Industria Chimica Farmaceutica, “LAB&CHEMICAL WEB EDITION” 14 ottobre 2020

tecnico di laboratorio

Cerchiamo di andare il più possibile verso il futuro, sostenendo con coraggio e caparbietà la produttività dell’industria chimica farmaceutica

Nel panorama del mercato italiano, l’industria chimica-farmaceutica (e tutto il relativo indotto) è tra quelle che meno hanno risentito del blocco forzato causato dall’emergenza Covid-19, tenendo forte la presa sui numeri di fatturato e produzione e assicurando così un’efficiente continuità operativa, essendo tra le imprese considerate essenziali. In questo processo di “nuova normalità” l’evoluzione digitale e tecnologica riveste un ruolo di sempre maggiore importanza.

“LAB&CHEMICAL WEB EDITION 2020”, in programma il 14 ottobre 2020, è l’Evento che sarà dedicato proprio all’industria chimica farmaceutica e sarà il punto d’incontro in modalità digitale per ascoltare direttamente dalle AZIENDE le loro esperienze, ma soprattutto le loro novità in tema di applicazioni,  soluzioni, strategie, prodotti, servizi e tecnologie attraverso una presentazione mirata e la condivisione in networking su piattaforma ZOOM, on line, e anche attraverso il canale YouTube dedicato e i profili social, in particolare Linkedin che conta una Community qualificata di circa 3.000 contatti.

Si parlerà perciò di temi attuali e interessanti nell’ambito chimico-farmaceutico, in primo piano: Analisi – Laboratorio di settore – Ricerca – Life Sciences – Medicale – Biotecnologie e Nanotecnologie – Chimica – Farmaceutica – Affari Regolatori – LIMS – Strumentazione e Tecnologie – Spettroscopia e Cromatografia – Bioprocessing Equipment – Biosicurezza e biocontenimento – Arredi e Cappe – Prodotti e Reagenti – e altro ancora.

IL PACCHETTO DI PARTECIPAZIONE per le Aziende che desiderano partecipare all’Evento è composto da:  

** uno speech di presentazione di circa 15 minuti

** share-screen della presentazione

** scambio in diretta di domande e risposte

** pubblicazione on line di un COVER BANNER dell’azienda (misure 450×225 pixel formato Jpg o Pdf) in HOME PAGE sul portale www.progettoindustria.com,  con link diretto al sito web dell’azienda

** pubblicazione di un articolo applicativo o istituzionale o di prodotto sul portale, nello Speciale dedicato all’Evento

** pubblicazione on line di un video sul portale, nello Speciale dedicato all’Evento

** pubblicazione e diffusione del video dell’evento anche sul canale YouTube industriavideochannel

** condivisione dell’intero evento e dei singoli video relativi alle aziende su LinKedin (oltre 3.000 contatti qualificati, in crescita) e sui principali profili social

Per maggiori informazioni e prezzi, contattate pure la mail: promozione@progettoindustria.com.

Riciclo chimico nell’industria delle materie plastiche

riciclo chimico by BASF

Sull’onda della nuova Plastics Strategy varata dalla Commissione europea, dopo anni di quiescenza, si ricomincia a parlare di riciclo chimico

Appare infatti ormai assodato che il riciclo meccanico, da solo, non è sufficiente per raggiungere gli ambiziosi obiettivi posti da Bruxelles all’industria delle materie plastiche.

Riportando i rifiuti plastici al loro stato originario, è possibile riutilizzare in ottica circolare anche i rifiuti eterogenei, multimateriale o contenenti additivi che ne rendono poco conveniente il riciclo per via meccanica. 

Che si tratti di depolimerizzazione, pirolisi o gassificazione, si possono ottenere materie prime rigenerate praticamente da qualsiasi ammasso di rifiuto plastico, e soprattutto senza degradazione delle caratteristiche fisico meccaniche del manufatto finale che – entro certi limiti – può essere anche conforme al contatto con gli alimenti.

BASF e il “ChemCycling”

A credere nel riciclo chimico, tanto da avviare partnership a valle con importanti produttori di imballaggi e componenti auto, è il gruppo tedesco BASF, che ha lanciato il programma ChemCycling.

Si tratta di un processo basato sulla pirolisi di rifiuti plastici eterogenei, difficili da trattare per via meccanica (compresi espansi come l’EPS), trasformati in oli sintetici da aggiungere in steam cracking per ottenere nuove materie prime, come etilene o propilene, alternative a quelle fossili, con cui produrre nuovi polimeri senza scadimento delle proprietà intrinseche.

A questo scopo il gruppo tedesco ha stretto un’alleanza con Quantafuel, titolare di un processo integrato per la pirolisi di rifiuti plastici e la successiva purificazione degli oli ottenuti. Accordo sancito da un investimento di 20 milioni di euro, che BASF ha iniettato nella società norvegese per accelerare lo sviluppo industriale del processo, anche in vista di future attività di licensing. Quantafuel ha in programma di avviare entro la fine di quest’anno, a Skive (Danimarca), un impianto con capacità di 16.000 tonnellate annue.

Attraverso il processo di pirolisi ChemCycling, BASF trasformerà rifiuti plastici eterogenei difficili da trattare per via meccanica in oli sintetici per ottenere nuove materie prime via steam cracking.

Come parte dell’accordo, BASF avrà il diritto di prelazione su tutto l’olio di pirolisi e gli idrocarburi purificati prodotti per un periodo minimo di quattro anni dall’avvio dell’unità.

Le materie prime così ottenute saranno utilizzate nel polo chimico di Ludwigshafen, dove il gruppo ha sede ha sede, per ottenere nuove materie plastiche – contraddistinte dal suffisso Ccycled – destinate ad applicazioni realizzate in collaborazione con selezionati partner industriali.

Per passare dagli impianti pilota all’industrializzazione del processo, oltre agli aspetti tecnologici ed economici, vanno chiarite anche le questioni normative, come sottolinea Klaus Ries, responsabile Styrenic Foams di BASF: «Il riciclo chimico e il bilancio di massa devono essere inseriti nel calcolo degli obiettivi fissati dalla Commissione Europea e nelle metodologie di calcolo dei tassi di riciclo il prima possibile, in quanto è l’unico modo per incrementare, sensibilmente e in modo permanente, i volumi di riciclo senza sacrificare la qualità».

Riflettori puntati sul polistirene

Anche il gruppo britannico Ineos è impegnato in diversi progetti di riciclo chimico, con particolare attenzione al trattamento di rifiuti stirenici, dove ha attivato partnership sia con altri produttori, sia con università e centri di ricerca.
Nell’ambito del progetto ResolVe, ad esempio, collabora da due anni con Neue Materialien e l’Università di Aachen al riciclo chimico di rifiuti a base di polistirene. I primi risultati hanno confermato che è possibile produrre nuovo polimero con la stessa qualità di quello vergine, partendo da stirene ricavato da depolimerizzazione chimica. Ottenuto questo risultato, i ricercatori si sono messi al lavoro per ottimizzare la resa del processo e mitigare l’effetto dei contaminanti, compresi altri polimeri presenti nei rifiuti di polistirene, in particolar modo il PET (mentre sono tollerate percentuali poliolefine fino al 10%).

Secondo Norbert Niessner, responsabile R&D/Proprietà Intellettuale di Ineos Styrolution, si può tranquillamente affermare che il polistirene può essere riciclato. «Anche grazie ai recenti progressi nelle tecnologie di selezione dei rifiuti post-consumo, sono convinto che non vi è più alcun motivo per non farlo» afferma.

Nell’ambito della piattaforma Styrenics Circular SolutionsTrinseo, Ineos Styrolution e Agilyx hanno recentemente validato la tecnologia per la depolimerizzazione di rifiuti da imballaggio di origine stirenica e ora puntano a realizzare in Europa un impianto su scala industriale con una capacità di trattamento fino a 50 tonnellate al giorno, anche se non sono stati ancora forniti dettagli su località e tempistica del progetto.
Ineos Styrolution supporta anche il progetto Plastics2Chemicals di Indaver, società del gruppo Katoen Natie specializzata nella gestione e trattamento dei rifiuti. L’obiettivo è avviare nel Porto di Anversa un impianto dimostrativo per la depolimerizzazione di rifiuti plastici a base di polistirene e poliolefine (previa separazione), con capacità di 15.000 tonnellate annue, che potrebbe entrare in funzione nella prima metà del 2021. Ineos Styrolution potrebbe utilizzare lo stirene così ottenuto all’interno di un suo impianto poco distante.

Infine, il gruppo sta lavorando con la canadese GreenMantra nella sintesi di stirene monomero ottenuto dalla depolimerizzazione termocatalitica di rifiuti post-consumo e sfridi di polistirene. Da questo processo si ottengono due flussi distinti: il principale è polistirene a basso peso molecolare, che ha possibili impieghi negli additivi per inchiostri e coating, mentre quello secondario è costituito da stirene monomero, dal quale ottenere nuovamente polistirene.

Tacoil da rifiuti plastici

Riciclare in closed-loop rifiuti plastici da imballaggio difficili o impossibili da trattare per via meccanica è anche l’obiettivo del progetto avviato da Sabic, Unilever, Vinventions e Walki Group.

La tecnologia individuata dai partner è la conversione termochimica in assenza di ossigeno (TAC, Thermal Anaerobic Conversion) sviluppata dalla britannica Plastic Energy, dalla quale si ottiene Tacoil, un olio sintetico che Sabic immetterà nell’impianto di Geelen (Olanda) per ottenere materie plastiche che saranno fornite ai tre partner; questi, a loro volta, utilizzeranno le resine per produrre imballaggi destinati ad uso alimentare e non: Vinventions produrrà tappi sintetici per vino e Walki beni di consumo. Nei piani di Sabic e Plastic Energy c’è la costruzione di un impianto in Olanda, che potrebbe entrare in marcia nel 2021.

Il processo TAC parte dal riscaldamento dei rifiuti plastici in assenza di ossigeno (evitando così la loro combustione), che provoca una rottura delle catene polimeriche. Si ottiene così un vapore saturo di idrocarburi che, una volta condensato, può alimentare un cracker al posto di materie prime fossili per la sintesi di intermedi per la produzione di nuove materie plastiche, mentre la frazione gassosa viene impiegata per produrre l’energia necessaria agli impianti. Il processo è già stato testato con successo da Plastic Energy in due impianti in Spagna, prima a Siviglia (2014), quindi ad Almeria (2017) dove stanno operando in ciclo continuo.
Sabic ha introdotto in catalogo anche i primi gradi di compound e leghe a base di PBT (LNP Elcrin iQ) ottenuto da depolimerizzazione di bottiglie e altri rifiuti a base poliestere. Questa nuova serie comprende gradi rinforzati con fibre di vetro e cariche minerali, formulazioni ritardanti di fiamma senza alogeni e resistenti ai raggi UV, oltre a gradi suscettibili di ottenere la conformità al contatto alimentare in base agli standard FDA.

In campo anche Dow ed Eastman

Il gruppo chimico statunitense Dow si prepara a introdurre sul mercato plastiche ottenute in parte da materie prime provenienti da pirolisi di rifiuti plastici e, a questo scopo, ha siglato un accordo con l’olandese Fuenix Ecogy per la fornitura di feedostck destinati al polo di Terneuzen, nei Paesi Bassi.
Fuenix ha brevettato un processo di pirolisi capace di convertire materie plastiche eterogenee da imballaggi in un olio che può sostituire alcune materie prime (nafta, paraffine, LPG). L’azienda olandese sostiene che con una tonnellata di rifiuti si possono ottenere circa 700 chilogrammi di polimero rigenerato con le stesse caratteristiche di quello sintetizzato con materie prime vergini, anche per uso alimentare. Questo progetto rientra nell’impegno preso da Dow di incorporare almeno 100.000 tonnellate di plastiche riciclate nei materiali destinati al mercato europeo entro il 2025.

Eastman si sta invece muovendo nel riciclo chimico, mediante depolimerizzazione via metanolisi, dei rifiuti a base poliestere di scarsa qualità, difficilmente recuperabili per via meccanica e destinati quindi a essere avviati a discarica o all’incenerimento. Il gruppo statunitense è impegnato in uno studio di fattibilità tecnica sulla progettazione e costruzione di un impianto di metanolisi su scala industriale, che potrebbe entrare in funzione entro 24-36 mesi dalla conclusione degli accordi con partner della filiera interessati ad acquistare il materiale così rigenerato.

Capitali freschi per Loop Industries

Che il momento sia quello giusto, è dimostrato anche dalla disponibilità di capitale di rischio per progetti industriali nel riciclo chimico. Recentemente, la società di investimenti canadese Northern Private Capital (NPC) del multimilionario John Risley, ha deciso di investire 35 milioni di dollari per rilevare una quota del 10,5% di Loop Industries, la società che ha sviluppato un processo per il riciclo chimico di rifiuti in PET, trasformati nelle materie prime di partenza. Il nuovo azionista si è anche assicurato un’opzione, valida tre anni, per l’acquisto di ulteriori quote, fino ad arrivare al 17,3% con un esborso totale di 45 milioni di dollari. L’obiettivo è accelerare il passaggio su scala industriale del processo, che vede Loop Industries alleata con la thailandese Indorama Ventures nella costruzione del primo impianto di depolimerizzazione negli Stati Uniti, il cui avvio è previsto nel 2020.
Ancora prima di mettere in marcia le capacità, Loop Industries ha siglato accordi di fornitura pluriennale di rPET da riciclo chimico con colossi quali PepsiCo, L’Oréal Group ed Evian, il marchio di acque minerali del gruppo Danone. Alla fine dell’anno scorso, la società canadese ha anche raggiunto un accordo con Thyssenkrupp al fine di combinare la tecnologia di riciclo chimico di poliestere Loop con quella di policondensazione in continuo MTR (Melt-To-Resin) di Uhde Inventa-Fischer per produrre PET grado bottiglia partendo da rifiuti plastici post-consumo.

Un progetto nei film BOPET

Sul fronte della depolimerizzazione del PET, si segnala anche il processo LuxCR proposto da DuPont Teijin Films. L’obiettivo è trasformare i flakes di PET provenienti da sfridi o da rifiuti nel monomero di partenza – BHET (bis-β-idrossietiltereftalato) –, indistinguibile da quello vergine, da cui ottenere nuovo poliestere destinato all’estrusione di film PET biorientato (BOPET) destinato ad applicazioni di imballaggio, anche alimentare. Questa tecnologia è in grado rimuovere eventuali contaminazioni attraverso una combinazione tra filtrazione del polimero e del monomero ed estrazione mediante vuoto per alcune ore con temperature tra 270 e 300 °C. Il gruppo statunitense sta valutando altre applicazioni nell’ambito di etichette, pannelli solari, carte d’identità.

Tecnologie avanzate per ridurre gli sprechi alimentari

sprechi alimentari

Blockchain, Rfid e Prescriptive Analytics, applicate nella supply chain del comparto alimentare possono aiutare a ridurre gli sprechi alimentari

Gli sprechi alimentari rappresentano un problema particolarmente sentito a livello globale e colpisce duramente anche l’Italia. Si calcola infatti che nel nostro Paese vengano gettate ogni anno 220mila tonnellate di cibo per un valore di circa 12 miliardi, a cui vanno aggiunti gli sprechi alimentari di filiera (produzione – distribuzione), stimato in oltre 3 miliardi, (ben il 21,1% del totale) per arrivare a un infelice valore di oltre 15 miliardi.

Negli ultimi anni, gli operatori della supply chain del comparto alimentare hanno adottato misure imponenti per ridurre degli sprechi alimentari, ma c’è ancora molto da fare. La produzione continua di rifiuti porta perdite di profitto per la supply chain alimentare a causa della scarsa considerazione da parte dei consumatori più attenti alla sostenibilità e delle complessità operative nel trasporto, che ostacolano l’efficienza.

Dall’aumento dei costi, alle crescenti aspettative dovute a una sempre più elevata domanda, dal monitoraggio al controllo delle scorte, le aziende della catena di approvvigionamento alimentare affrontano molte sfide nei loro sforzi per prevenire gli sprechi alimentari.

Per avere successo possono però avvalersi delle tecnologie più avanzate che, combinando l’uso di blockchain, robotica, intelligenza artificiale su dispositivi mobile,visibilità delle risorse e prescriptive analytics aiutano a ottimizzare – ad ogni livello – la supply chain così da combattere le cause degli sprechi alimentari e aumentare al contempo la profittabilità.

Blockchain

La blockchain è uno strumento indispensabile nella lotta contro gli sprechi alimentari, per quanti operano nella supply chain. Pensato originariamente come uno strumento per la gestione delle criptovalute, la blockchain può fungere da libro mastro digitale accessibile a tutti (come ad esempio un foglio di calcolo) che permette di monitorare, registrare e segnalare il movimento delle merci lungo tutta la catena del valore. Il codice a barre del prodotto viene scansionato ad ogni “checkpoint” lungo tutto il suo viaggio, dal sito di produzione al negozio, segnando così una traccia indelebile del percorso seguito e delle diverse tappe.

Grazie al costante monitoraggio, risulta più semplice identificare le aree critiche lungo la supply chain. Si consideri ad esempio un’azienda di trasporto di prodotti lattiero-caseari: nel caso ci fossero continue spedizioni compromesse e l’azienda non disponesse della tecnologia blockchain, per identificare il problema sarebbe costretta a ricostruire minuziosamente tutti gli spostamenti dei prodotti lungo la filiera, facendo tesoro diogni tipo di documentazione disponibile. Questa operazione potrebbe richiedere settimane – e per tutto il tempo i prodotti continuerebbero a deteriorarsi per cause non prontamente individuate.

Con la blockchain invece, l’ispettore incaricato, può fare un controllo immediato per registrare automaticamente il punto esatto in cui il prodotto potrebbe aver subito un trattamento non idoneo. Può accorgersi subito, per esempio, che i colli sono stati lasciati durante la notte in una struttura di cross-docking non attrezzata per lo stoccaggio refrigerato. Visitando la struttura può poi venire a scoprire che a causa di una lacuna nella formazione del personale, numerosi prodotti deperibili vengono collocati sul pavimento invece di essere messi immediatamente su un camion refrigerato. Gli sarà sufficiente organizzare nuovamente un momento di formazione degli operatori, per fare in modo che gli sprechi alimentari vengano così eliminati alla fonte.

Rfid

I tag Rfid sono essenzialmente dei codici a barre che evidenziano le informazioni dei prodotti sulle confezioni (non sarebbe infatti né economico né pratico apporre tag Rfid su ogni singolo articolo). Il loro grande vantaggio rispetto alla blockchain risiede nella quantità e immediatezza delle informazioni che sono in grado di offrire. Utilizzando i lettori Rfid si ha una visibilità istantanea dei movimenti di ogni confezione etichettata e dei livelli di scorte. 

In particolare, molte aziende della catena del valore sfruttano la tecnologia Rfid per tenere traccia della qualità e della freschezza dei prodotti alimentari durante tutto il processo di distribuzione. Grazie ai tag Rfid è possibile avere aggiornamenti in tempo reale rispetto al cibo scaduto o prossimo alla scadenza per poterlo quindi stornare tempestivamente.

A titolo di esempio, citiamo l’esperienza di un distributore che – già abituato a utilizzare la tecnologia Rfid che gli segnalava i prodotti in scadenza durante il trasporto – ha deciso di cambiare metodo riconfigurando la soluzione per ricevere segnalazioni puntuali sui prodotti in transito in scadenza entro le successive 48 ore. Questo tipo di alert permette al personale addetto alla distribuzione di rimuovere qualsiasi merce prossima alla scadenza ed evitarne così la consegna al cliente.

Lo stesso prodotto può così essere donato a banchi alimentari locali, giardini zoologici, rifugi per animali o altri enti di beneficenza prima che diventi inutilizzabile. Un semplice cambiamento di processo che ha permesso però con una azione caritatevole di ridurre in modo significativo gli sprechi alimentari.

Prescriptive Analytics

Le soluzioni Blockchain e Rfid sono ancora più efficaci se utilizzate con la prescriptive analytics, una metodologia di analisi avanzata che sfrutta i dati per determinare:

  • Cosa sta succedendo
  • Perchè è successo
  • Quanto costa non agire
  • Cosa fare per ottimizzare il risultato
  • Chi deve risolvere il problema

La prescriptive analytics semplifica ulteriormente la sostenibilità potenziando la blockchain e le soluzioni Rfid grazie ad una maggiore tempestività e praticità.

Si consideri come esempio lo scenario riferito alla vendita di prodotti caseari, gestita col solo supporto di soluzioni blockchain: queste non segnalando necessariamente l’attività in modo tempestivo, portano alla necessità di intervenire manualmente per controllare il libro mastro al fine di identificare eventuali anomalie. Questo flusso di lavoro reattivo aumenta il rischio che i clienti ricevano prodotti scaduti prima che qualcuno si accorga che c’è un problema e lo corregga.

Se il distributore coinvolto avesse utilizzato la prescriptive analytics e la blockchain in modo combinato, il gestore del cross docking avrebbe ricevuto un avviso in tempo reale del tipo: “Pallet # 3309 a rischio deterioramento; caricare immediatamente sul carrello all’alloggiamento n. 3”. Questa semplice indicazione prescrittiva, facilmente comprensibile da chiunque, avrebbe indirizzato adeguatamente il manager consentendogli di intervenire per evitare lo spreco alimentare.

Una buona soluzione di presciptive analytics può essere configurata per focalizzarsi concretamentesull’eliminazione di problemi di sprechi alimentari, come ad esempio:

  • Eccessiva produzione di rifiuti (indica le cause che determinano un aumento di rifiuti)
  • Prodotti prossimi allascadenza
  • Malfunzionamento di celle frigorifere (compresi i casi di prodotti lattiero-caseari e camion per le consegne)
  • Prodotti deperibili che sono rimasti troppo a lungo senzaadeguata refrigerazione

Un minimo di sprechi alimentari è purtroppo inevitabile, ma questo non significa che le aziende della catena di approvvigionamento alimentare non possano prevenire casi di spreco derivanti invece da errori umani, dimenticanze o inaccortezze. L’implementazione di tecnologie avanzate come blockchain, Rfid e/o prescriptive analytics è una risposta altamente innovativa per colmare queste lacune lungo tutta la supply chain. Col tempo, ciò contribuirà a ridurre gli sprechi alimentari e a preparare un futuro più sostenibile per l’intero settore.

Fonte: Guy Yehiav, Zebra Analytics, General Manager &Vice President Zebra Technologies

Digital Trasformation – I numeri dell’Industria 4.0

I numeri dell’Industry 4.0

Secondo quanto emerge dal recente studio dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, nel 2019 si sono sfiorati i 4 miliardi di euro (oltre 1.100 i progetti attivi) nel comparto della trasformazione digitale.

Se il mercato dell’Industria 4.0,  in Italia  (nell’epoca pre-Covid ) era in forte espansione, già da qualche anno, ora si tratta di ripartire (alcuni settori non si sono mai fermati, anzi hanno avuto un aumento di produzione) e guardare al futuro con ‘resilienza’, flessibilità, per una cosiddetta ‘nuova normalità’.

E, soprattutto, facendo molta innovazione.

Secondo Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl nel settore metalmeccanico – non a caso già definito il leader di un nuovo ‘sindacato Smart’ – ci attende un ‘autunno caldo’, che prevede per dopo l’estate “una poderosa corsa all’innovazione”, per “guadagnare maggiore produttività e avere aziende più sicure rispetto all’emergenza sanitaria”.

Le imprese che avevano già sviluppato la Digital transformation nell’epoca pre-Covid si sono dimostrate meno vulnerabili agli effetti nefasti della pandemia, mentre “per chi non ha investito e non investirà in innovazione ci sarà una selezione terribile”, rimarca Bentivogli.

“In questa nuova fase ci sarà un’accelerazione tecnologica ancora più forte”, rileva il segretario generale della Fim-Cisl, “che creerà fortissime discontinuità rispetto al passato”, ovvero, chi non sta al passo del cambiamento resterà irrimediabilmente indietro, per cui “ci dovrà essere un grande lavoro di accompagnamento all’innovazione”, da parte delle istituzioni, imprese, parti sociali.
Per questo Bentivogli auspica “un grande piano di re-skilling delle persone e dei lavoratori” – le macchine, purtroppo o per fortuna, imparano molto più in fretta degli umani –, facendo in modo che “il territorio sia la dimensione in cui connettere l’innovazione a tutte le imprese, comprese quelle più piccole”.

A dimostrazione della reattività imprenditoriale delle aziende italiane, a seguito dell’emergenza oggi quasi un terzo delle imprese sta riconvertendo la sua produzione o sta valutando di farlo (rispettivamente il 12% e 19%), e per il 25% di queste sono state fondamentali tecnologie 4.0 come l’IoT e il Cloud computing.

Il nuovo Report dell’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano, fornisce i nuovi dati sul settore presentando un’analisi appunto a metà del guado tra le epoche pre e post Coronavirus.

Il mercato dell’Industria 4.0 in Italia (nell’epoca pre-Covid)

Il mercato dell’Industria 4.0 in Italia nel 2019 aveva raggiunto un valore di 3,9 miliardi di euro, in crescita del 22% rispetto all’anno precedente, e quasi triplicato in 4 anni.

Il mercato è misurato dall’Osservatorio del politecnico milanese come il valore (al netto dell’Iva) dei progetti di Industria 4.0 realizzati da imprese con sede operativa in Italia, e realizzati presso imprese manifatturiere e industriali, sia italiane sia estere.

Fonte: Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano.

Questo volume di affari è in gran parte (2,3 miliardi di euro, il 60%) dedicato a progetti di connettività e acquisizione dati (Industrial IoT) e poi suddiviso tra Analytics (630 milioni), Cloud Manufacturing (325 milioni), Advanced Automation (190 milioni), Additive Manufacturing (85 milioni) e tecnologie di interfaccia uomo-macchina avanzate (55 milioni). A cui si aggiungono le attività di consulenza e formazione per progetti Industria 4.0: circa 255 milioni di euro, +17% rispetto al 2018. Insomma, un settore – prima dell’avvento della pandemia – che cresceva a ritmo sostenuto, anche se spesso spinto e sospinto, un po’ a intermittenza, dai vari incentivi statali per l’innovazione.

Incertezza, flessibilità, cambiamento

Per il 2020, originariamente si prevedeva una crescita in linea con il trend 2019, con un incremento compreso tra il 20 e il 25%, ma per effetto della pandemia si prospetta uno scenario di grande incertezza, le cui previsioni variano da uno scenario ottimistico di chiusura dell’anno quasi in linea con il budget iniziale a uno pessimistico di contrazione del fatturato 4.0 nell’ordine del 5-10%.

“Nel medio-lungo termine, in ogni caso, il sentiment verso l’industria 4.0 rimane positivo, rafforzato dalla considerazione che l’emergenza abbia accelerato la trasformazione digitale”, sottolinea  Marco Taisch, responsabile scientifico dell’Osservatorio Industria 4.0. Che rileva: “le imprese che avevano già investito in precedenza ne hanno tratto grande beneficio, ma questa è una occasione per tutte per compiere un passo avanti nel digitale. In questo senso è positivo l’impegno del Governo nel dare stabilità al piano Trasformazione 4.0”.

Un terzo delle imprese rivuole Super e Iperammortamento

Per innovare serve disponibilità di risorse, e invece nei prossimi mesi gli investimenti si preannunciano ridotti: il 26% delle aziende posporrà almeno metà di quelli originariamente pianificati, circa un quarto si concentrerà su Industrial IoT e Analytics.

Nell’incertezza del prossimo futuro, le imprese auspicano incentivi per non fermare la trasformazione digitale, in particolare una riduzione delle imposte sui prossimi esercizi contabili (33%) e una diminuzione del costo del lavoro per operatori di fabbrica (per il 30%). Ma un terzo (31%) chiede anche di rilanciare il Super e Iperammortamento per beni strumentali, di gran lunga più desiderato rispetto al credito d’imposta per ricerca e sviluppo (17%), agli incentivi per beni immateriali (18%) o a quelli per assunzione e formazione (8% e 11%).

Le smart technologies nelle aziende

A livello internazionale, nel 2019 l’Osservatorio ha censito circa 300 nuove applicazioni di smart technologies, che raggiungono complessivamente quota 1.100 (considerando anche quelle precedenti), l’88% rilevato in grandi aziende e il 12% in Pmi. L’Industrial IoT rimane la tecnologia basilare (circa 300 applicazioni, +42% in un anno), spesso abbinata all’Industrial analytics (circa 150, +39%) per prevedere il comportamento dei sistemi, gli eventi futuri. Il Cloud manufacturing (+27%) si focalizza su accessibilità, visibilità e collaborazione nei processi di supply chain.

L’additive manufacturing (più di 100 applicazioni, +34%) si consolida grazie alla flessibilità di produzione. Crescono anche le applicazioni di advanced human-machine interface nei processi di manutenzione, sviluppo prodotto e training (+20%); tra queste il 70% sono soluzioni di realtà aumentata e il 15% di realtà virtuale (15%). Crescono le applicazioni di Advanced Automation (+15%), in assemblaggio, saldatura, pressofusione, avvitatura, levigatura, lucidatura, logistica, ma anche sicurezza sul lavoro.

Innovare guardando al futuro

Secondo Alberto Dossi, vice presidente alle Politiche industriali di Assolombarda, occorre “definire un nuovo piano industriale nazionale, con un’ottica sia di breve sia di medio e lungo periodo, basato proprio sull tecnologie Smart”. Spinte dall’emergenza, molte aziende “sono riuscite a remotizzare velocemente gran parte dei processi produttivi”, fa notare Marco Stangalino, specialist IoT di Cisco, “la risposta al cambiamento dal nostro punto di osservazione è stata molto positiva”, mentre Raffaella Cagliano, docente di People Management and Organization del Politecnico di Milano, fa notare che “per innovare occorre una visione strategica e una direzione di sviluppo molto chiare, che devono portare al coinvolgimento di molti ruoli e funzioni aziendali, non solo tecnologici ma anche molte risorse umane”. E sottolinea: “l’approccio al cambiamento deve essere partecipativo all’interno dell’impresa, con una stretta collaborazione tra Project management e Change management”, in modo da unire innovazioni di processo e cambiamento dei modi e sistemi di lavoro da parte delle persone.

Camozzi Digital e Mandelli Sistemi

innovazione digitale Made in Italy
Innovazione digitale Made in Italy

Camozzi Digital è una società del Gruppo Camozzi nata nel 2015 con l’obiettivo di supportare la digitalizzazione delle aziende che operano in differenti settori manifatturieri. Lo sfruttamento del digitale e delle soluzioni IoT sono il cuore di una collaborazione all’insegna del Made in Italy più evoluto, che vede protagonisti Camozzi Digital, nata per supportare la digitalizzazione delle aziende del manifatturiero, e Mandelli Sistemi

Nella prospettiva di ripresa post Covid-19, si colloca un’interessante storia di successo tutta italiana, che ha visto come protagonisti Camozzi Digital, società del Gruppo Camozzi nata per supportare la digitalizzazione delle aziende del manifatturiero, e Mandelli Sistemi, nome storico di rinomanza mondiale nel settore dei centri di lavoro orizzontali. Una collaborazione nata ben prima che l’emergenza pandemica arrivasse a sconvolgere il nostro Paese.

Oggi questa collaborazione all’insegna del Made in Italy più evoluto si rivela in tutta la sua importanza, dal momento che punta sulla cultura e sull’innovazione per offrire al mercato contenuti, valori, idee che possono servire a dare un aiuto concreto al nostro sistema produttivo grazie allo sfruttamento della digitalizzazione e delle soluzioni Industrial Internet of Things.

innovazione digitale Made in Italy

Camozzi Digital, società del Gruppo Camozzi nata nel 2015 con l’obiettivo di supportare la digitalizzazione delle aziende che operano in differenti settori manifatturieri ha già raccolto illuminanti successi.

Questa divisione ha saputo capitalizzare le competenze trasversali in diversi ambiti di settore  (tessile, automazione industriale, macchine utensili) presenti all’interno delle aziende del Gruppo Camozzi.

L’evoluzione del mondo industriale ha portato Camozzi Digital allo sviluppo di soluzioni in grado di connettere macchinari, sistemi di immagazzinamento e logistica, impianti e fabbricati alla piattaforma Cloud, trasformandoli in un Cyber-Physical System (CPS).

L’innovazione e la conseguente integrazione digitale dei processi produttivi, combinate con le competenze di un team di ingegneri e Data Scientist, permettono la creazione di algoritmi dedicati e di sistemi di retroazione per ottimizzare i processi produttivi, i consumi energetici e la gestione del magazzino ricambi e incrementare l’Up time di macchinario e impianti.

L’approccio metodologico di Camozzi Digital consente di trasformare i dati, raccolti tramite sensori integrati nelle macchine, in valore aggiunto per il cliente in termini di risparmio di costi operativi e tempi di setup e soprattutto di maggior efficienza produttiva.

Come conferma Mandelli Sistemi, una delle principali aziende italiane per la produzione di macchine utensili. L’azienda piacentina, fondata nel 1932 da Renato Mandelli, è entrata qualche anno fa nel mondo di Industria 4.0 con il pacchetto iPum@suite4.0 (manutenzione predittiva, realtà virtuale per facilitare la manutenzione, interfaccia uomo-macchina di ultima generazione…).

“Il progetto che abbiamo avviato circa un anno fa con Camozzi Digital, in Mandelli è nato già nel 2016, quando abbiamo intrapreso un piano di ‘smartizzazione’ e digitalizzazione delle nostre soluzioni tecniche, chiamato Mandelli2020, partito poco prima del lancio di Industria 4.0, avvenuta a fine 2016”, racconta l’Ing. Saverio Gellini, Amministratore Delegato di Mandelli.

Camozzi Digital e Mandelli Sistemi
Saverio Gellini Amministratore Delegato di Mandelli

 “Abbiamo individuato cinque linee guida sulle quali portare avanti il nostro concetto di smart factory, racchiuse nel pacchetto iPum@suite4.0.

Una di queste è proprio la manutenzione predittiva, che abbiamo chiamato iPredict, finalizzata ad anticipare eventi critici che intervengono sulle macchine e permetterci quindi di offrire alla clientela un servizio migliore.

Il progetto è nato pensando proprio a come poter migliorare efficienza e puntualità per un rapporto migliore con i nostri clienti. Per circa due anni abbiamo fatto verifiche e test e verso la fine del 2018 abbiamo finalmente incontrato il Gruppo Camozzi. Grazie alle loro esperienze, portate avanti attraverso applicazioni su macchinari simili ai nostri, ci siamo convinti che presso il Gruppo Camozzi erano davvero presenti le competenze tecniche e matematiche che cercavamo per completare il nostro progetto ma anche una reale comprensione delle problematiche imposte dalle macchine e dei dati da rielaborare, rilevati dalle macchine stesse.

Questo per noi è stato un fattore determinante. Camozzi Digital e Mandelli Sistemi si sono ritrovate ad aver maturato un interesse comune in tema di innovazione digitale nell’industria e a condividere le stesse basi di partenza, motivo che li ha spinti a partire con il progetto di digitalizzazione che oggi è quasi al termine del suo iter.

“Questo caso di successo che ci vede coinvolti con Camozzi Digital anticipa addirittura le necessità del mercato. Abbiamo dato il via al progetto prima che i clienti potessero comprenderne a pieno tutte le potenzialità ma l’interesse è stato da subito palpabile”, precisa l’Ing. Marco Colombi, Responsabile Commerciale di Mandelli. “Oggi, a maggior ragione con la drammatica parentesi legata all’emergenza Coronavirus, viviamo in una fase in cui le aziende vogliono produrre sempre e solo il necessario, semplificando i processi ed evitando di fare magazzino. Più ancora che la performance ‘secca’ della macchina per il cliente è importante che la produzione sia sicura, che il flusso sia continuo e che non s’interrompa mai.

Abbiamo iniziato a parlare di questi temi ai nostri clienti prima che si manifestasse lo scenario odierno e oggi possiamo iniziare a raccoglierne i frutti.

Camozzi Digital e Mandelli Sistemi

Le macchine utensili sono oggetti estremamente complessi e con tante possibili cause di fermo. Per noi costruttori i contratti, soprattutto con le società di grandi dimensioni, prevedono impegni sulla garanzia di funzionamento e le performance richieste dai clienti arrivano anche al 97-98% di disponibilità tecnica del mezzo: è molto difficile rispondere a questo desiderata intervenendo sull’affidabilità dei singoli componenti.

Con il nostro sistema digitale, anticipando un possibile problema riusciamo a ridurre i tempi di fermata e quindi recuperare quei pochi punti percentuali sulla disponibilità tecnica delle macchine che ci permettono di differenziarci in un contesto di eccellenza”, aggiunge Colombi.

EFFICIENZA PRODUTTIVA PRIMA DI TUTTO

Camozzi Digital e Mandelli Sistemi
L’Ing. Cristian Locatelli, Direttore Generale di Camozzi Digital

L’aumento di efficienza produttiva richiesta dai clienti è un elemento chiave del progetto di Mandelli Sistemi. “Le macchine utensili, in particolare quelle che costruisce Mandelli, sono estremamente complicate e automatizzate e di conseguenza i punti di possibile inefficienza potrebbero effettivamente essere molti”, precisa Massimo Riga, Sales Representative di Camozzi Digital. “Applicando l’approccio metodologico sviluppato da Camozzi Digital, e attraverso l’implementazione di sofisticati algoritmi nati grazie alla lunga esperienza maturata in ambito industriale, è possibile rendere più efficiente la macchina prodotta da Mandelli, inserendola in un contesto di lean manufacturing e in un flusso di produzione sempre ‘teso’, permettendo al cliente di incrementare la propria profittabilità. Abbiamo collaborato con Mandelli proprio in questa direzione”, spiega l’ing. Cristian Locatelli, Direttore Generale di Camozzi Digital.

Camozzi Digital e Mandelli Sistemi

Per il momento solo alcune macchine sono state connesse, in modo che i clienti possono iniziare a valutarle, ma nel giro di 12/24 mesi Mandelli Sistemi prevede di avere l’intero parco macchine connesso in rete. “Oggi la manutenzione predittiva, che noi chiamiamo iPredict, è richiesta da tutti i clienti: il mondo Cloud è una realtà”, dichiara Saverio Gellini.

Analisi chimiche industriali: principi, strumenti e soluzioni

Laboratorio analisi chimiche

Tutela dell’ambiente, qualità dei prodotti, ottimizzazione dei processi e sicurezza: queste sono solo alcune delle ragioni per cui l’analisi chimica delle sostanze sta diventando sempre più fondamentale all’interno delle imprese di ogni settore industriale.

Protezione ambientale, qualità costante del prodotto, ottimizzazione dei processi e sicurezza: solo alcuni dei motivi per cui l’analisi dei liquidi sta diventando sempre più essenziale.

Liquidi come acqua, bevande, latticini, prodotti chimici e farmaceutici devono essere analizzati giorno dopo giorno: un compito quotidiano per soddisfare i severi regolamenti GxP e gli obiettivi di produttività durante il ciclo di vita del prodotto.

Con Endress+Hauser è possibile contare non solo su strumenti di eccellenza, progettati secondo i più elevati standard di settore, ma anche su input tecnici di altissima qualità e su team di assistenza con grande esperienza.

Taratura di pH in laboratorio

Le apparecchiature di misura devono essere ispezionate e sostituite con regolarità, il che comporta costi notevoli.

In passato, i sensori di pH venivano sostituiti allo scadere di un determinato periodo di tempo.

Questi sensori erano di tipo analogico, pertanto non era possibile tenere uno stock di sensori pretarati da sostituire velocemente. Endress+Hauser ha proposto la tecnologia digitale Memosens, la quale ha reso possibili varie migliorie.

I sensori di pH digitali Orbisint CPS11D, ora possono essere tarati in laboratorio e i dati di taratura vengono salvati direttamente nella testa dei sensori. I sensori ora possono essere utilizzati con qualsiasi cavo Memosens digitale e trasmettitore Memosens in campo.

L’Azienda ha così potuto ottenere:

• una differenza qualitativa tra taratura di laboratorio e in campo;

• continuità della produzione, grazie ai sensori di pH pretarati;

• i sensori rimangono in servizio più a lungo, poiché vengono sostituiti solo quando effettivamente necessario, non in base alle ore totali di utilizzo.

Una nota società di prodotti per la cura della persona, ha scelto di utilizzare la tecnologia Memosens digitale di Endress+Hauser per garantire la massima disponibilità dei propri strumenti di misura.

Nello stabilimento dell’Azienda in Germania, si lavora su tre turni nell’arco delle 24 ore, cinque giorni alla settimana. Le caratteristiche dell’assortimento di prodotti consentono di produrre in continuo: per questo, l’elevata disponibilità dei sistemi e dei macchinari è particolarmente importante.

Lo stabilimento chiude solo una volta all’anno, per un periodo di varie settimane, per permettere lo svolgimento di attività di manutenzione e taratura, durante le quali i misuratori – che di norma sono permanentemente installati nei sistemi – vengono messi fuori servizio, testati e tarati.

Lo stabilimento ha una procedura speciale per gestire i punti di misura del pH impiegati per la produzione e il trattamento delle acque di scarico.

Le interazioni con i fluidi di processo determinano una contaminazione generale dei sensori di pH. 2.

Il secondo caso di studio analizzato riguarda invece la più grande impresa di trasformazione del latte in Svizzera. Lo stabilimento a ovest di Zurigo, produce latte in polvere e mozzarella. In linea con il concetto di sostenibilità del caseificio premium, l’azienda applica anche l’alta efficienza energetica al suo processo di trattamento delle acque reflue.

La società è impegnata a ridurre al minimo l’onere che le sue attività produttive pongono sull’ambiente.

Gli obiettivi erano quindi:

• chiarificare in modo sostenibile le acque reflue, con una riduzione di oltre il 95% della domanda chimica di ossigeno (COD);

• raggiungere un notevole risparmio energetico. Ciò significava ridurre l’elevato carico di COD da 5.000 mg/l a circa 300 mg/l nell’ICR (Internal Circulation Reactor) situato a monte del processo produttivo, e successivamente ridurre il COD a circa 15mg/l nell’SBR (Sequencing Batch Reactor).

Impianto di trasformazione del latte: gestione delle acque reflue Impianto di trasformazione del latte: gestione delle acque reflue.

La soluzione I sistemi di Endress+Hauser garantiscono un processo di pulizia efficace nei reattori sequenziali:

• i sensori ottici digitali Oxymax COS61D assicura una rapida e continua misura dei livelli di ossigeno nelle acque di scarico;

• il trasmettitore multicanale Liquiline CM44 trasferisce i valori alla sala controllo. Il risultato è che il processo di pulizia viene supportato in modo affidabile e allo stesso tempo viene limitata la costosa fornitura di ossigeno. Inoltre, il monitoraggio del pH attraverso i sensori Orbisint CPS11D previene la fermentazione nelle acque reflue.

Attraverso i prodotti e il know how fornito da Endress+Hauser, l’azienda ha potuto:

• Ottenere il 40-50% di risparmio energetico nel processo di trattamento delle acque reflue, grazie alla precisa regolazione dell’apporto di ossigeno;

• risparmiare sui costi in tutte le fasi del processo;

• monitorare in modo simultaneo più punti di misura e parametri, utilizzando trasmettitori multicanale.

Monitoraggio del ciclo acqua/vapore in una centrale elettrica

Il terzo cliente analizzato ha costruito una nuova centrale a biomassa per la fornitura di riscaldamento nella città di Zwickau. L’impianto – completamente automatizzato – situato nella Germania orientale viene alimentato con trucioli di legno e produce 75.000 MWh di teleriscaldamento e 36.000 MWh di energia elettrica all’anno.

Per espandere al massimo la vita produttiva dell’impianto, l’azienda necessitava di un monitoraggio affidabile del ciclo acqua/vapore per rilevare le impurità che altrimenti avrebbero danneggiato le apparecchiature dell’impianto.

Inoltre, il fornitore della turbina aveva indicato un valore massimo di conducibilità di 0.2μS/cm per mantenere le condizioni di garanzia. Dal momento che l’impianto è gestito da soli sette dipendenti e funziona 24 ore su 24, la soluzione doveva essere estremamente affidabile, facile da utilizzare e a bassa richiesta di manutenzione.

Monitoraggio del ciclo acqua/vapore in una centrale elettrica

Per far fronte a questa sfida, la direzione dell’impianto ha deciso di adottare la soluzione di monitoraggio SWAS (Steam/Water Analysis System) di Endress+Hauser, che è stata installata e messa in funzione in soli tre giorni.

La fornitura è costituita da più parti:

dispositivi di misura ottimizzati per la produzione di energia elettrica (9 sensori Condumax CLS15D per bassa conducibilità, 2 sensori Orbisint CPS11D per la misura di pH con anello salino e 2 trasmettitori multicanale Liquiline CM448 con registrazione dei dati integrata);

attrezzature da laboratorio per la messa in funzione e la validazione degli strumenti;

• diversi servizi di consulenza e formazione, per personalizzare la soluzione e renderla ottimale per il processo specifico;

• registrazione dei dati relativi alla qualità dell’acqua e del vapore per rispettare le condizioni di garanzia della turbina.

Utilizzando la soluzione e le competenze di Endress+Hauser, il cliente ha potuto ottenere:

• una soluzione completa SWAS in grado di operare in modo affidabile fin dal primo giorno;

• manutenzione minima e funzionamento semplice, grazie ai dispositivi con tecnologia Memosens; • elevata affidabilità e disponibilità della soluzione, che assicurano la messa in servizio ad opera di un solo dipendente.

Intelligenza artificiale nel 2020

intelligenza artificiale
Cinque modi per raggiungere nuove frontiere

Esistono cinque percorsi che possono essere intrapresi per raggiungere nuove frontiere con l’intelligenza artificiale nel corso del 2020

1. L’intelligenza artificiale diventa sempre più accessibile sul luogo di lavoro

Al passo con la continua crescita industriale dell’intelligenza artificiale, questa tecnologia si espanderà ben oltre l’universo della data science e verrà applicata, ad esempio, a dispositivi medici, alla progettazione nel settore automotive e alla sicurezza sul luogo del lavoro industriale.

Sempre più esperti di intelligenza artificiale hanno la possibilità deep learning esistenti, a dati più ricchi e a ricerche accessibili, il che consente di fare progressi in modo più rapido ed efficace.

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale avrà un impatto anche sugli utenti, in quanto strumenti quali l’etichettatura automatica consentiranno agli ingegneri di sfruttare le loro conoscenze del settore per gestire rapidamente set di dati ampi e di alta qualità, a garanzia di maggiore precisione e di probabilità di successo più elevate.

Poiché l’intelligenza artificiale è sempre più accessibile, gli utenti di svariati settori potranno utilizzarla per sviluppare progetti vincenti.

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Le App per il flusso di lavoro di deep learning includono Deep Network Designer ©MathWorks

2. La diffusione di sistemi basati sull’intelligenza artificiale aumenta la complessità dei progetti

Il fatto che l’intelligenza artificiale venga utilizzata sempre di più in sistemi quali i veicoli autonomi, i motori dei velivoli, gli impianti industriali e le turbine eoliche sottolinea il notevole impatto che avrà sulle prestazioni generali di sistemi complessi e di multidominio.

Poiché l’intelligenza artificiale viene addestrata a lavorare con più tipi di sensori, come gli IMU, il LiDAR o il Radar, si continuerà ad integrarla in una serie sempre più ampia di sistemi tecnologici.

Un progetto più complesso determina inevitabilmente la necessità di simulazioni, test continui e integrazione. La simulazione consente ai progettisti di generare dati di guasto o dati sintetici per scenari che, nel mondo reale, sarebbero troppo costosi o pericolosi.

continui test danno la possibilità ai progettisti di individuare tempestivamente i punti deboli dei set di dati di training dell’intelligenza artificiale o i difetti di progetto di altri componenti. L’integrazione unisce la fase di esplorazione del progetto, quella di test e di implementazione all’interno di un contesto di sistema completo.

La combinazione di questi metodi consente di attuare un flusso di lavoro end-to-end in grado di dominare la complessità di progettazione dei sistemi basati sull’intelligenza artificiale.

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L’IA sta trasformando l’ingegneria in quasi tutti i settori e le aree di applicazione ©MathWorks

3. L’intelligenza artificiale verrà utilizzata in dispositivi embedded a basso costo e a potenza ridotta


Nel corso del prossimo anno, assisteremo all’applicazione dell’intelligenza artificiale su dispositivi a basso costo e a potenza ridotta. In genere, l’IA è stata utilizzata nei calcoli matematici a virgola mobile per una maggiore precisione e un più facile addestramento dei modelli, escludendo dunque i dispositivi a basso costo e a potenza ridotta che si basano sulla matematica a virgola fissa.

Gli strumenti software sviluppati di recente supportano modelli di inferenza basati sull’IA con svariati livelli di calcoli matematici a virgola fissa. Si apre, così, una nuova frontiera per gli ingegneri che ora saranno in grado di integrare l’IA nei loro progetti di unità di controllo elettronico (ECU) a basso costo per sistemi quali i veicoli, i dispositivi medici e i controller di processi industriali.

4. Il reinforcement learning passa dalle applicazioni di gioco a quelle industriali del mondo reale

Nel 2020, il reinforcement learning (RL) passerà dall’universo del gioco a quello delle applicazioni industriali del mondo reale e verrà utilizzato in particolare nella guida autonoma, nei sistemi autonomi, nella progettazione dei sistemi di controllo e nella robotica.

Vedremo ottimi risultati nei casi in cui il RL verrà utilizzato come componente per migliorare un sistema più ampio, come l’ottimizzazione delle prestazioni di un conducente in un sistema di guida autonoma.

L’intelligenza artificiale è in grado di valorizzare il controller del sistema aggiungendo un agente RL per il miglioramento e l’ottimizzazione delle prestazioni, garantendo ad esempio una maggiore velocità, un consumo minimo di carburante o tempi di risposta più brevi.

Tutto ciò può essere integrato in un modello completo di sistema per guida autonoma che include modelli della dinamica del veicolo, modelli ambientali, modelli di sensori per fotocamere e algoritmi di elaborazione immagini.

5. Le simulazioni abbatteranno la barriera principale che ostacola un’adozione efficace dell’intelligenza artificiale: la mancanza di dati di qualità

Stando a quanto dichiarano gli analisti, la qualità dei dati è uno degli scogli più grandi che ostacola un uso efficace dell’IA. Il normale funzionamento quotidiano dei sistemi genera grandi quantità di dati utilizzabili.

Tuttavia, i dati più preziosi sono anche quelli più difficili da trovare, ovvero quelli derivanti da anomalie o da condizioni critiche di guasto. Per addestrare modelli di IA precisi servono moltissimi di questi dati e la simulazione consentirà di ottenere dati idonei e di abbattere questa barriera nel 2020.

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Insieme dei dati di simulazione per la gestione dei dati di guasto generati da un modello Simulink di una scatola di trasmissione ©MathWorks

Nelle applicazioni di manutenzione predittiva, come la previsione accurata della vita utile residua di una pompa in un sito industriale, questi aspetti risultano ancora più evidenti. Poiché creare dati di guasto da attrezzature fisiche sarebbe distruttivo e costoso, l’approccio migliore consiste nel generare i dati da simulazioni in grado di rappresentare un comportamento di guasto e utilizzare i dati sintetizzati per addestrare un modello di intelligenza artificiale preciso.

La simulazione diverrà ben presto essenziale per sviluppare sistemi basati sull’intelligenza artificiale. Ad esempio, nei veicoli autonomi, la simulazione può aiutare i costruttori a progettare, verificare e implementare dei veicoli a guida autonoma nuovi e innovativi, fino ai componenti essenziali come il software embedded. Per maggiori informazioni, visitate la sezione del sito MathWorks dedicata all’Intelligenza Artificiale.

Ansaldo Energia e Covid-19

Ansaldo Energia gestire fase 2
Gestire la fase 2 tra test sierologici e alta tecnologia

Il caso di Ansaldo Energia è significativo per spiegare come, in una situazione così incerta e difficile, le aziende stiano cercando di reagire per creare le condizioni più veloci per garantire continuità operativa e ritornare, nella fase 2, a un’operatività piena in tempi relativamente brevi

Un recente articolo del Wall Street Journal, oltre alla Ferrari, cita proprio l’impianto genovese di produzione delle turbine, assieme ad altre aziende italiane, come case history per spiegare il modo in cui le imprese si sono organizzate.

Aziende che, in tempi molto rapidi, hanno posto in essere la sanificazione del sito, individuando tutti gli strumenti di processo, di informazione e di protocollo tecnologico necessario per garantire la piena sicurezza delle persone che ci lavorano e la continuità operativa.

Luca Manuelli, Chief Digital Officer di Ansaldo Energia e Presidente del Cluster nazionale Fabbrica Intelligente ha rilasciato di recente alcune dichiarazioni.

Per l’azienda genovese la situazione si è rivelata particolarmente complessa: “Siamo stati sfortunati – spiega Manuelli – perché da un lato abbiamo rallentato le nostre attività operative, ma dall’altro dovevamo pur sempre  garantire il supporto e la continuità operativa ai nostri clienti che gestiscono centrali elettriche nelle zone più critiche. Purtroppo, nel momento in cui eravamo pronti per ripartire ci siamo trovati fuori dalla lista Ateco. Ci siamo rimessi in moto grazie al sistema delle autorizzazioni prefettizie, perché i nostri clienti ci chiedevano garanzie sul supporto. Quindi abbiamo lavorato verso la data del 4 maggio per una graduale continuità operativa. Entro maggio saremo a pieno regime”.

Ingressi frazionati, test sierologici e alta tecnologia, sono le parole chiave per una corretta ripartenza

ANSALDO ENERGIA, quindi, ha creato un’unità di crisi, guidata personalmente dal Ceo Giuseppe Marino, per la gestione dell’emergenza.

Per la riapertura è stato sviluppato un protocollo che ha permesso di gestire questa situazione. “Le persone lavorano su tre turni in modo, ovviamente, da diversificare anche le modalità di accesso alla fabbrica. Una delle criticità principali erano gli spogliatoi, problema che è stato risolto noleggiando prefabbricati ad hoc che hanno permesso di aumentare la capacità di 250 posti con maggiore distanziamento. C’è poi il problema dei mezzi pubblici: avendo una buona capacità di parcheggi, in questa fase è stato caldamente incoraggiato l’utilizzo delle auto private.

All’ingresso della fabbrica viene effettuato uno screening della temperatura, e poi attraverso i test sierologici, introdotti in concerto con le ASL, le strutture sanitarie regionali e i sindacati, c’è la possibilità di intervenire immediatamente in caso di positività, con un protocollo attivato con il Policlinico San Martino di Genova che è in grado di restituire i risultati di un tampone in 48 ore, e quindi dare immediatamente tutte le informazioni necessarie”.

A questo si aggiunge anche il lavoro fatto sui temi dell’alta tecnologia legata alla prevenzione e alla sicurezza sul lavoro. “Noi avevamo già selezionato Smart Track, che è una spin-off genovese che si occupa di tecnologie wearable – prosegue Manuelli – che ha sviluppato un sistema che non solo permette la verifica del distanziamento nella fabbrica ma offre anche la possibilità, nel rispetto della privacy e delle normative del lavoro, di avere tutti i dati sulla tracciabilità delle relazioni che gli operai hanno nel corso della loro attività. Abbiamo così iniziato a costruire anche degli ambiti di ulteriore adattamento dalle nuove tecnologie, che ci permettono di superare questo livello di emergenza. Questo ci permetterà di arrivare, entro il mese di maggio, tra il 70 e l’80% della continuità operativa”.

Lo Smart working, da emergenza a nuovo modello di sviluppo

 “L’altro miracolo che i miei colleghi hanno fatto – afferma il CDO di Ansaldo Energia – è stato quello di portare 2 mila persone in tutto il mondo in smart working. In questo caso si è potuto usufruire dell’infrastruttura tecnologica che era stata messa a punto all’epoca del crollo del ponte Morandi, quando eravamo riusciti a collegare in poco tempo circa 250 persone che, per motivi fisici e logistici, non riuscivano a raggiungere il posto di lavoro. Per noi è stato fondamentale maturare questa resilienza e poter utilizzare anche oggi questa tecnologia”. Un nuovo modello di lavoro, quindi, che potrà diventare strategico in tempi abbastanza brevi. “Abbiamo visto che, su certi processi, lavorare a distanza in maniera integrata genera diversi benefici – continua Manuelli – una produttività uguale, se non addirittura maggiore, un forte livello di motivazione, ma anche minori emissioni di CO2, che derivano dal minor traffico. Ansaldo Energia, quindi, farà tesoro anche di questa esperienza e, alla fine, avremo un modello ibrido nel quale accanto alle attività operative della fabbrica, perché alla fine il prodotto fisico, che siano turbine o centrali elettriche, deve essere prodotto, ce ne saranno altre che porteremo avanti da remoto”.

Mitsubishi Electric lancia Mentor ME

Mitsubishi Electric lancia Mentor ME

Una nuova esperienza di didattica digitale per la formazione tecnica delle scuole superiori in ambito Automazione Industriale e Climatizzazione

Ideata dalla Filiale Italiana di Mitsubishi Electric la piattaforma, completamente gratuita, fornisce agli studenti degli istituti tecnici innovativi percorsi di e-learning e smartworking per orientarsi, acquisire competenze per svolgere mandati operativi e conseguire un attestato ufficiale di alternanza in azienda

In questo momento la scuola italiana si trova al centro di una profonda trasformazione didattica dettata dal delicato contesto che stiamo vivendoe dentro al quale è chiamata a rispondere alle mutate esigenze formative, per continuare a offrire ai propri giovani un percorso di didattica digitale efficiente.

In questa circostanza, gli strumenti digitali rappresentano una soluzione reale per permettere agli studenti di ogni scuola di accedere a contenuti multimediali e ai docenti di garantire progressione e continuità nella formazione.

Mitsubishi Electric, leader mondiale nella produzione, marketing e commercializzazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, al servizio dell’automazione industriale, mette ora a disposizione delle scuole italiane Mentor ME, una piattaforma online a supporto della didattica in ambito tecnico, totalmente gratuita e nata con l’obiettivo di fornire ai giovani strumenti di e-learning e smartworking per formarsi e orientarsi nei settori dell’Automazione Industriale e della Climatizzazione, per una nuova esperienza di alternanza scuola-lavoro. 

Partita in fase di testing nel Settembre 2019 nel distretto didattico della provincia di Monza e Brianza (MB), sede della filiale italiana dell’azienda, Mentor ME oggi ha già coinvolto quasi 100 istituti tecnici di secondo grado e oltre 1.300 studenti esono oltre 45 i docenti che, avendone riconosciuta la validità didattica, hanno introdotto nei loro istituti questi percorsi che combinano competenze fruibili in modalità e-learning con attività da sviluppare in smartworking. Mentor ME aiuta infatti anche ad aggiornare i docenti sulle più avanzate tecnologie disponibili nel settore dell’Automazione Industriale e della Climatizzazione.

Tomoyuki Sugai, Presidente della filiale italiana di Mitsubishi Electric, dichiara: ‘Mentor ME è un progetto che per noi ha l’obiettivo di consentire agli studenti di tutta Italia di affiancare alla formazione teorica nuove nozioni utili per il loro futuro professionale e di fare esperienze pratiche che incoraggiano l’ingegno, senza muoversi dalla propria scrivania o dal proprio banco scolastico. La scelta del progetto della modalità in smartworking permette di raggiungere un elevatissimo numero di studenti e di istituti aprendo scenari inaspettati nella fruizione della didattica.

E’ un’iniziativa che dà continuità ai nostri valori di azienda responsabile nei confronti della società in cui opera, del suo progresso e della sua crescita sostenibile, per un futuro fatto di continua innovazione”.

La piattaforma: laboratorio virtuale tra scuola e impresa

Mentor ME è una vera e propria esperienza di ‘telelavoro’ digitale guidata da un tutor esperto (docente) che favorisce nei giovani l’acquisizione di competenze fondamentali in ambitoprofessionale.


Gli studenti, proprio come accadrebbe in un contesto fisico aziendale, si trovano seduti a una scrivania virtuale, di fronte a contenuti da studiare e rielaborare, ma anche a prove da svolgere, strategie da individuare, idee da progettare e portare a termine. Il tutto attraverso l’uso di tecnologie e supporti didattici digitali di facile utilizzo.  

Mentor ME si compone di un modulo introduttivo, uguale per tutti gli orientamenti, finalizzato a conoscere le attività e i processi di un’azienda come Mitsubishi Electric.

Esso comprende diverse video lezioni seguite da un test di verifica a cui ogni studente dovrà rispondere per completare il modulo didattico e acquisire la certificazione delle ore di PCTO (o alternanza scuola-lavoro) svolte.

Il modulo formativo introduttivo, comune tra i due percorsi tecnici proposti, accompagna l’utente nel mondo Mitsubishi Electric attraverso la storia e i valori aziendali dove gli studenti potranno entrare in contatto con la realtà aziendale.

Sarà poi compito dell’insegnante iscrivere le classi al percorso professionalizzante che ritiene più idoneo tra:

  1. Automazione Industriale e Meccatronica
  2. Climatizzazione

È in ciascuno di questi moduli che i ragazzi possono usufruire di contenuti di e-learning di qualità in formato digitale, con lo stesso livello di aggiornamento tecnologico dei corsi proposti da Mitsubishi Electric ai propri partner. La parte di e-learning prevede una sessione di approfondimento e un test di verifica finale.

L’aspetto più operativo del percorso si compie con un’attività di smartworking in cui gli studenti dovranno realizzare un vero e proprio progetto, applicando – come se lavorassero in azienda – le nozioni acquisite.


Entrambi i percorsi offrono agli studenti di entrare in contatto con le regole e la terminologia di ciascun settore, integrando conoscenza e applicazione pratica, per favorire l’acquisizione di un sapere effettivamente spendibile in campo scolastico e professionale.

Non mancano tuttavia i momenti di condivisione del percorso con i propri

mentor aziendali, ma anche con i compagni di classe.

L’accesso e l’iscrizione da parte dei docenti a Mentor ME è possibile dalla piattaforma

www.educazionedigitale.it/mitsubishielectric/

Gaetano Parisi, Education Manager Divisione Climatizzazione, afferma “Di recente parte del mondo della scuola ha iniziato ad approcciare le tecnologie emergenti facendole entrare nelle aule e aggiornando la didattica attraverso un processo di innovazione digitale.

Con Mentor ME abbiamo voluto creare una piattaforma moderna di apprendimento con due obiettivi: da una parte fornire uno strumento che potesse soddisfare la richiesta didattica dei docenti con contenuti tecnologici e innovativi, difficilmente implementabili dal singolo ecosistema scolastico. Dall’altra vorremmo contribuire a colmare lo skill mismatch, il divario tra le competenze possedute da chi esce dalla scuola e quelle richieste dal mercato del lavoro”.

I dati statistici sui fabbisogni di professionalità dei prossimi anni evidenziano la necessità di competenze tecniche sempre più specializzate: entro il 2021 avremo bisogno di oltre 500 mila professioni tecniche con high skill[1], dichiara Massimiliano Grazia, Application Engineer Manager presso la Divisione Automazione Industriale. Con questo progetto Mitsubishi Electric si sta impegnando nella costruzione di profili professionali per i giovani, aiutandoli ad affrontare con l’adeguata preparazione tecnica e le giuste competenze le nuove sfide del mercato. L’obiettivo della scuola oggi deve essere quello di sviluppare percorsi di formazione tecnica che comportino la collaborazione tra aziende e giovani diplomati specializzandi, rispondendo in questo modo alle specificità dell’Industria 4.0. che prevede nuove competenze tecnologiche”.

“Le lezioni gestite da un’azienda sono un forte valore aggiunto alla didattica a scuola. L’erogazione del corso ha indubbiamente fornito spunti di ulteriore approfondimento e di riflessione perché ha seguito una linea di sviluppo orientata all’applicazione pratica, con riferimenti a situazioni e dispositivi reali, abbandonando così il livello di astrazione di una lezione teorica in aula”, afferma il prof. Francesco Russo dell’IIS A. Einstein di Vimercate.

“La piattaforma Mentor ME è un buon strumento per la formazione a distanza degli studenti, aiuta a compensare le poche ore di cui si dispongono in laboratorio e in classe. In un momento in cui ci troviamo costretti a fare formazione a distanza si è rivelato ancora più utile per mantenere i contatti con gli allievi e continuare a far esercitare gli studenti a distanza”, afferma il prof. Salvatore Sardella dell’ITI Hensemberger di Monza.

Dello stesso istituto, Matteo Cino, studente di 5° Elettrotecnica dice del modulo di Automazione Industriale frequentato: “Il corso online è stato molto utile e grazie a esso ho imparato a programmare in Ladder, utilizzando software diversi da quelli che solitamente usiamo in laboratorio. Mi piacerebbe ripetere questa esperienza approfondendo soprattutto i vantaggi dell’utilizzo dei vari software oltre a ricevere maggiori informazioni sul mondo dell’automazione di Mitsubishi Electric”.

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Mitsubishi Electric

Mitsubishi Electric, con un’esperienza di quasi 100 anni nella produzione, nel marketing e nella commercializzazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, è riconosciuta quale azienda leader a livello mondiale. I prodotti e i componenti Mitsubishi Electric trovano applicazione in molteplici campi: informatica e telecomunicazioni, ricerca spaziale e comunicazioni satellitari, elettronica di consumo, tecnologia per applicazioni industriali, energia, trasporti e costruzioni. In linea con lo spirito del proprio corporate statement “Changes for the Better” e del proprio motto ambientale “Eco Changes”, Mitsubishi Electric ambisce a essere una primaria green company a livello globale, capace di arricchire la società attraverso la propria tecnologia. L’azienda si avvale della collaborazione di oltre 145.000 dipendenti nel mondo e ha raggiunto nell’anno fiscale terminato il 31 marzo 2019 un fatturato complessivo di 4.519,9 miliardi di Yen (40,7 miliardi di USS*). In Europa è presente dal 1969 con insediamenti in 18 Paesi: Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Olanda, Italia, Irlanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Regno Unito, Turchia e Ungheria. La filiale italiana, costituita nel 1985, opera con cinque divisioni commerciali: Climatizzazione – climatizzazione per ambienti residenziali, commerciali e industriali, riscaldamento, deumidificazione e trattamento aria; Automazione Industriale e Meccatronica – apparecchi e sistemi per l’automazione industriale; Semiconduttori – componentistica elettronica; Automotive – sistemi e componenti per il controllo dei dispositivi di auto e moto veicoli; Trasporti – prodotti e  sistemi per il settore dei trasporti ferroviari.

Per maggiori informazioni visitare il sito: www.it.mitsubishielectric.com/it/


Rockwell Automation: produzione flessibile

produzione flessibile
Le 5 priorità per adattarsi ai cambiamenti di mercato

Per molti produttori, la flessibilità rappresenta un obiettivo fondamentale e lo è a ragion veduta. In tutti i segmenti industriali, le aziende che hanno dimostrato di essere in grado di attuare modelli operativi flessibili oggi occupano posizioni di leadership nei loro settori

Basta pensare all’impegno di Amazon e Alibaba nel fornire ai propri clienti una customer experience senza precedenti, oppure,  a come le aziende produttrici di automobili si stiano adeguando alle normative per la riduzione delle emissioni di carbonio. Di fronte a nuovi scenari e condizioni di mercato, la flessibilità ha sempre la meglio sulla rigidità.

Cosa vuol dire essere un produttore flessibile

Cosa implica, però, essere un produttore flessibile? Flessibilità significa rapidità di adattamento. Significa creare un flusso ininterrotto cha va dal bisogno alla consegna, dalla decisione all’implementazione e dalla sfida alla soluzione.

La vera flessibilità consente ai produttori di essere costantemente in sintonia con il proprio mercato attraverso l’introduzione di livelli di controllo e di reattività che vanno a prendere il posto di modelli operativi rigidi e statici

La flessibilità è un concetto che va oltre la semplice tecnologia, benchè sia proprio questa a rappresentare  il cuore della trasformazione e a continuare a guidare e rendere possibili nuovi modi di innovare. Tuttavia, la tecnologia da sola non può ingenerare un cambiamento di velocità e deve essere associata  a un quadro organizzativo flessibile. Per questo motivo, è necessario guardare al di là dei soliti aspetti ed individuare le aree che consentiranno di operare in modo flessibile all’interno della propria organizzazione.

Focalizzare l’attenzione su 5 priorità

Per incrementare la flessibilità è bene, come prima cosa, individuare possibili ostacoli e colli di bottiglia. Per fare ciò è necessario avviare una completa valutazione di ogni area che possa contribuire a soddisfare le esigenze del mercato. Questa supervisione, oltre che risolvere eventuali attriti, consente anche di migliorare l’allocazione delle risorse per continuare a migliorare gli aspetti organizzativi. 

La nostra esperienza con i clienti ci ha portato a dare la priorità alle seguenti aree:

Tecnologia: a livello tecnico, una maggiore flessibilità può essere raggiunta grazie all’adozione di sistemi intelligenti. Per molti decenni, la produzione è stata basata su linee di produzione statiche e scollegate, controllate da sistemi di operation technology (OT) spesso scarsamente duttili. Ora, nell’era di digitalizzazione, i produttori possono convergere i sistemi OT con quelli IT e dischiudere nuove opportunità di raccolta e analisi dei dati, con livelli di dettaglio sempre più granulari. Tale analisi può essere poi utilizzata per adattare e perfezionare le attività operative secondo un ciclo di feedback auto-potenziante, man mano che i sistemi vengono utilizzati.

Competenze: uno degli errori più gravi che può commettere un produttore è quello di concentrarsi esclusivamente sulla tecnologia, trascurando il fattore umano. Operatori qualificati, tecnici specializzati e analisti sono solo alcune delle figure professionali necessarie per una produzione flessibile. L’uso di funzionalità avanzate è strettamente correlato alla capacità, da parte del personale, di sfruttarle. La specializzazione e l’impegno nell’aggiornare le competenze supportano l’approccio flessibile, e fanno sì  che il cambiamento tecnologico vada di pari passo con le capacità delle risorse. 

Supporto esecutivo: la flessibilità coinvolge anche i livelli decisionali. Scegliere di produrre un nuovo prodotto a fronte di emergenti richieste da parte dei clienti, o di sospendere una linea di prodotti che, fino a poco tempo prima, era redditizia per rispondere a palesi cambiamenti del mercato, richiedono un processo decisionale rapido e collaborativo. Avere dalla propria parte degli sponsor a livello executive, che preferibilmente includano una vasta rappresentanza delle business unit e che siano sostenuti da chiari modelli di governance, può incrementare le probabilità di successo di un progetto di innovazione.

Modelli di consumo: uno dei maggiori trend commerciali dell’ultimo decennio è stato il passaggio a modelli di consumo basati sugli abbonamenti. Lo abbiamo visto nelle app e nei servizi online che utilizziamo e ora vediamo lo stesso approccio applicato ad aree storicamente ad alta intensità di capitale. Possedere macchinari fisici è un impegno considerevole e lega il produttore all’asset durante tutto il suo ciclo di vita. I produttori hanno constatato che, al fine di disporre di maggiore flessibilità, un approccio Machine-as-a-Service può contribuire ad aumentare l’efficienza degli OpEx, offrendo una maggiore capacità di aggiornamento o di cambiamento in linea con le nuove funzionalità che si affacciano sul mercato. 

Comprensione del mercato: l’ultima area è relativa alla comprensione del cliente. Tradizionalmente, in molte aziende , il marketing viene visto come una funzione a compartimento stagno, responsabile dell’incremento delle vendite, ma senza alcun input diretto sul prodotto. Un approccio che non è più perseguibile.

Oggi, per essere un passo avanti rispetto al mercato, le vendite e il marketing devono essere direttamente  connessi alla produzione. La comprensione del profilo del cliente, della sua esigenza (immediata) e delle modalità secondo le quali desidera gli sia consegnato il bene,  permette alla produzione di adattarsi di conseguenza e di soddisfare i suoi desideri. Questo vale per le caratteristiche e la qualità del prodotto, così come per le questioni relative alle pratiche etiche e sostenibili, che sono sempre più al centro dell’attenzione dei clienti.

Essere operativi, evolvere velocemente

Superare l’inflessibilità in ciascuna di queste aree chiave può contribuire a creare una solida base su cui costruire e operare. Noi supportiamo i clienti nella valutazione di ciascuna di queste aree nell’ambito della loro operatività e proponiamo soluzioni per il miglioramento. 

Attraverso un’estesa rete di partner, siamo in grado  di offrire supporto in fase di progettazione e di realizzare un proof of concept che permette ai nostri clienti di testare l’idea in un ambiente live. Questo normalmente comporta degli investimenti iniziali e l’allocazione di risorse finalizzati al mantenimento delle nuove attività per alcuni mesi e al monitoraggio delle prestazioni. 

Una volta dimostrata l’efficacia del concetto e definiti i processi complementari riguardo alle linee, aiutiamo i nostri clienti a evolvere fino alla piena produzione.

Flessibilità di progettazione

Trovandosi a plasmare gli ambienti di produzione di un’era più intelligente e più incentrata sul cliente, va considerato che la flessibilità rappresenta una mentalità tanto quanto un mezzo tangibile per coordinare la produzione.

Adattarsi alle mutevoli condizioni di mercato, sia in termini di cambiamenti radicali a breve termine sia di trend a lungo termine, richiede una mentalità che non si aggrappa più agli investimenti e ai modi di lavorare del passato, ma che sia disposta ad abbracciare il nuovo per raccoglierne i frutti. Ciò significa muoversi più velocemente – non solo come singola linea di produzione, ma come un’intera organizzazione– e che la velocità può venire solo da basi flessibili. 

(Fonte: Paolo Butti, Director Industry and Oem – Emea, Rockwell Automation)