio sui gas che trovano le principali applicazioni. I misuratori di portata termici utilizzano sensori che possono avere diverse configurazioni, sia a inserzione che per montaggio in linea. Sono basati sulla misura della capacità di raffreddamento di un sensore opportunamente riscaldato, da parte del fluido in transito; la capacità di raffreddamento dipende dalle proprietà termiche del fluido e dalla quantità che investe il sensore, pertanto conoscendo la natura del fluido, sarà possibile misurarne la portata ponderale, indipendentemente da pressione e temperatura.
I vantaggi nell’utilizzo di misuratori massici termici sono diversi: molto impiegati per la misura di ogni tipo di gas, forniscono affidabilità e prestazione per campi di misura dall’enorme dinamica, essendo in grado di misurare anche velocità di flusso prossime allo zero.

Misuratore di portata massico a microonde

misuratori di portata massica a microonde sfruttano le proprietà di assorbimento e modifica di frequenza dovute dal transito di sostanze allo stato solido; utilizzano una moderna tecnica di misura sviluppata per il controllo del moto di prodotti solidi di qualsiasi natura e granulometria come polveri, granaglie, pellets ma anche scaglie e truciolati di ogni pezzatura. Il sensore di misura, montato a filo parete del condotto, emette un segnale a microonde all’interno della tubazione dove transita il materiale da misurare che rifletterà il segnale, modificandone l’ampiezza e la frequenza in maniera proporzionale alla portata in massa che sta transitando.
Il vantaggio principale nell’utilizzo degli indicatori di portata a microonde è costituito dalla misura precisa del flusso di materiale in caduta libera o in trasporto pneumatico.

Misuratore di portata multivariabile

È una gamma di prodotti ampia, che tipicamente si basa su una tecnica di misura volumetrica, come ad esempio il misuratore vortex, ma con integrati i sensori di temperatura e pressione e il calcolo automatico della massa, tecnica questa particolarmente versata alla misura del vapore sia saturo che surriscaldato.
I misuratori di portata ad effetto Vortex si basano sul principio osservato da Theodore Von Karman già nel 1911, secondo cui il flusso, che incontra un ostacolo, genera a valle dell’ostacolo stesso una sequenza di vortici direttamente proporzionale alla velocità di transito.
I vantaggi dei misuratori di tipo Vortex sono numerosi. Innanzitutto, la possibilità di realizzare sia strumenti per montaggio in linea che a inserzione, quindi molto adatti per tubi di grande diametro, ma anche la possibilità di “integrazione multi parametrica” che in un unico sensore consente non solo la misura della portata, ma anche della pressione e temperatura del fluido, e in aggiunta la possibilità di misurare l’energia termica trasportata dal fluido vettore.

Come scegliere il flussimetro di massa giusto per la tua applicazione?

Con un flussimetro massico possiamo misurare liquidi, gas, vapore e solidi. Infatti la gamma delle tecnologie e quindi degli strumenti oggi disponibili sul mercato mondiale per effettuare la misurazione della portata di massa di una sostanza in transito è ampia e differenziata.
Non sempre è facile definire quale sia il misuratore massico migliore e più adatto alle nostre specifiche esigenze, ma una scelta competente e oculata si rivelerà nel tempo vincente, per precisione, affidabilità ed efficienza operativa. Vale quindi sempre la pena approfondire esigenze e obiettivi prima di scegliere la tecnologia.
In ogni caso oggi le tecniche disponibili consentono di misurare direttamente la portata massica di qualsiasi liquido, anche miscelato, aggressivo e in condizioni operative estreme, la stessa cosa vale per ogni tipo di gas e per il vapore, senza dimenticare la possibilità di misurare flussi di prodotti solidi di qualsiasi natura e granulometria.
Per aiutarti nella scelta del misuratore di portata massica più adatto puoi consultare la nostra guida aggiornata con una pratica tabella comparativa.

L’industria intelligente e green va in scena a Parma, a SPS

Si svolgerà a Parma dal 28 al 30 maggio 2024 la dodicesima edizione di SPS Italia, la manifestazione dedicata all’automazione e al digitale per l’industria intelligente e sostenibile. Tra i focus di questa edizione AI, Additive Manufacturing, Industria 5.0, green manufacturing e competenze

Tra le novità l’area dedicata all’Education e una competizione per start-up e PMI innovative. In arrivo anche il secondo Position Paper del Comitato Scientifico con focus proprio sull’AI.

A fine maggio nel quartiere espositivo di Fiere di Parma sei padiglioni presentano le soluzioni all’avanguardia per il comparto manifatturiero dell’Industria intelligente.

Nei padiglioni 3, 5 e 6 si concentrerà la proposta di tecnologie di automazione, mentre nei padiglioni 4, 7 e 8 ci sarà il District 4.0, il percorso con demo funzionanti di robotica e meccatronica, Industrial IT & AI, Additive Manufacturing, con focus anche su sostenibilità e formazione.

Al tema della Sustainable Innovation è dedicato il padiglione 4, con un’area dedicata alle soluzioni per la transizione green e l’energy efficiency dell’industria intelligente.

Nelle immediate adiacenze l’area dedicata alla stampa 3D industriale, due ambiti con ampie potenzialità nella riduzione degli sprechi e la salvaguardia del pianeta.

“Anche quest’anno l’interesse verso SPS Italia continua a crescere: ad oggi registriamo una crescita delle adesioni del 6% rispetto lo scorso anno”, commenta Greta Moretto, Marketing, Communication & Domestic Events Director.

“La crescita delle adesioni è per noi un segnale della capacità di questa manifestazione di cogliere i trend di grande trasformazione dell’industria. Quest’anno il focus sarà su interactive AI in manufacturing, new business model & servitization, green manufacturing, upskilling & reskilling, Industry 5.0 e collaborative automation”, aggiunge Daniele Lopizzo, Show Director.

I trend più importanti per le aziende saranno affrontati anche con la collaborazione dei partner, come Anie Automazione, che sarà presente con uno stand istituzionale nel District 4.0. 

A SPS Italia l’associazione presenta l’Osservatorio dell’Industria Italiana dell’Automazione 2024, il documento che illustra i dati del settore e traccia un quadro delle tendenze di mercato registrate dal 2023 fino ai primi mesi dell’anno in corso con previsioni sull’andamento complessivo del 2024. Durante la fiera sarà inoltre presentata e distribuita la nuova Guida realizzata dall’Area Interconnessione e Controllo di Anie Automazione.

Non solo prodotti, sistemi e soluzioni, ma tanto spazio anche per i contenuti al centro dei dibattiti nelle arene Industry, Tech e Next, dove si discuterà dei principali trend del sistema industriale: intelligenza artificiale, Industry 5.0, sostenibilità, per citarne alcuni.

Tanti contenuti anche sull’additive manufacturing nel seminario Discover 3D Printing, secondo il format ideato da ACAM – Aachen Center for Additive Manufacturing e Formnext.

SPS Italia prosegue il suo impegno non solo verso il miglioramento continuo del programma espositivo e convegnistico della fiera, ma anche sul fronte del miglioramento dell’esperienza per visitatori ed espositori. 

Dopo l’introduzione dei percorsi di visita guidati nell’undicesima edizione, che permettevano ai visitatori di ottenere indicazioni su come muoversi all’interno della fiera direttamente sul proprio smartphone (grazie all’app di SPS Italia), la novità di quest’anno è un chatbot che sarà a disposizione di visitatori ed espositori.

TECNOVA HT è una splendida cinquantenne.

Nel 1974 nasceva a Milano, in un umile seminterrato, da una felice intuizione dei fratelli Cavalli, la prima Tecnova che inizialmente forniva solamente misure di portata per il Navale e l’ Oil & Gas

Ma già da allora la visione imprenditoriale era ben delineata: Innovazione Tecnologica per ogni processo produttivo attraverso Soluzioni Elettrostrumentali mai banali e coniugate con un Servizio al Cliente sempre e comunque proattivo, costante e soprattutto di Qualità.

DPU Pressostato Differenziale originale Barton Instruments

E tanta fatica, tanto pane duro, tanto nero sotto le unghie…ma nessuno si è mai tirato indietro perché si era consapevoli di partecipare a qualcosa di grande: è la stessa Motivazione Interiore di allora che oggi fa prendere all’azienda un aereo per portare personalmente anche un solo pezzo di ricambio necessario al Cliente, pur di aiutarlo a vincere le sue sfide professionali.

Pochi si ricordano quando nei pionieristici anni ’80 le Persone di Tecnova andavano dai Clienti con un valigione, spiegando che si poteva misurare la portata di un liquido esternamente al tubo: non ci credeva nessuno, erano infatti le prime innovative applicazioni sviluppate con la tecnologia ultrasonica clamp-on di Fuji Electric Co., Ltd.

Ancor meno persone sanno che Tecnova ha realizzato ben 40 anni fa il primo impianto produttivo completamente strumentato e interconnesso in fibra ottica quando la pneumatica la faceva ancora da padrona in campo.

Ma anche allora per queste applicazioni ai quei tempi fantascientifiche Tecnova aveva dalla sua parte un asso nella manica: la fiducia del cliente.

Perché è proprio la fiducia reciproca il motore primo che regge il complesso sistema relazionale alla base del modello di business proprio di Tecnova.

Ad esempio, i Principals dell’azienda, come VAF Instruments : ben 50 anni di matrimonio, fatto di tanto amore e di qualche piccolo litigio, che, dai primi PD meters installati negli anni ’70 è arrivato fino al record odierno di installazioni della più moderna tecnologia Shaft Power Limitation per l’Efficienza Navale esistente sul mercato.

E’ sempre la Fiducia che fa del Service Team di Tecnova un ospite benvoluto da parte degli operatori sul campo di lavoro: oltre alle dotazioni tecniche sempre di prim’ordine il suo Valore riconosciuto è la competenza che è raggiunta e sviluppata tramite un programma di Formazione continuo, come da ISO 9001, comprendente sia aspetti tecnici come procedure di manutenzione sia aspetti normativi relativi ad esempio ai sistemi CEMS per le emissioni a camino.

“Bro, adoro i lavori ben fatti…”

Perché crediamo così tanto nella Formazione? Perché sono proprio le donne e gli uomini che si impegnano ogni giorno in TECNOVA HT a rappresentare l’asset societario più importante sul quale abbiamo sempre investito per ben cinque decadi: dovete infatti sapere che ogni vostro singolo ordine o intervento nel vostro impianto è gestito da un Team affiatato che è il risultato di una sapiente miscela fra esperienze pluridecennali ed idee nuove, fresche, non convenzionali

perché le cose nuove si fanno solo con i giovani. Solo i giovani ci si buttano dentro con entusiasmo, e collaborano in armonia senza personalismi e senza gli ostacoli derivanti da una mentalità consuetudinaria – Mario Tchou, il genio di Olivetti [1]

Ora dal 2024 il gruppo di lavoro è focalizzato su nuove e sempre più difficili sfide: auspicando a migliorare l’efficienza produttiva, aumentare la sicurezza e contribuire a una reale sostenibilità dei vostri impianti grazie alla conoscenza, alla creatività e al continuo impegno dello staff di Tecnova.

Controllo up/downstream separazione cromatografica per concentrazione, conducibilità, pH e temperatura

Queste sono le radici aziendali, questo è il suo credo e questa è stata la lunga strada percorsa per arrivare all’importante traguardo raggiunto ora.

Automazione per Life Science by Camozzi Automation

Miniaturizzazione, fluidodinamica, monitoraggio remoto: Camozzi Automation lavora nel settore del controllo dei fluidi da oltre 10 anni. Produce dispositivi medicali e strumenti per le biotecnologie e mira a diventare leader nell’automazione per le Life Science

Un settore che cresce a doppia cifra. Il Model based design per monitorare prestazioni e componenti. Il focus sulle soluzioni custom. E sul monitoraggio dei macchinari.

Valvole proporzionali di flusso, regolatori di pressione, elettrovalvole con membrana di separazione del fluido ed elettrovalvole miniaturizzate.

È la tecnologia fluidodinamica utilizzata dai più grandi costruttori europei e mondiali per la produzione di dispositivi medicali e strumenti per le biotecnologie quella della divisione Life Science di Camozzi Automation, azienda appartenente al noto omonimo gruppo bresciano.

«Siamo nel mondo del controllo dei fluidi da oltre dieci anni. Abbiamo un team di esperti con una specifica conoscenza del settore che ci permette di progettare e sviluppare componenti e sistemi che i costruttori di dispositivi e strumenti medicali utilizzano per le più diverse soluzioni e applicazioni», afferma Daniele Giorgi, business developer manager del team Life Science di Camozzi.

Dispositivi e sistemi per la cura del paziente, come apparecchiature odontoiatriche, ventilatori e concentratori di ossigeno, macchine per anestesia. E strumenti nell’ambito analitico-diagnostico, per la cromatografia, l’ematologia e l’analisi molecolare. 

Un mercato in grande evoluzione con tassi di crescita costanti a doppia cifra.

Una dinamica che non sorprende poiché il Life Science riguarda la salute della persona, tema sul quale convergono investimenti importanti in tutte le aree del mondo. «Mentre nell’automazione si producono componenti per gestire flussi di aria compressa per automatizzare impianti o macchine industriali, nel life Science parliamo di tutti i fluidi possibili, liquidi e gassosi. In una macchina per infusione, dedicata al dosaggio dei medicinali, si devono per esempio gestire portate che vanno da pochi millilitri, fino a 200 litri al minuto, come nel caso dei respiratori polmonari», afferma Giorgi.

Tra i fattori competitivi dell’offerta Camozzi per il Life Science, l’ingegnerizzazione di nuovi prodotti e la progettazione di manifold personalizzati in cui vengono assemblati in un unico blocco tutti i componenti necessari per realizzare specifiche soluzioni, come nel caso dei ventilatori, un dispositivo medicale che può contenere fino a 20 diverse tipi di valvole.

Nello stabilimento bresciano di Polpenazze, dove è presente una parte della produzione di Camozzi Automation, i componenti vengono assemblati in camera bianca.

La sala ISO 9 è dedicata alle soluzioni per il comparto dentistico e per la produzione di componenti non invasivi, la sala ISO 7 al montaggio di prodotti e blocchi funzionali per tutte le macchine medicali e per strumenti utilizzati in biotecnologia.

Parti di valvole ed elettrovalvole on-off e proporzionali, regolatori ed accessori prima di entrare in camera bianca per l’assemblaggio ed il collaudo sono trattati da una stazione di lavoro che esegue il lavaggio per evitare qualsiasi tipo di contaminazione. «La qualità del processo di produzione è fondamentale. In un qualunque progetto la prima cosa che ci viene chiesta è se il processo è validato e conforme agli standard internazionali, se il componente è stato pulito, lavato e montato in ambienti ad atmosfera controllata», dice Giorgi.

Molte delle soluzioni sviluppate nascono da una vera e propria collaborazione progettuale.

Un esempio riguarda la progettazione di un dispositivo per l’angiografia, soluzione che è nata dalle rilevanze di uno studio di settore.

«L’idea era avere uno strumento che consentisse di insufflare in vena un fluido di contrasto alternativo allo iodio – afferma Daniele Giorgi – sostanza che viene comunemente utilizzata in angiografia ma che presenta dei problemi di potenziale tossicità».

Ecco, quindi, un iniettore predisposto per utilizzare come fluido di contrasto l’anidride carbonica, sostanza presente nel nostro organismo che ha tempi di smaltimento molto più rapidi dello iodio, circa 20 secondi rispetto a settimane o addirittura mesi.

Il prodotto è stato realizzato secondo specifica, con componenti proporzionali in grado di gestire pressione e portata compatibili con l’organismo umano.

Altro progetto innovativo, quello che ha previsto lo sviluppo di un robot per endoscopia, fatto con componenti che regolano in automatico la pressione della sonda che viene inserita nel corpo del paziente con una precisione e sensibilità superiore a quella di un operatore medico.

In sostanza, la proposta di Camozzi Automation è riassumibile in : “miniaturizzazione dei componenti, customizzazione delle soluzioni, flessibilità e capacità produttiva, future evoluzioni della sensoristica”.

Vortex Meter, misuratore di portata a vortici da Tecnova HT

Lo strumento Vortex Meter o Misuratore di portata a vortici presentato da TECNOVA HT è una apparecchiatura idonea a misurare la portata volumetrica di un qualsiasi fluido come gas, vapore e liquido

Grazie a sensori aggiuntivi, integrati o comunque connessi allo strumento, specifici per la misura della Temperatura e/o della Pressione, il vortex meter come misuratore di portata a vortici, restituisce anche la portata massica compensata molto comoda ad esempio per la misura del vapore prodotto o consumato.

Questo tipo di misuratore di portata non avendo parti in movimento non presenta operazioni di manutenzione da calendarizzarsi a parte settaggi e calibrazioni specifiche.

Ne esistono diverse versioni tra le quali abbiamo il modello a tronchetto flangiato, piuttosto che wafer o ancora ad inserzione.

Come funziona un vortex meter?

Questo misuratore di portata si basa sull’applicazione pratica delle Scie di von Karman : un corpo immerso in un fluido in moto genera dei vortici su entrambi i suoi lati che vengono trascinati via dal fluido in movimento dando origine appunto alla cosiddetta “scia di von Karman”, un insieme di vortici dunque che alternativamente si distaccano dal lato destro e dal sinistro come da simulazione 3D seguente

Questo fenomeno, anche senza conscerlo, lo osserviamo in modo inconsapevole quando vediamo la nostra bandiera che garrisce al vento, svolazzando a destra e sinistra, dove il corpo tozzo cilindrico è l’asta della bandiera che con il vento genera dei vortici alternativamente sui lati destro e sinistro della stoffa del tricolore.

Ma può avere anche delle conseguenze disastrose a causa delle estreme vibrazioni indotte ad esempio nelle colonne di strippaggio in raffineria o nei camini, entrambi corpi cilindrici di certa altezza, dove sono d’obbligo dei rompivortici per evitare il potenziale collasso della struttura…

Applicando invece industrialmente questa teoria ogni strumento vortex meter per la misura di portata è quindi dotato di un corpo tozzo metallico detto shedder bar che ostruisce il passaggio del fluido come da foto sottostante: ad una certa velocità cominciano a generarsi e distaccarsi questi vortici alternati fra loro di cui la Frequenza di generazione e distacco risulta essere

F =  St x V / d

dove F frequenza , St numero adimensionale di Strouhal, V velocità del flusso e d larghezza della shedder bar. Il costruttore del misuratore di portata a vortici deve quindi dimensionare accuratamente d al fine di mantenere ragionevolmente costante il Numero di Strouhal (0.2 – 0.3 tipicamente e determinato sperimentalmente) lungo un intervallo di Numeri di Reynolds Re abbastanza ampio, ad esempio da Re 2×10^4 a Re 7×10^6…

ma cosa ci serve il Numero di Reynolds? innanzitutto è definito dalla seguente formula

Re = ρ x V x D / μ

dove ρ densità del fluido, V velocità del flusso , D diametro interno e μ viscosità cinematica. Questo numero adimensionale tra le altre cose ci informa del Regime del Moto, se laminare, se turbolento oppure se in fase transitoria e nel nostro Processo aumenta di valore passando dalla portata minima alla massima all’interno del tubo oggetto di misura. Infatti essendo la Portata direttamente proporzionale alla Velocità Q = V x A ( a parità di sezione di efflusso V e Q vanno a braccetto) e come detto avendo Re direttamente proporzionale a V , all’aumentare di Q aumenta Re ( assumendo ρ , D e μ costanti ).

Avere il Numero di Strouhal costante lungo un range di Numeri di Reynolds significa quindi avere il Numero di Strouhal costante lungo le variazioni di portata misurate dal vortex meter

Pertanto essendo la frequenza di generazione e distacco dipendente solo dalla velocità del fluido perchè nella formula F =  St x V / d sia St che d sono costanti come spiegato sopra conoscere la Frequenza dei vortici significa conoscere la Velocità semplicemente applicando la formula inversa

V = F x d / St

La frequenza di distacco può essere tecnicamente misurata con diversi sensori come ad esempio, tra i più comuni,

  • sensori capacitivi che rilevano le pressioni positive e negative in alternanza fra loro generate dai vortici stessi
  • sensori piezoelettrici che oscillando da una parte all’altra a causa dei vortici generano una differenza di potenziale elettrico
  • sensori ultrasonici che si vedono deviare il treno ultrasonico dai vortici di passaggio con conseguente shift dell’onda sinusoidale a seconda della frequenza dei vortici

Una volta calcolata F si ottiene quindi V ed essendo l’Area di Passaggio un’ area circolare si determina come

A = (D/2)^2 x π

dove D è il diametro interno della tubazione sicuramente definito, si applica poi la classica formula

Q = V x A

dove V è la velocità di flusso ed A è l’area di passaggio per determinare facilmente Q come portata volumetrica “actual” cioè alle condizioni di T e P del processo. 

Il misuratore di portata a vortici può anche misurare la Portata Massica?

Certamente, ma non in modo diretto come un misuratore di portata ad effetto Coriolis o un Thermal Mass Flowmeter, la calcola in modo indiretto utilizzando dei sensori addizionali di Pressione e Temperatura che possono essere integrati direttamente nel vortex meter, definito allora “multivariabile“, oppure separati da esso e generanti un segnale che può essere raccolto direttamente dall’elettronica locale del misuratore di portata o riportati insieme alla portata volumetrica actual calcolata dal vortex ad un flow computer remoto, da campo o da quadro, in grado di calcolare la portata massica puntuale e totalizzata.

Limitazioni tecniche della misura di portata a vortici

Essenzialmente ne abbiamo di 3 tipi ma fondamentali

  1. La presenza di vibrazioni disturba la qualità della misura del vortex meter: come visto la portata viene calcolata tramite dei sensori che in modo accurato misurano i vortici, va da sè che la presenza di forti vibrazioni della tubazione implichi un deterioramento della ripetibilità della misura. In particolare si faccia attenzione al consueto sottodimensionamento del DN del corpo del misuratore, con la diminuizione della sezione di passaggio infatti a pari portata la velocità aumenta e di molto così come le vibrazioni. Si noti che diversi costruttori hanno inserito nelle elettroniche dei filtri per eliminare questo disturbo ma questo accorgimento può portare alla perdità di sensibilità dello strumento alle basse portate. 
  1. Le dimensioni del corpo flangiato sono limitate mediamente da 1/2″ a DN 12″ / 300 mm quindi non sono coperte le tubazioni medio-grandi del processo, questo per 2 motivi diversi. Il primo, squisitamente tecnico, ci ricorda che la frequenza dei vortici è basata sulla dimensione dello strumento: la frequenza dei vortici è inversamente proporzionale alla grandezza del misuratore cioè più è grande il DN dello strumento e meno frequentemente genera i vortici quindi sono generati meno impulsi per unità di volume (ed in più seguono anche una legge cubica) e la misura di portata diventa instabile. Il secondo invece è il costo rispetto ad altre tecnologie, generalmente il misuratore di portata a vortici è competitivo per costo d’investimento e prestazioni fino a DN 6″ / 150 mm.
  1. La necessità di diametri monte valle per la sua installazione infatti questa tecnologia di misura della portata a vortici ha estremo bisogno di un fluido non solo in regime di moto turbolento ma anche con un profilo di velocità senza deformazioni residue dovute alla presenza di curve, valvole o manifold. Si raccomanda di non fermarsi alla lettura superficiale del data sheet dello strumento ma di recuperare il manuale di installazione ed uso per controllare la reale esigenza dei diametri monte valle infatti a volte si trova scritto 10-15 diametri monte e 5 a valle di tubo senza disturbi ma in realtà diverse configurazioni richiedono anche 30 diametri a monte e 10 -15 a valle per garantire l’accuratezza e ripetibilità della misura.

Per ogni esigenza di misura di portata di vapore saturo e surriscaldato, gas, aria compressa, liquidi o acqua potabile il team di TECNOVA HT forte di mezzo secolo di esperienza rimane a disposizione anche per un semplice consiglio: avendo a disposizione tutti i principi di misura di portata industriale e civile può fornire un grande aiuto a scegliere lo strumento più idoneo per applicazione, prestazioni e budget.

http://www.tecnovaht.it/

ESG e innovazione, oltre la compliance

di Laura Gatti – Roberta Gilardi

Le nuove direttive per il reporting non finanziario rappresentano  una occasione per innovare anche per le PMI. La consapevolezza che l’adozione di una roadmap fondata sui criteri ESG possa rappresentare un valore importante per l’impresa è ormai largamente diffusa anche se per lungo tempo l’impegno sociale, ambientale e le buone pratiche di governance di una organizzazione hanno rappresentato una scelta libera e indipendente così come  la loro rappresentazione e relativa comunicazione

I risultati raggiunti venivano rappresentati in base al «punto di vista» di ciascuna Impresa e non potevano essere “misurate” o “paragonate” a quelle di altre aziende o essere oggetto di valutazioni “oggettive”.

Un primo passo in avanti è stato introdotto dalla comunità europea con il regolamento introdotto a partire dal 2014 sulla rendicontazione non finanziaria delle imprese (Non Financial Reporting Directive (NFRD) Direttiva UE 2014/95/EU).

Criteri ESG e valore d’impresa

L’impatto finanziario di una governance fondata su criteri ESG è stato definitivamente ‘sdoganato’ nel 2020 quando il maggior fondo di investimento mondiale BlackRock si è impegnata a mettere la sostenibilità al centro del processo di investimento dichiarando la convinzione che l’integrazione delle informazioni relative alla sostenibilità nel processo di investimento potesse aiutare i loro gestori a meglio controllare il rischio e prendere decisioni di investimento più informate.

Viene quindi assodato che intraprendere un percorso inteso a migliorare l’impatto Ambientale (o SG) significa gestire un progetto di TRANSIZIONE:

  • Si passa da un modello «consuma materia, energia, tempo e competenze a livello di risorse umane» a un modello in cui si «gestisce una relazione responsabile con la materia, con l’energia, con i valori che arrivano dalle persone»

In questo passaggio in cui si aggiungono «nuovi obiettivi» a quelli del «business» vanno considerati dei fattori di «rischio» (transition risk) legati alla trasformazione energetica, digitale, economica etc. dell’Impresa e la capacità di analizzarli e governarli viene interpretata anche come un valore per gli azionisti oltre che per tutti gli altri stakeholder.

Una transizione che riguarda sempre di più anche le PMI.

Ci sono due ragioni molto semplici per cui anche le entità medio piccole non possono ignorare questa transizione e gli obblighi e opportunità che ne derivano.

La prima è insita nella logica ESG e dimostrata da molti casi studio.

L’azienda impegnata deve poter mostrare di mappare e gestire le responsabilità ESG a monte ed a valle dell’intera filiera in cui è inserita. Caso storico l’incidente della Nike di alcuni decenni relativo all’utilizzo di manodopera infantile da parte di subfornitori a monte. Inoltre, la maggior parte delle analisi di impatto ambientale (Carbon Footprint) in senso stretto evidenziano il contributo pesante del cosiddetto ‘Scope 3’ cioè, per esempio, della catena distributiva a valle.

Da questa responsabilità ‘totale’ dei grandi gruppi che fino ad oggi sono stati maggiormente coinvolti dalla NRFD deriva che, nella pratica, tutto l’indotto dovrebbe poter reggere le stesse logiche e per questo sempre più spesso le grandi aziende coinvolgono i loro ecosistemi nelle verifiche ESG per evitare effetti ‘boomerang’ di tipo reputazionale ed economico.

Un secondo elemento che allarga l’applicazione di questi criteri sarà il passaggio alla nuova regolamentazione europea sull’argomento – CSRD- che entro il 2030 coinvolgerà qualsiasi azienda con più di 250 addetti e/o 400 mil. di fatturato e tutte le PMI quotate di qualsiasi dimensione, per un totale di 49.000 aziende rappresentanti il 75% del fatturato EU(1). Le regole si faranno più stringenti e, soprattutto, la struttura ed i KPI richiesti

Le nuove normative come attivatore di innovazione e vantaggio competitivo.

Sia che l’impresa venga direttamente investita dalla necessità di ottemperare alla nuova regolamentazione oppure che debba ripensare i suoi processi su richiesta di committenti o investitori (ormai molti fondi intraprendono ‘diligence’ ESG, oltre a quelle finanziarie) questo sforzo può essere orientato alla creazione di valore diretto per il business attraverso attività di supporto alla innovazione con metodologie mutuate dalla incubazione delle start-up.

L’approccio di G-Gravity crea un mindset capace di trasformare il vincolo regolatorio in un volano di innovazione.

G-Gravity supporta ed integra il gruppo interno che si occupa di condurre le operazioni di mappatura degli stakeholder, dei loro valori/priorità e delle materialità collegate tipico del processo ESG classico per produrre idee potenzialmente il grado di ampliare l’offerta, alleggerire i processi o individuare nuovi modelli di business e nuovi target. Lo sforzo significativo necessario a esplorare tutti gli aspetti ESG e definirne i rischi e i piani di gestione viene così orientato anche alla creazione di nuove opportunità a breve termine per l’impresa.

Laura Gatti – Roberta Gilardi

INVERTER, i 50 anni di CONTROL TECNIQUES

Inverter, convertitori di frequenza, azionamenti a velocità variabile

Comunque li si voglia chiamare, non è possibile oggi immaginare un’applicazione di movimentazione, sollevamento, traslazione, comando di organi motòri che possa fare a meno delle prestazioni, della precisione e dell’efficienza offerte dall’accoppiata motore-inverter.

Ma quando nascono gli inverter e, soprattutto, chi ha aperto la strada al loro sviluppo?

Oggi gli inverter rappresentano un componente essenziale dei sistemi di automazione.

Negli ultimi 50 anni i progressi fatti dall’elettronica e, ultimamente, dal digitale hanno radicalmente mutato il volto di una disciplina che, forse come nessun’altra, può essere considerata l’emblema della moderna meccatronica.

Chi ha qualche dimestichezza con il mondo dei controlli automatici sa bene che cosa si celi dietro quello che, apparentemente, può sembrare uno dei tanti dispositivi elettronici (magari un po’ costoso) che oggi è possibile acquistare su molti shop on-line.

Matematica, fisica, elettronica, meccanica, informatica: dietro a un variable speed drive, per dirla all’anglosassone, c’è un universo così specializzato e multidisciplinare che è quasi difficile renderne un’idea corretta.

L’evoluzione che, da cinquant’anni a questa parte, ha accompagnato la storia di uno dei nomi più noti in questo ambito, quello di Control Techniques.

Nata nel 1973, Control Techniques è una delle pochissime aziende multinazionali che ha fatto del controllo dei motori elettrici la propria unica, grande, esclusiva missione tecnologica.

I cinque decenni che hanno caratterizzato la sua storia, partita nelle verdi campagne del Galles, possono essere considerati l’emblema di tutti i grandi e importanti passi in avanti che la tecnologia degli variable speed drive ha fatto registrare fino ad oggi.

Un’evoluzione che è andata di pari passo con gli sviluppi dell’elettronica, della miniaturizzazione, della tecnologia digitale e, non ultimo, della ricerca di base, con la messa a punto di algoritmi e tecniche di controllo sempre più raffinati e performanti.

Quando e come sono nati gli inverter?

Per rispondere a questa domanda è necessario compiere un salto indietro nel tempo di quasi 150 anni, esattamente agli anni ’80 del XIX secolo. Nel 1885 Galileo Ferraris, illustre ingegnere e professore del Politecnico di Torino, finalizza una serie di studi sull’elettromagnetismo, in particolare sugli effetti indotti dalla corrente alternata, giungendo alla scoperta del campo magnetico rotante quale principio base per la realizzazione di motori elettrici (per l’appunto a induzione) ben più efficienti di quelli in corrente continua messi a punto da Edison.  

Il 1888 è l’anno cruciale. Ferraris espone le sue scoperte all’Accademia delle Scienze di Torino ma, quasi contemporaneamente, dall’altra parte del mondo, un altro scienziato, dal piglio completamente diverso, visionario e un po’ guascone, ma dotato di una genialità indiscutibile, mette a punto il progetto di un rivoluzionario motore che sfrutta la corrente alternata: il suo nome è Nikola Tesla.

Di chi sarà la vera paternità del motore CA? Ebbene, dopo lo scontro tra Meucci e Bell, quasi contemporaneo a quello tra Ferraris e Tesla, la storia sembra ripetersi, identica: Italia vs. Stati Uniti.

Anni dopo, tra coloro che scesero in campo per difendere l’italianità dell’invenzione vi fu addirittura Carlo Emilio Gadda, che tutti conoscono come scrittore ma che, per formazione accademica, fu innanzitutto un ingegnere.

Ebbene, secondo Gadda il merito dell’invenzione va dato a Galileo Ferraris, che avrebbe avuto l’intuizione di come sfruttare le forze generate dal campo elettromagnetico guardando ai giochi di luce e ombra generati dalle colonne dei portici di Torino dove stava passeggiando in un giorno di primavera.

Di tutt’altro avviso il racconto fatto dallo stesso Tesla, che disse di avere avuto un lampo di intuizione durante una camminata in un parco di Budapest avvenuta anni prima, intuizione che finalizzerà poi in un progetto a Strasburgo nel 1882 in qualità di tecnico ricercatore della Edison Europe.

Che Tesla fosse un egocentrico, a volte millantatore, è un fatto risaputo. Ciò che non potremo mai sapere, invece, è a chi può essere oggi assegnato il merito di questa favolosa scoperta che rivoluzionerà per sempre il mondo industriale.

Il motore elettrico, un volano di sviluppo

Rispetto al vapore, l’elettricità presentava numerosi vantaggi come fonte di energia.

Non solo era pulita (ricordiamo che in quel periodo fiorirono le centrali idroelettriche), ma era ben più efficiente, facilmente trasportabile e poteva essere inserita e disinserita in un attimo, con un semplice click, a differenza di quanto invece bisognava fare con un motore endotermico o a vapore.

Lo sviluppo dei motori elettrici fin da subito ha notevolmente incrementato le potenzialità dell’automazione industriale, alimentando macchine e linee di produzione che via via si sono fatte sempre più efficienti.

Quando Henry Ford nel 1913 iniziò a produrre la Model T nello stabilimento di Highland Park, in Michigan, introducendo il modello della catena di montaggio, i motori elettrici ebbero la prima grande occasione di mostrare le loro potenzialità in ottica di sviluppo e progresso.

Lo stabilimento sfornava vetture al ritmo di una ogni 3 minuti: ciò fece sì che manufatti complessi come le autovetture potessero trasformarsi in beni di massa grazie all’automazione, che consentiva di abbattere drasticamente i costi di produzione.

Tuttavia, nonostante le loro indiscutibili potenzialità, i motori in corrente alternata dovranno attendere ancora qualche decennio prima di affermarsi, principalmente a causa della relativa semplicità con i motori in CC potevano essere regolati in tecnica a velocità variabile.

Gestire efficacemente tutti i parametri elettrici che avrebbero permesso ai motori a induzione di compiere il passo decisivo, a quell’epoca era ancora una sfida decisamente complessa e gli sviluppi tecnici per rendere il controllo di coppia e velocità di questi motori semplice come quello delle unità a corrente continua sarebbero maturati solamente una quarantina di anni dopo.

I favolosi anni ‘50

È nel decennio post bellico del secolo scorso che, grazie allo sviluppo dell’elettronica moderna, all’epoca ancora in fase nascente, vennero realizzate le prime unità di controllo motore a tiristori, dispositivi che di fatto, come vedremo, hanno aperto la strada alla nascita degli azionamenti a velocità variabile. Il principio su cui questi dispositivi si basavano era quello della cosiddetta “trasformazione inversa”: la corrente alternata, trifase o monofase, veniva raddrizzata, quindi nuovamente convertita in alternata, ma con diversi valori dei parametri elettrici, in primis di frequenza, per gestire opportunamente il numero dei giri motore.

Erano nati i primi inverter.

Questa tecnologia mostrava tuttavia dei seri limiti, dovuti principalmente alla lentezza di risposta dell’elettronica a tiristori e alla scarsa flessibilità della tecnica di controllo basata sul rapporto V/f. L’evoluzione dell’elettronica e dei componenti a semiconduttore con dinamiche di commutazione nettamente migliorate portano nei successivi anni ’70 alla nascita di inverter con prestazioni superiori, benchè la tecnica di controllo V/f facesse ancora segnare alcuni limiti in termini di precisione e intervallo di controllo della velocità (confinata in un range piuttosto ristretto, sull’ordine di 1:10), nonché di controllo della coppia, ovvero della capacità di regolare in modo stabile il motore al variare dei carichi applicati all’asse.

La vera svolta nel superare queste limitazioni avviene con l’introduzione della tecnica di controllo vettoriale. Frutto di avanzati algoritmi prevalentemente studiati come ricerca di frontiera in Europa, la regolazione della velocità in tecnica vettoriale avveniva non più agendo sul rapporto tensione frequenza, ma controllando l’orientamento del campo elettromagnetico, così che un motore a induzione poteva essere controllato in maniera del tutto analoga a un motore a corrente continua in fatto di semplicità, rendimento e precisione. Tuttavia, a quell’epoca l’elevata potenza di calcolo necessaria per eseguire in tempo reale le complesse elaborazioni vettoriali non è ancora disponibile. I primi prototipi di inverter a controllo vettoriale nascono quindi come esercizi di fattibilità più fini a loro stessi che non come veri e propri prodotti commerciali.

La rivoluzione della microelettronica

Bisogna attendere gli anni ’80 prima che la tecnica di controllo vettoriale si possa concretizzare in prodotti commercialmente validi.

Dai primi ingombranti azionamenti, si passa allo sviluppo di dispositivi sempre più compatti e potenti, nonché intelligenti e capaci di comunicare non più mediante interfacce di segnale, ma avvalendosi di quelle che ben presto si sarebbero affermate come il nuovo e indispensabile strumento per gestire efficacemente la comunicazione industriale: le reti di campo.

La corsa dei produttori di inverter alla ricerca di prestazioni “tout-court” per i loro dispositivi è finalmente partita. Lo sviluppo ora non guarda più solo alle capacità di controllo, ma agli aspetti legati all’efficienza energetica, alla flessibilità, all’universalità di utilizzo, all’apertura ai vari standard di comunicazione, con un occhio anche alla safety e alla logica programmabile.

Negli anni che seguono, gli inverter si trasformano letteralmente in piccoli ma sempre più potenti dispositivi, completi di tutto quanto serve per fare una vera automazione, capaci non solo di regolare i giri motore e controllare con accuratezza la coppia, ma di gestire logiche, profili di accelerazione/decelerazione, la sicurezza in caso di emergenza, comandare più tipologie di motori e al tempo stesso fornire prestazioni particolari per applicazioni specifiche, addirittura recuperare l’energia ridistribuendola agli altri componenti di sistema in tecnica DC-bus.

I successivi anni ’90, sulla spinta di questo fervore, vedono l’avvento di modelli rivoluzionari, come il mitico Unidrive, il primo inverter dalle reali caratteristiche di universalità, in grado di integrare il controllo di più tipi di motori in un unico prodotto, che segnerà indelebilmente la storia moderna di Control Techniques con oltre un milione di dispositivi installati in tutto il mondo.

Le prestazioni dei microprocessori, delle elettroniche FPGA e dei terminali di potenza in tecnologia IGBT rendono oggi gli inverter dei piccoli grandi mostri, in termini sia di capacità di calcolo, e quindi di controllo, che di densità di potenza.

I moderni azionamenti consentono di liberare tutto il potenziale intrinseco dei motori elettrici per realizzare applicazioni di automazione sempre più performanti e raffinate. E non solo.

Un futuro ancora tutto da scoprire

Le nuove frontiere che il digitale sta aprendo influenzeranno ancora nel prossimo futuro lo sviluppo della tecnologia inverter.

Si pensi ad esempio al ruolo dell’intelligenza artificiale, un asset di per sé intangibile, ma che sta diventando sempre più importante e che porterà l’automazione a un nuovo livello, grazie anche al supporto dell’IoT, che renderà gli inverter dei dispositivi sempre più intelligenti anche nel comunicare con le altre componenti di sistema.

Cos’altro riserverà il futuro della tecnologia agli inverter di prossima generazione? Difficile a dirsi.

Si potrebbe forse azzardare a prevedere che saranno le nuove sfide della mobilità elettrica a incidere sui prossimi sviluppi di questa tecnologia, vista la necessità di rendere sempre più sostenibile il nostro vivere quotidiano e di usare in modo efficiente e intelligente le risorse energetiche di cui disponiamo.

A 250 anni di distanza dai cambiamenti apportati dalla rivoluzione industriale, l’automazione può dire di avere percorso davvero moltissima strada. Gran parte della quale, in epoca moderna, porta l’indelebile impronta che gli inverter hanno impresso grazie alla loro continua, eccezionale evoluzione, nonché pe

Riscaldamento e raffrescamento industriale: impianti a pannelli radianti

L’impianto di riscaldamento radiante, a pavimento, soffitto o parete, sfrutta il fenomeno del trasferimento del calore ad irraggiamento, garantendo un elevato livello di comfort negli ambienti climatizzati. Si tratta di una soluzione efficiente che favorisce il risparmio energetico. Ecco i vantaggi e le differenze tra i diversi impianti radianti

Il riscaldamento e il raffrescamento a pavimento sono una soluzione impiantistica per la distribuzione del caldo e del freddo all’interno di un ambiente. Nelle nuove realizzazioni e in caso di ristrutturazione, spesso sostituiscono i vecchi radiatori, assicurando comfort e risparmio energetico.

Gli impianti di riscaldamento e raffrescamento a pannelli radianti sono tra le tecnologie più efficienti nei sistemi di climatizzazione: funzionano per irraggiamento e quindi distribuiscono calore in maniera omogenea; sono sistemi emissivi a bassa temperatura (a differenza dei termosifoni) e questo permette di abbassare i consumi e di aumentare l’efficienza dell’abitazione e la sua classe energetica; trattandosi di sistemi privi di correnti, non generano polveri, garantendo ambienti più salubri, sono silenziosi e sia il caldo che il fresco si percepiscono velocemente; possono essere integrati con impianti già esistenti (pompe di calore, caldaie, sistemi di ventilazione meccanica controllata) e sono idonei a tutti i generi di edifici.

Impianti radianti a pavimento: cosa sono e come funzionano

Un sistema di riscaldamento a pannelli radianti prevede la presenza di un generatore di calore, un fluido termovettore e, appunto, un terminale di emissione del calore.

I sistemi di riscaldamento radianti hanno, in realtà, origini più antiche di quanto si possa pensare. Il principio che sta alla base degli impianti radianti a parete, soffitto o pavimento, infatti, era lo stesso che i romani usavano per riscaldare le abitazioni, grazie ad un camino che riscaldava dell’aria fatta circolare in apposite intercapedini di muri e pavimenti dell’abitazione. Il sistema si è certamente evoluto e oggi sono disponibili sul mercato tecnologie efficienti e adatte alle esigenze più variegate.

Gli impianti a pannelli radianti possono essere collocati sia a soffitto che a parete, ma la soluzione maggiormente diffusa ad oggi è quella dell’impianto radiante a pavimento.

I sistemi radianti a pavimento sono soluzioni impiantistiche particolarmente indicate quando si vuole contare su un sistema di climatizzazione efficiente. L’impianto si compone di tubazioni di piccole dimensioni, disposte a serpentina sull’intera superficie del solaio, per la circolazione del fluido termovettore, che possono essere integrati nel massetto, nell’intonaco o nel cartongesso di un controsoffittoAl di sotto delle serpentine, poi, si posa un pannello isolante, in modo da evitare che il calore emesso dalle tubazioni sia disperso verso il solaio. Per facilitare l’installazione ci sono anche pannelli prefabbricati completi di tutti gli elementi e già predisposti per ospitare le serpentine. Generalmente l’impianto prevede la posa di pannelli radianti che contengono tubi a serpentina.

Si sono diffuse molte soluzioni con spessori altamente ridotti, in modo da permettere l’installazione anche nei casi di ristrutturazione in cui i locali non sono molto alti.

Il funzionamento del sistema di riscaldamento a pannelli radianti si basa sul fenomeno dell’irraggiamento, che permette lo scambio di calore tra corpi solidi senza dover riscaldare l’aria.

Per funzionare, non è necessario che i pannelli radianti raggiungano temperature particolarmente elevate, ma anzi lavorano a basse temperature, mediamente intorno ai 30/35°.

Nella maggior parte dei casi, questo impianto si combina con una pompa di calore, in quanto si massimizzano i benefici in termini energetici, visto che entrambi lavorano in modo efficiente a bassa temperatura. Nulla vieta, comunque, di installare una caldaia a condensazione.

Infine, è bene sapere che quando si parla di pannelli radianti sarebbe opportuno fare una distinzione tra quelli che si compongono come appena descritto, quindi impianti ad acqua a circuito chiuso, e quelli costituiti da resistenze elettriche.

In questo caso, non è necessario combinare un altro generatore per il riscaldamento dell’acqua, anche se il meccanismo di diffusione del calore è lo stesso, basato sul principio dell’irraggiamento.

Anche il raffrescamento, a pavimento

Tra i vantaggi offerti dai sistemi radianti, che oltretutto assicurano una diffusione uniforme del calore e massimo comfort, c’è anche la possibilità di utilizzare il medesimo impianto sia per il riscaldamento, che per il raffrescamento.

Si tratta di un’alternativa ai classici condizionatori e funziona sempre grazie al principio dell’irraggiamento. In modalità raffrescamento, nelle serpentine scorre liquido refrigerato, in questo caso solo grazie alla pompa di calore installata. Di conseguenza, il corpo caldo che cede calore è proprio l’ambiente da raffrescare.

È importante sapere che per far funzionare il sistema radiante sia in modalità riscaldamento, che raffrescamento, è necessario progettare adeguatamente il sistema fin dal principio, scegliendo materiali adeguati e predisponendo in modo corretto tutti i componenti, inclusi i collettori.

I vantaggi dei sistemi radianti a pavimento

Il risparmio energetico, ormai, è uno dei temi principali quando si parla di nuove costruzioni e di ristrutturazioni. I pannelli radianti a parete, pavimento o soffitto permettono, appunto, di ridurre i consumi energetici necessari a scaldare un ambiente, perché il fluido termovettore (ad esempio l’acqua) che circola al loro interno deve essere portato a soli 30-35°, contro i 70° di un tradizionale radiatore. In sostanza, il lavoro svolto dalla caldaia o dalla pompa di calore è inferiore.

Alcuni dei vantaggi dei sistemi radianti a pavimento sono già stati anticipati, tra cui l’elevata efficienza energetica e la possibilità di gestire con un unico impianto il riscaldamento e il raffrescamento domestico.

Volendo riassumere gli altri, il primo da citare è sicuramente legato alla silenziosità di questi sistemi, che non generano alcun tipo di rumore durante il loro funzionamento.

Inoltre, i pannelli radianti assicurano un comfort interno percepito maggiore grazie al loro meccanismo di funzionamento basato sull’irraggiamento, che è lo stesso fenomeno con cui anche il sole scambia calore alla terra, che fa risultare la sensazione molto naturale e piacevole, evitando le correnti d’aria e i punti freddi comuni nei sistemi di riscaldamento tradizionali. Ancora, lavorando a basse temperature, gli impianti radianti permettono di evitare grandi differenze termiche nell’ambiente e spiacevoli correnti d’aria.

Questi impianti richiedono pochissima manutenzione, hanno una durata notevole nel tempo e possono essere utilizzati in combinazione con fonti di energia rinnovabili, come il solare termico, per ridurre i costi energetici.

Infine, un altro vantaggio che, anche se può sembrare meno importante, non è comunque da sottovalutare.

Scegliere dei pannelli radianti a parete, soffitto o pavimento significa anche eliminare dalla propria casa qualsiasi tipo di dispositivo a vista necessario per riscaldare o raffreddare.

Con il sistema di riscaldamento radiante è possibile dire addio a termosifoni, splitter, ventilconvettori e quanto altro usato per climatizzare gli ambienti, spesso antiestetici.

Tra gli svantaggi, invece, ci sono i costi elevati di installazione, la riduzione dell’altezza dei locali, la necessità di mantenere l’impianto acceso in modo costante e il fatto che, a fronte di un danno a una tubatura, è necessario un intervento invasivo per il ripristino del sistema.

Quanto costa un impianto radiante

La realizzazione di un impianto radiante a pavimento ha costi che variano a seconda della dimensione degli ambienti che si dovranno climatizzare e della tecnologia scelta. La spesa include i costi per l’acquisto dell’impianto, ma anche per la manodopera necessaria alla posa e installazione. Incide sul prezzo, poi, l’acquisto del generatore di calore, nel caso si debba sostituire la caldaia esistente e installare un nuovo impianto. Per dare un riferimento, comunque, è possibile dire che un sistema radiante ha un costo che oscilla dai 60 ai 100 euro al metro quadro circa.

Impianto radiante a pavimento

L’impianto radiante a pavimento è adatto un po’ in tutte le situazioni ed è la soluzione più diffusa. Un’attenta riflessione deve essere fatta nel caso in cui si decida di posare una pavimentazione che abbia un certo potere isolante e che potrebbe ostacolare la diffusione del calore.

L’impianto radiante a pavimento prevede l’installazione di specifici pannelli in cui alloggiano le tubazioni, generalmente in materiale plastico, sotto le quali viene molto spesso posato uno strato isolante, così da ridurre le dispersioni di calore indesiderate.

Uponor Minitec è una soluzione per il riscaldamento e raffrescamento radiante a basso spessore che assicura bassa inerzia ed alta efficienza energetica. Il pannello si può posare direttamente su soletta o pavimentazione esistente grazie allo strato adesivo del pannello bugnato. Lo spessore minimo totale comprensivo di livellina sopra i tubi è di soli 15 mm. Il sistema garantisce ottimo isolamento termico e acustico grazie a specifici pacchetti sviluppati ad hoc: un panello isolante XPS, disponibile in due spessori (10 – 20 mm), assicura l’isolamento termico, mentre quello acustico è fornito da un tappetino per l’abbattimento del rumore da calpestio. E’ disponibile anche un pacchetto comprensivo di pannello isolante XPS e tappetino acustico che unisce le proprietà di bassa inerzia e spessore a quelle di isolamento.

Sopra i pannelli c’è un massetto e infine il pavimento. I costi di installazione sono più elevati rispetto a quelli richiesti per un sistema tradizionale. Inoltre, per agevolare l’installazione di impianti radianti nelle ristrutturazioni, oggi sul mercato sono disponibili impianti a basso spessore. In questi casi è possibile predisporre l’intero sistema, incluso il massetto, in meno di 5 cm.

Riscaldamento radiante a parete

Il riscaldamento a parete a pannelli radianti funziona allo stesso modo di quello a pavimento, ma anziché a pavimento, si utilizza un pannello radiante a parete. Le tubazioni possono essere anche in rame e quindi il riscaldamento avviene più velocemente.

Generalmente si scelgono gli impianti a pannelli radianti a parete, quando la superficie calpestabile del pavimento non è adeguata per generare il calore necessario a riscaldare l’ambiente. Questa tipologia di impianto è, infatti, adatta ad ambienti con particolari vincoli sul pavimento o è spesso utilizzata in ambienti molto grandi come uffici ed open space, dove non sarebbe conveniente né efficace intervenire su tutta la pavimentazione.

Uponor Renovis è un sistema a secco e a bassa temperatura in cartongesso con integrati i circuiti radianti per il riscaldamento e raffrescamento radiante a soffitto/parete. Semplice da installare senza che sia necessario fare lavori di demolizione, permette di effettuare interventi di ristrutturazione continuando a usufruire dell’edificio.

Gli impianti radianti a parete non presentano limiti o difetti rispetto agli impianti di riscaldamento a pavimento, se non il fatto che richiedono una particolare attenzione quando si decide per qualche motivo, di bucare la parete. Un vantaggio in più degli impianti radianti a parete, invece, è che la resa in raffrescamento è molto elevata, paragonabile a quella in riscaldamento.

Riscaldamento a pannelli radianti a soffitto

Il riscaldamento radiante a soffitto viene installato all’interno di un controsoffitto e ha il grande vantaggio di liberare completamente pavimento e pareti. Come gli impianti radianti a parete, anche questa soluzione offre risposte maggiormente reattive rispetto al sistema a pavimento ed è adatto a tutte le tipologie di edificio. Viene spesso scelto anche per edifici come ospedali e capannoni.

pannelli radianti a soffitto possono essere utilizzati anche per il raffrescamento e sono di facile installazione, richiedendo quindi anche costi inferiori per la loro posa. Il sistema può presentare dei limiti quando la struttura dell’edificio presenta determinate caratteristiche, ad esempio un’altezza eccessiva tra pavimento e soffitto.

Tecnologie e detrazioni fiscali per pannelli radianti, intervista all’Ing. Clara Peretti, Segretario Generale Q-RAD

Rispetto a detrazioni e utilizzo dei sistemi a pannelli radianti, abbiamo chiesto qualche chiarimento all’Ing. Clara Peretti, Segretario Generale Q-RAD, Consorzio Italiano senza scopo di lucro Produttori Sistemi Radianti di Qualità, che promuove la cultura del riscaldamento e raffrescamento radiante come strumento per aumentare il comfort e il risparmio energetico.

Quali sono le detrazioni fiscali previste per l’installazione di un impianto di riscaldamento/raffrescamento a pannelli radianti?

Le detrazioni fiscali per i sistemi radianti per il 2023 possono essere richieste per gli interventi di efficienza energetica, per gli interventi di ristrutturazione edilizia oppure per gli interventi sulla sismica. Sono quindi agevolabili al 50% e al 65% in funzione della tipologia di intervento e di immobile che ne fa domanda.

Per quanto riguarda il superbonus, la cui aliquota con la nuova Legge di Bilancio è passata dal 110% al 90% con requisiti più restrittivi per richiederlo (a parte per i condomini che abbiano presentato la CILAS entro il 31 dicembre), i sistemi impiantistici sono inseriti in quanto strettamente collegati all’efficienza energetica. Sono infatti incentivate con Superbonus alcune delle tecnologie che garantiscono risparmio energetico riducendo così i consumi e le emissioni di CO2.

Il tema degli impianti è articolato, in quanto spesso il sistema è composto da molteplici componenti che necessariamente devono essere coordinati. Rappresenta tale complessità il mondo dei sistemi radianti. I sistemi radianti rientrano nel superbonus quando abbinati ad uno degli interventi trainanti di riqualificazione energetica degli edifici individuata dal decreto, come ad esempio l’installazione di una caldaia a condensazione oppure una pompa di calore oppure l’allaccio al teleriscaldamento o abbinati a caldaie a biomassa. I sistemi a pannelli radianti rappresentano la miglior scelta impiantistica perché integrano in un unico terminale riscaldamento e raffrescamento al fine di raggiunger i più elevati risparmi sia energetici che economici.

I sistemi radianti si possono installare con qualsiasi tipo di pavimentazione?

Ceramica, marmo, legno, moquette, pavimenti continui… moltissime sono le tipologie di materiali per le pavimentazioni. Una importante premessa riguarda l’approccio da utilizzare quando si sta valutando quale tipo di pavimentazione utilizzare.

Due sono le possibilità, spesso da integrare:

  • Fare riferimento alle normative del settore (ad esempio per la posa di parquet, rivestimenti ceramici ecc.)
  • Fare riferimento alle indicazioni delle aziende produttrici.

Molto spesso infatti per tipologie particolari di sistemi radianti (come ad esempio i sistemi a basso spessore descritti nella nuova versione della norma UNI EN 1264:2021) oltre alle indicazioni generali riportate nella norma si deve fare riferimento alle indicazioni di progetto e di posa fornite dal produttore di sistemi radianti, dei produttori dello strato di supporto (massetti) e della pavimentazione.

È fondamentale inoltre ricordare che “di norma su un impianto di riscaldamento e raffrescamento radiante è possibile posare qualsiasi tipo di pavimentazione.” È infatti possibile abbinare ad un sistema radiante a pavimento qualsiasi tipo di rivestimento, ma sono necessari alcuni requisiti generali che devono essere rispettati.

Ne è un esempio la resistenza termica: la resistenza termica della pavimentazione (incluso lo stato per la posa, come ad esempio un materassino flottante per il parquet) non deve superare il valore di 0.15 m2K/W (secondo UNI EN 1264 e UNI EN ISO 11855).

Quali sono i vantaggi dei sistemi radianti rispetto a quelli tradizionali?

I vantaggi dei sistemi a pannelli radianti possono essere riassunti in 10 principali punti, ma oltre a questi ve ne sono anche altri, che ogni anno si aggiungono grazie alla rapida risposte delle aziende nel soddisfare la richiesta del mercato.

  • 1) Garantiscono comfort termico, uniformità di temperatura e assenza di correnti d’aria
  • 2) Sono gli unici sistemi di emissione a bassa differenza di temperatura
  • 3) Sono integrabili con pompe di calore e con caldaie efficienti nonché altri generatori che utilizzano fonti rinnovabili
  • 4) Si abbinano con i sistemi di VMC garantendo un’elevata qualità dell’aria indoor
  • 5) Sono adattabili a tutti i generi di edificio: dalla chiesa al museo
  • 6) Aumentano il valore dell’immobile
  • 7) Migliorano la classe energetica
  • 8) Riducono i consumi anche senza riqualificare l’involucro
  • 9) Con un unico impianto si può riscaldare e raffrescare
  • 10) Eliminano per sempre problemi di muffa e di condensa

Gli impianti di raffrescamento e riscaldamento radiante si adattano a diverse tipologie di edifici e si sono affermati come un vero e proprio camaleonte tecnologico. Possono essere utilizzati negli edifici residenziali così come nelle palazzine uffici fino a impianti sportivi come palestre o piscine, edifici per il culto, costruzioni di valore storico-artistico e siti produttivi.

Un’adattabilità a tutte le costruzioni che conferma l’affidabilità degli impianti di raffrescamento e riscaldamento radiante sia per gli edifici nuovi che per le riqualificazioni del patrimonio esistente.

I sistemi radianti sono poi in grado di integrare la temperatura in base a quella dell’ambiente da climatizzare offendo un’elevata qualità degli ambienti indoor unita a una notevole efficienza energetica.

Quanto consuma un impianto radiante?

Il tema dei consumi energetici è oggi ancora più attuale alla luce degli incrementi dei costi di gas e di elettricità. Il consumo di un sistema radiante è strettamente correlato a tutti i componenti ad esso correlati, sia di impianto che di involucro.

Al fine di valutare il consumo è possibile utilizzare la metodologia proposta nella norma UNI/TR 11619:2016 descrive il calcolo dell’indice di efficienza definito RSEE (Radiant System Energy Efficiency), che rappresenta un indicatore complessivo che coinvolge la stratigrafia, i componenti del sistema radiante, le logiche di regolazione e gli ausiliari.

Attraverso un semplice calcolo è possibile confrontare diverse tipologie di sistemi radianti, a pavimento, parete e soffitto.

Tuttavia risulta molto più interessante valutare sistemi di emissione differenti, confrontando ad esempio i sistemi radianti con i radiatori, con i ventilconvettori oppure ancora con i sistemi ad aria.

Fonte/contributo: www.infobuildenergia.it

B&R, produzione multidimensionale con ACOPOS 6D

Con ACOPOS 6D, B&R inaugura una nuova era per la produzione multidimensionale. Le navette a levitazione magnetica spostano liberamente i singoli prodotti attraverso la macchina

Sono finiti i giorni in cui i sistemi di movimentazione convenzionali imponevano tempistiche rigidamente ancorate a un processo di produzione multidimensionale sequenziale. ACOPOS 6D è ideale per la produzione di piccoli lotti con frequenti cambi di design e dimensioni da un prodotto all’altro.

ACOPOS 6D si basa sul principio della levitazione magnetica per la produzione multidimensionale.

Le navette integrano magneti permanenti che li mantengono sospesi sopra la superficie continua creata da segmenti di motore elettromagnetico.

I segmenti modulari del motore misurano 240 x 240 millimetri e possono essere disposti liberamente, a creare qualsiasi forma dello spazio di movimento.

Con una gamma di navette di varie dimensioni è possibile trasportare carichi utili da 0,6 a 14 chilogrammi e raggiungere velocità fino a 2 metri al secondo.

Le navette possono muoversi liberamente nello spazio bidimensionale, oltre a ruotare e inclinarsi lungo tre assi e a levitare con un preciso controllo della quota. Combinati, questi movimenti consentono un controllo a sei gradi di libertà.

Riduci l’ingombro della tua macchina

I sistemi di trasporto convenzionali occupano molto spazio all’interno dello stabilimento solo per spostare i prodotti da A a B – senza dare alcun contributo reale ai processi di produzione multimensionale a valore aggiunto.

Con l’introduzione della tecnologia a levitazione magnetica, il modello tradizionale di trasporto lineare dei prodotti si sta dissolvendo per rivelare uno spazio di lavorazione e di produzione multidimensionale. Uno spazio in cui i confini tra trasporto e lavorazione scompaiono.

Oltre a trasportare i prodotti, il sistema di trasporto esegue anche compiti di lavorazione multiasse – aggiungendo una flessibilità essenziale in una frazione dello spazio.

ACOPOS 6D permette di controllare simultaneamente fino a quattro navette per ogni segmento di motore da 240 x 240 mm – per una densità di lavorazione massima di quasi 70 prodotti per metro quadro.

La pianificazione del percorso viene calcolata individualmente per ogni navetta, permettendo un controllo completamente indipendente. Questa combinazione di alta densità di navette e flessibilità illimitata del percorso rende le macchine e le linee sostanzialmente più piccole ed esponenzialmente più produttive.

Spazio ridotto

ACOPOS 6D offre una densità di navette fino a quattro volte superiore a quella degli altri sistemi presenti sul mercato grazie alla capacità unica di controllare quattro navette sullo stesso segmento di motori contemporaneamente.

Le navette possono essere utilizzate anche come assi nelle stazioni di lavorazione. Una navetta che trasporta un pezzo può, ad esempio, seguire un percorso CNC permettendo il montaggio rigido dell’utensile di lavorazione. Le stazioni di pesatura possono essere eliminate completamente, poiché ogni navetta può anche servire come pesa ad alta precisione. Ciò rende possibile la progettazione di una macchina più compatta.

Zero usura

Le navette ACOPOS 6D fluttuano liberamente senza alcun contatto meccanico né attrito.

In assenza di usura non ci sono parti da manutenere. Una semplice copertura in acciaio inossidabile sopra i segmenti del motore offre all’ACOPOS 6D una protezione IP69K – il che lo rende ideale per l’uso in camere bianche o per la produzione di alimenti e bevande.

Completamente integrato

ACOPOS 6D è completamente integrato nell’ecosistema B&R. Ciò consente di sincronizzare, con precisione al microsecondo, le navette con servo assi, robot, sistemi track e sistemi di visione. La pianificazione del percorso delle navette avviene in un controllore dedicato, collegato alla rete della macchina tramite POWERLINK – eliminando ogni possibile impatto sulle prestazioni della rete o del sistema di controllo della macchina. Per sistemi con oltre 200 segmenti o 50 navette, è possibile sincronizzare più controllori tra loro.

Navette intelligenti

A differenza di sistemi simili, a ogni navetta ACOPOS 6D viene assegnato un ID univoco a livello globale. All’avvio, il controllore localizza immediatamente ogni navetta sui segmenti del motore, e la produzione può iniziare senza lunghe sequenze di homing o input manuale da parte di un operatore. Le navette offrono una ripetibilità di posizionamento di ±5 µm, rendendo ACOPOS 6D perfettamente adatto per applicazioni con requisiti di posizionamento stringenti, come quelle nell’industria elettronica e nell’assemblaggio di componenti meccanici ed elettronici.

Enormi possibilità, facilmente

ACOPOS 6D apre possibilità quasi illimitate nella progettazione delle macchine, pur essendo decisamente facile da configurare. Sofisticati algoritmi assicurano che le navette seguano un percorso ottimale evitando collisioni e riducendo al minimo il consumo di energia. Gli sviluppatori sono liberi di concentrarsi sul loro compito primario: sviluppare processi macchina ottimizzati, che garantiscano la massima produttività.