CRS4: Giacomo Cao confermato alla guida, per altri 3 anni

Il prof. Giacomo Cao, docente del dipartimento di ingegneria meccanica, chimica e dei materiali dell’Università di Cagliari e presidente del distretto aerospaziale della Sardegna (DASS), è stato confermato amministratore unico per ulteriori 3 anni alla guida del CRS4

Nel corso dell’assemblea, l’amministratore unico ha riassunto i principali risultati raggiunti del mandato conferitogli il 9 luglio del 2021: 47 accordi di collaborazione sottoscritti a titolo non oneroso, tra questi anche quello stipulato con l’Associazione “La Sardegna verso l’UNESCO” per il riconoscimento dei nuraghi quale patrimonio dell’umanità; 61 contratti stipulati per progetti e servizi, per un valore complessivo di 4.252.810 euro; 98 articoli scientifici, atti di congresso e capitoli di libro pubblicati o in corso di pubblicazione di cui 8 a firma dello stesso amministratore, su prestigiose riviste scientifiche internazionali; 2 domande di brevetto depositate, di cui uno vede tra gli inventori l’amministratore; 2 marchi depositati; 32 comunicati stampa; 875 uscite sui media locali, nazionali e internazionali; 16 precari storici assunti a tempo indeterminato; implementazione del primo piano della performance nella storia del CRS4 a partire dall’annualità 2022; ristrutturazione dell’organigramma aziendale per migliorarne l’efficacia e l’efficienza gestionale; analisi professionale del fenomeno di stress da lavoro correlato; partecipazione all’Expo di Dubai 2021-2022 con una parete interattiva di proprietà del Centro dislocata nel padiglione Italia; investimento da 5 milioni di euro per il rinnovo dell’infrastruttura computazionale; attivazione di un programma di ricerca e sviluppo nel campo dei computer quantistici; attivazione del settore di ricerca “aerospazio e tecnologie digitali”; creazione di un advisory board (comitato consultivo) di alto profilo tecnico e scientifico a livello internazionale.

Giacomo Cao, amministratore unico del CRS4 ha dichiarato: “Ringrazio sentitamente il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas e Sardegna Ricerche per aver apprezzato il lavoro svolto in questo primo biennio. Sono contento di poter proseguire nel mandato per raggiungere importanti traguardi con particolare riferimento alle tecnologie legate ai computer quantistici e all’esplorazione dello spazio profondo che avranno una crescita esponenziale nei prossimi decenni. Vorrei sottolineare inoltre che negli ultimi mesi il CRS4 ha partecipato alla sottomissione di progetti di ricerca e sviluppo per un valore complessivo di oltre 550 milioni di euro, che potranno dare un significativo contributo alla crescita del Centro”.

Cyber security: l’exploit del mercato in Italia

L’interesse verso la cyber security è ai massimi storici, fra imprese e istituzioni. Con la “nuova normalità” caratterizzata da modalità di lavoro in alternanza casa-ufficio e il costante aumento degli attacchi, molte imprese italiane hanno intrapreso o potenziato gli investimenti in sicurezza informatica

Il mercato italiano della Cyber Security

Con la “nuova normalità” caratterizzata da modalità di lavoro in alternanza casa-ufficio e il costante aumento degli attacchi, molte imprese italiane hanno intrapreso o potenziato gli investimenti in sicurezza informatica. 

Nel 2021 il mercato del cyber security ha raggiunto il valore di 1,55 miliardi di euro, +13% rispetto al 2020, evidenziando un ritmo di crescita mai così elevato, con un 60% di grandi organizzazioni che ha previsto un aumento del budget destinato alle attività di sicurezza informatica.

 Il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL resta però limitato (0,08%), all’ultimo posto tra i Paesi del G7, ma l’Italia – insieme al Giappone – è l’unica nazione a non aver registrato una diminuzione nel corso dell’ultimo anno.

Di fronte a una crescita costante delle minacce (1053 incidenti gravi nel primo semestre del 2021, +15% rispetto al primo semestre 2020, secondo i dati Clusit), ben il 31% delle grandi imprese italiane rileva un ulteriore aumento degli attacchi informatici nell’ultimo anno, che va a sommarsi a quello riscontrato nei primi mesi di emergenza.

Una vera e propria “guerra cyber” in cui la sicurezza informatica è diventata la maggiore priorità di investimento nei diversi ambiti del digitale in Italia, non solo nelle grandi imprese, ma anche nelle piccole realtà.

Se l’interesse delle imprese alla cybersecurity è ai massimi storici, cresce anche l’attenzione delle istituzioni, che hanno introdotto importanti misure in questo ambito.

Le organizzazioni hanno come obiettivo, prima di tutto, quello di accrescere la consapevolezza dei dipendenti sulle minacce informatiche: di fronte al diffondersi delle nuove modalità di lavoro, il 54% delle organizzazioni giudica necessario rafforzare le iniziative di sensibilizzazione al personale sui comportamenti da adottare.

 Il PNRR prevede, nella Missione 1,  investimenti per 623 milioni di euro in presidi e competenze di cyber security nella PA e, nella Missione 4, ulteriori fondi per la ricerca e la creazione di partenariati su temi innovativi, tra cui la sicurezza informatica.

È stata introdotta l’Agenzia per la Cyber sicurezza Nazionale (ACN), verso cui le imprese si dimostrano aperte e disponibili: il 17% ha già stabilito la volontà di collaborare con l’Agenzia, più di metà (53%) è in attesa di linee guida e indicazioni, un ulteriore 22% vuole approfondire meglio il ruolo dell’organismo nell’ottica di individuare opportunità future.

 La Ricerca dell’Osservatorio Cyber Security

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Cyber security & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi al convegno “Cyber security: don’t look up“.

“Con il protrarsi dell’emergenza sanitaria, si sta consolidando la consapevolezza sull’importanza della cybersecurity, non solo nelle organizzazioni di maggiori dimensioni, ma anche in realtà meno strutturate – afferma Gabriele Faggioli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Cyber security & Data Protection -. Il mercato ha ripreso a correre, cresce la diffusione dei CISO nelle aziende, sempre più realtà hanno adottato tecnologie e rivisto i processi per aumentare la sicurezza di fronte alle minacce crescenti. Sullo sfondo, inizia ad emergere la spinta del PNRR, linfa per gli investimenti in security e punto di riferimento per le organizzazioni con la nascita della nuova Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale”.

“Il primo passo è stato compiuto: le organizzazioni hanno posto le basi per rendere la cybersecurity un elemento chiave per il loro business, intraprendendo un percorso strutturato verso una nuova fase – dice Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection -. L’Italia rimane però all’ultimo posto tra i Paesi del G7 nel rapporto tra spesa cybersecurity e PIL e il mercato del cybercrime corre veloce, con nuove tipologie di attacco sempre più sofisticate. Le organizzazioni non devono abbassare la guardia, ma muoversi elaborando una strategia a lungo termine per la sicurezza informatica”.

La compagine del mercato Cyber security

Il 60% delle grandi imprese italiane ha aumentato il budget per la sicurezza informatica nel 2021.

Il mercato italiano di 1,55 miliardi di euro è composto per il 52% da soluzioni di security come Vulnerability Management e Penetration Testing, SIEM, Identity and Access Management, Intrusion Detection, Data Loss Prevention, Risk and Compliance Management e Threat Intelligence, e per il 48% da servizi professionali e servizi gestiti.

Gli aspetti di security più tradizionali continuano a coprire le quote maggiori, con il 31% della spesa dedicata a Network & Wireless Security, ma gli aumenti più significativi riguardano Endpoint Security e Cloud Security.

Con le nuove modalità di lavoro, la protezione dei dispositivi continua a essere un elemento cruciale e l’adozione di applicazioni e piattaforme Cloud rende necessaria una specifica attenzione a questo ambito.

La dinamicità del mercato viene poi confermata lato offerta dalle 13 operazioni straordinarie di acquisizione, aggregazione e quotazione che hanno riguardato 24 realtà italiane di servizi e soluzioni in ambito security, per un giro d’affari pari a diverse centinaia di milioni di euro.

L’organizzazione della cyber security

Dopo anni in cui l’organizzazione della cybersecurity è stata pressoché cristallizzata, nel 2021 cresce di 5 punti la presenza formale del responsabile della sicurezza informatica. Il presidio è oggi affidato nel 46% delle imprese italiane al Chief Information Security Officer, che nella maggioranza dei casi riporta alla Direzione IT (34%) e ha un team dedicato a supporto nel 78% dei casi.

Il 58% delle imprese ha definito un piano di formazione strutturato sulle tematiche di cybersecurity e data protection rivolto a tutti i dipendenti, mentre l’11% si è focalizzato sulla formazione di specifiche funzioni più a rischio. Nel 30% dei casi sono state realizzate azioni di sensibilizzazione meno strutturate e sporadiche, solo nell’1% non sono del tutto previste attività di formazione.

La gestione del rischio cyber

Il Covid-19 ha lasciato uno strascico negativo nell’approccio al rischio cyber, aumentando la difficoltà nell’adottare una visione olistica e strategica.

Se il numero complessivo di aziende che lo affrontano rimane invariato (38%), diminuiscono di 11 punti percentuali quelle che lo gestiscono in un processo integrato di risk management.

Aumentano invece le organizzazioni che lo trattano come un rischio a sé stante all’interno di una singola funzione (49%).

*L’edizione 2021 Osservatorio Cybersecurity & Data Protection è stata realizzata con il patrocinio di ANRA – Associazione Nazionale dei Risk Manager e Responsabili Assicurazioni Aziendali, Assintel e CLUSIT

PNRR, nuove misure: Investimenti sostenibili 4.0

Si tratta di aiuti legati a investimenti sostenibili in tecnologie 4.0, economia circolare e risparmio energetico nell’ambito del DL appena approvato in ordine al PNRR

La misura, chiamata Investimenti sostenibili 4.0, ha l’obiettivo di favorire la trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, e superare la contrazione causata dal Covid, anche riorientando la ripresa degli investimenti verso ambiti strategici per la competitività e la crescita sostenibile del sistema economico.

La dotazione finanziaria complessiva è pari a euro 677.875.519,57, di cui:

  • 250.207.123,57 euro per le Regioni del Centro-Nord a valere sulle risorse dell’iniziativa “REACT – EU” destinate all’Asse prioritario VI del Programma Operativo Nazionale (PON) “Imprese e competitività” 2014-2020
  • 427.668.396,00 euro per le Regioni del Mezzogiorno.

Una quota pari al 25% della dotazione finanziaria complessiva è destinata ai programmi proposti dalle micro e piccole imprese.

A chi si rivolge

Ecco i requisiti richiesti alle micro, piccole e medie imprese per poter beneficiare degli investimenti sostenibili.

Queste devono:

  • essere regolarmente costituite, iscritte e attive nel registro delle imprese
  • essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali
  • non essere già in difficoltà al 31 dicembre 2019, fatte salve le deroghe previste per le micro e piccole imprese dalla disciplina in materia di aiuti di riferimento
  • trovarsi in regime di contabilità ordinaria e disporre di almeno due bilanci approvati e depositati presso il registro delle imprese ovvero aver presentato, nel caso di imprese individuali e società di persone, almeno due dichiarazioni dei redditi
    essere in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia e urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell’ambiente ed essere in regola in relazione agli obblighi contributivi
  • aver restituito somme dovute a seguito di provvedimenti di revoca di agevolazioni concesse dal Ministero
  • non aver effettuato, nei due anni precedenti la presentazione della domanda, una delocalizzazione verso l’unità produttiva oggetto dell’investimento
  • non trovarsi in una delle situazioni di esclusione previste dall’art. 5, comma 2, del DM 10 febbraio 2022.

Attività economiche ammesse agli investimenti sostenibili

Gli incentivi vengono riconosciuti per tutte le attività manifatturiere, ad eccezione delle attività connesse ad alcuni settori che subiscono limitazioni derivanti dalla normativa Ue:

  • siderurgia
  • estrazione del carbone
  • costruzione navale
  • fabbricazione delle fibre sintetiche
  • trasporti e relative infrastrutture
  • produzione e distribuzione di energia
  • infrastrutture

Esclusi dagli aiuti anche i programmi d’investimento che non garantiscono il rispetto del principio DNSH (Do No Significant Harm), cioè che “arrecano un danno significativo”.

Sono inoltre ammesse attività di servizi alle imprese.

Cosa finanzia

La misura prevede la concessione di agevolazioni in favore di programmi di investimento proposti da micro, piccole e medie imprese conformi ai principi di tutela ambientale e ad elevato contenuto tecnologico, coerente con il piano Transizione 4.0, con priorità per quelli in grado di offrire un particolare contributo agli obiettivi di sostenibilità definiti dall’Unione europea e per quelli volti, in particolare, a favorire la transizione dell’impresa verso il paradigma dell’economia circolare e a migliorare la sostenibilità energetica dell’impresa.

programmi di investimento devono:

  • prevedere l’utilizzo delle tecnologie abilitanti afferenti al piano Transizione 4.0 e l’ammontare delle spese deve risultare preponderante rispetto al totale dei costi ammissibili del programma
  • essere diretti all’ampliamento della capacità alla diversificazione della produzione, funzionale a ottenere prodotti mai fabbricati in precedenza o al cambiamento fondamentale del processo di produzione di un’unità produttiva esistente o alla realizzazione di una nuova unità produttiva
  • essere realizzati presso un’unità produttiva localizzata nel territorio nazionale
  • rispettare queste soglie di importo delle spese ammissibili:
    – nel caso di programmi di investimento da realizzare nelle Regioni Molise, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna, spese ammissibili non inferiori complessivamente a 500mila euro e non superiori a 3 milioni di euro e, comunque, all’80% del fatturato dell’ultimo bilancio approvato e depositato
    – nel caso di programmi di investimento da realizzare nelle Regioni Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Trentino Alto-Adige, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto, spese ammissibili non inferiori complessivamente a 1 milione di euro e non superiori a 3 milioni di euro e, comunque, all’80% del fatturato dell’ultimo bilancio approvato e depositato
  • essere avviati successivamente alla presentazione della domanda
  • prevedere un termine di ultimazione non successivo a 12 mesi dalla data del provvedimento di concessione delle agevolazioni.

Per i programmi caratterizzati da un particolare contenuto di sostenibilità sono previsti specifici criteri di valutazione, che consentono all’impresa proponente di conseguire un punteggio aggiuntivo nell’ambito dell’attività di valutazione dell’istanza prevista per l’accesso alle agevolazioni.

Spese ammesse

Sono ammesse alle agevolazioni le spese che riguardino:

  • macchinari, impianti e attrezzature
  • opere murarie, nei limiti del 40% del totale dei costi ammissibili
  • programmi informatici e licenze correlati all’utilizzo dei beni materiali
  • acquisizione di certificazioni ambientali
  • servizi di consulenza diretti alla definizione della diagnosi energetica, nei limiti del 3% dell’importo complessivo delle spese ammissibili e a condizione che l’effettuazione della diagnosi non costituisca un adempimento obbligatorio per l’impresa ai sensi della normativa di riferimento (solo per i progetti di investimento volti al miglioramento della sostenibilità energetica dell’impresa).

Le agevolazioni

Le agevolazioni sono concesse sotto forma di contributo in conto impianti, a copertura di una percentuale nominale massima delle spese ammissibili determinata in funzione del territorio di realizzazione dell’investimento e della dimensione delle imprese beneficiarie.

In particolare:

  • per i programmi di investimento da realizzare nei territori delle Regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, il contributo massimo è pari al 60% delle spese ammissibili per le imprese di micro e piccola dimensione e al 50% per le imprese di media dimensione
  • per i programmi di investimento da realizzare nei territori delle regioni Basilicata, Molise e Sardegna, il contributo massimo è pari al 50% delle spese ammissibili per le imprese di micro e piccola dimensione e al 40% per le imprese di media dimensione
  • per i programmi di investimento da realizzare nelle Regioni Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Trentino Alto-Adige, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto, il contributo massimo è pari al 35% per le imprese di micro e piccola dimensione e al 25% delle spese ammissibili per le imprese di media dimensione.

(a cura della Redazione)

IPACK-IMA a Fiera Milano dal 3 al 6 maggio

Ipack Ima srl è tra i maggior organizzatori di fiere B2B per il processing e packaging, tra cui IPACK-IMA e MEAT-TECH

La partnership tra l’operatore fieristico leader a livello europeo e l’associazione industriale di riferimento per il comparto packaging ha una forte valenza strategica, a conferma della vocazione di ulteriore sviluppo e internazionalizzazione della fiera.

Grazie inoltre alla rete di relazioni internazionali di UCIMA ed al supporto che le aziende associate forniscono, le manifestazioni organizzate riescono a soddisfare le attese di tutti i clienti internazionali.

Con oltre 74.000 visitatori, IPACK-IMA è l’evento di riferimento a livello internazionale per i professionisti del mercato e luogo d’incontro privilegiato per i buyers dell’industria food e non food. Un appuntamento imperdibile a Milano, che segnerà la vera ripartenza per tutti i settori rappresentati.

Un’offerta completa, trasversale, rivolta a tutta l’industria del largo consumo e beni durevoli.

Una fiera di sistema dedicata a tutte le fasi di lavorazione della filiera produttiva: dal processo al confezionamento, dal design ai materiali innovativi, dall’etichettatura al fine linea, dall’automazione alla digitalizzazione.

I settori merceologici presenti a IPACK-IMA 2022:

  • Macchine per il confezionamento primario
  • Macchine per l’imballaggio secondario
  • Macchine per l’imballaggio da trasporto e per il fine linea
  • Sistemi di etichettatura, codifica, marcatura
  • Apparecchiature ausiliarie per il confezionamento
  • Produzione di imballaggi
  • Stampa su imballaggi
  • Imballaggi primari e secondari, chiusure, erogatori
  • Imballaggi da trasporto e protettivi
  • Etichette
  • Materiali per l’imballaggio
  • Macchine e Apparecchiature Ausiliarie per il processo
  • Materie prime, ingredienti e additivi
  • Sistemi e attrezzature di movimentazione sulle linee di processo e confezionamento
  • Sistemi e componenti per l’automazione e Robotica
  • Servizi per l’industria e attività conto terzi
  • Enti, Stampa Tecnica, Associazioni

Le tecnologie e i materiali esposti sono classificati in otto BUSINESS COMMUNITY che rappresentano i rispettivi mercati di destinazione.

Grazie alle community individuate, gli interessi di espositori e visitatori si combinano in maniera semplice e immediata.

Le BUSINESS COMMUNITY sono state arricchite sulla base delle esigenze dei visitatori: otto target affini agevoleranno l’individuazione di tecnologie e materiali offrendo concrete occasioni di incontro con i propri fornitori abituali, oltre all’identificazione di nuove soluzioni applicabili a tutti i processi produttivi.

Opportunità di specializzazione industriale e trasferimento tecnologico per lo sviluppo di nuove idee: un’esperienza di visita unica per gli operatori alla ricerca dell’eccellenza.

Nel deserto dello Utah, gli astronauti simulano le condizioni di vita su Marte

Per due settimane, un equipaggio internazionale porterà avanti un ricco programma di test tecnologici e scientifici simulando le condizioni di vita su Marte

MARS PLANET – SMOPS – Spedizione nel Deserto dello UTAH

Ci vivono poco più di 200 persone. Siamo ad Hanksville, nello Utah, in mezzo al deserto, microscopico punto sulla mappa degli Stati Uniti diventato però famoso: ultimo avamposto prima di arrivare su Marte. Ed è tutto vero. Infatti in mezzo a quella terra arida da milioni di anni è stata creata la Mars Desert Research Station (MDRS) gestita dalla Mars Institute, SITI Institute con il finanziamento della NASA. Si tratta di una struttura che porta avanti, sulla Terra, la ricerca per perseguire la tecnologia, la scienza, le operazioni necessarie per l’esplorazione umana dello spazio.

Lì ci passano studiosi, scienziati, studenti con la maggior parte degli equipaggi, chiamati proprio così, che si addestrano per operazioni con esseri umani da svolgere su Marte. Secondo di quattro siti previsti come parte del MARS, Mars Analogue Research Station, con condizioni simili a quelle che si potrebbero trovare sul Pianeta Rosso. E visto che diversi scienziati sono convinti che il futuro, la sopravvivenza del genere umano dipenda dalla capacità di arrivare e colonizzare altri pianeti, non c’è posto migliore di MDRS per prepararsi. E adesso sarà una missione italiana a provare la dura vita su Marte dal 10 al 23 aprile prossimi.

Si chiama Smops la missione (acronimo di Space Medicine Operations) ed è stata creata da Mars Planet che poi non è altro che il canale italiano della Mars Society che ha la propria sede a Curno, piccolo comune in provincia di Bergamo. A partire per lo spazio, metaforicamente ma poi mica tanto, sarà un equipaggio composto da sei astronauti, quattro italiani un francese e un canadese. Chi sono i marziani? Paolo Guardabasso e Simone Partenostro, ingegneri aerospaziali, Luca Rossettini, Ceo di D-Orbit (gruppo il cui valore è stimato in 1,4 miliardi di dollari, definito dal suo creatore l’Amazon dello spazio, trasporta infatti satelliti nello spazio), Vittorio Netti, architetto spaziale, Nadia Maarouf, medico e Benjamin Pothier, ricercatore spaziale.

Durante le due settimane di missione verranno condotti diversi esperimenti, test medici, fisiologici, saranno anche studiati i livelli di stress raggiunti dagli astronauti durante i loro viaggi interspaziali, per comprenderne meglio tutti gli aspetti. Poi sarà sperimentata anche una nuova tuta spaziale progettata da Mars Planet in partnership con aziende italiane leader nel settore tessile, pensata per agevolare i movimenti al di fuori delle stazioni base. Ma non solo, ci sono sensori, tanti, in grado di fornire in tempo reale le condizioni di salute dell’astronauta. La missione è sponsorizzata dall’Agenzia Spaziale Italiana in un ambito che prevede una vasta serie di attività che fanno parte di un ampio programma di ricerca e sperimentazione. L’obiettivo finale è quello di far nascere Mars City, hub dedicato e destinato allo sviluppo delle tecnologie di tutto lo spazio. Un progetto di vastissime dimensioni che porterà Marte sempre più vicino alla Terra. E non c’è da meravigliarsi, perchè il futuro fa già parte del presente.

Paolo Guardabasso, catanese, è un ingegnere aerospaziale laureato al Politecnico di Torino, e da alcuni anni fa parte degli equipaggi, internazionali, di missioni che simulano escursioni su Marte. Nel deserto dello Utah, una delle zone del nostro pianeta che maggiormente si prestano a simulare l’ambiente marziano per periodi di alcuni giorni in isolamento, con attività extraveicolari muniti di scafandro, casco e zaino di sopravvivenza.

La nuova missione di completa simulazione di uno sbarco su Marte è prevista dal 10 al 23 aprile prossimi, e l’equipaggio internazionale di sei “martenauti” è stato selezionato da Mars Planet, la sezione italiana della Mars Society. E’ la più importante organizzazione internazionale che si occupa dei progetti futuri di missioni a Marte, fondata e guidata da Robert Zubrin (che molti definiscono il nuovo Werner von Braun) e in Italia ha sede a Curno (Bergamo) alla guida di Antonio Del Mastro.

La base MDRS dello Utah, prove di missione marziana

La prima missione di Paolo, nel maggio 2019, si è svolta alla Mars Desert Research Station (Mdrs), la stazione fondata e gestita dalla Mars Society. Paolo è stato infatti selezionato dalla Mars Society Peru, per partecipare alla terza missione “Latino-Americana (Latam)” in visita alla Mdrs. Per due settimane, l’equipaggio internazionale, composta da 4 europei e 3 Latino-americani, ha portato avanti un ricco programma di test tecnologici e scientifici.

La stazione “marziana” Mdrs comprende sei diverse strutture.

L’habitat (chiamato Hab) è un edificio cilindrico a due piani con un diametro di 8 metri. Il piano superiore ospita gli alloggi dell’equipaggio (fino a 7 membri) e un’area dove cucinare, mangiare, lavorare e rilassarsi. Il piano inferiore è dedicato alle riunioni pre e post attività extraveicolari. Vi si trova una stanza con le radio e le tute per le attività esterne, atte a simulare vere tute spaziali per missioni su Marte, un “Eva airlock” verso l’esterno, un bagno, e un altro airlock, più piccolo. Da questo si può accedere ai tunnel che portano alle altre parti della stazione: il RAMM (Repair and Maintenance Module), dedicato agli esperimenti tecnologici e alle riparazioni, la Science Dome, un laboratorio per esperimenti di microbiologia e geologia, la serra (chiamata “GreenHab”) e l’osservatorio solare Musk, che prende il nome da un importante sponsor di MDRS. Un altro osservatorio, totalmente robotico e separato dal sistema di tunnel, viene telecomandato.

I risultati tecnologici

«Insieme al collega Vittorio Netti, ora dottorando presso il Politecnico di Bari, abbiamo sperimentato alcuni droni in ambiente marziano, che faremo volare nella missione di aprile – dice Guardabasso – Il principale obiettivo era di testare questo tipo di velivoli autonomi per valutarne l’utilità nel contesto di una missione umana su Marte. Abbiamo usato un quadricottero per effettuare sopralluoghi della stazione ad una distanza ravvicinata, e un drone ad ala fissa, in grado di volare a un centinaio di metri di altezza per fotografare il suolo». Questi risultati saranno fondamentali per il supporto alle stazioni umane e all’esplorazione di Marte. Considerato che l’atmosfera marziana è sostanzialmente diversa da quella Terrestre, la dinamica del volo non è stata un obiettivo primario dell’esperimento. Un altro esperimento tecnologico, svolto da Zoe Townsend, è stato portato avanti: un rover ha testato il suo sistema di mobilità e di navigazione nel terreno accidentato disponibile nei dintorni della stazione, simile sotto molti aspetti al terreno su Marte.

Come su Marte

«Per muoverci sulla superficie desertica, avevamo dei rover elettrici biposto, per percorrere diversi chilometri, a seconda dell’obiettivo dell’attività extraveicolare. Ad esempio, Vittorio Netti ed io ci siamo allontanati per far volare il nostro drone ad ala fissa X5 in una zona sicura e priva di ostacoli. Le attività all’esterno prevedevano un numero di quattro partecipanti per due ore al massimo, mentre il resto dell’equipaggio cominciava a reidratare l’occorrente per il pranzo. I pasti erano spesso a base di riso, condito con prodotti disidratati con scadenze decennali! Qualche volta avevamo anche la fortuna di usare dei prodotti freschi, soprattutto erbe aromatiche, provenienti dalla serra della stazione.

I risultati scientifici

«Abbiamo testato diverse culture batteriche, per valutare la loro resistenza all’ambiente ostile e per testarne il ruolo nella coltivazione di piante – spiega il giovane ingegnere italiano – L’obiettivo è trovare e selezionare il giusto tipo di batteri da usare per arricchire la regolite marziana. Da un punto di vista medico, un membro dell’equipaggio ha misurato i suoi parametri vitali durante tutta la missione, generando anche degli scenari in cui veniva messo sotto sforzo durante le attività extraveicolari. Sono state effettuate molte osservazioni del cielo notturno, approfittando del quasi totalmente assente inquinamento luminoso. Tra i soggetti ripresi ci sono stati le nebulose Pellicano e Velo. Inoltre sono anche state effettuate delle osservazioni solari durante il giorno. Io ho personalmente diretto un esperimento di fattori umani, per osservare le dinamiche di gruppo in situazioni di isolamento».

Smops alle porte

La prossima missione di Guardabasso e dei suoi colleghi martenauti è chiamata “Smops” (Space Medicine Operations), quasi del tutto dedicata ad esperimenti biomedici, come mostra lo stemma della missione. Questa missione è organizzata da Paolo e il collega Vittorio in collaborazione con Mars Planet, branca italiana della Mars Society, presieduta da Antonio Del Mastro e con sede a Curno (Bergamo). Paolo e Vittorio faranno parte di una nuova spedizione con un team internazionale di ricercatori che comprende la canadese Nadia Maarouf (ricercatrice in campo biomedico), il francese Benjamin Pothier (documentarista e ricercatore in ambito di fattori umani), e gli italiani Simone Paternostro (ingegnere con esperienze in Esa), e Luca Rossettini (che dirige la società D-Orbit).

«Come durata e criteri di permanenza, questa missione ricalca la precedente – ci dice Guardabasso – e anche il sito è sempre quello della MDRS, situata nello Utah». Verrà anche sperimentata una nuova tuta per uso spaziale, progettata da Mars Planet in partnership con aziende italiane leader nel settore tessile.

I progetti futuri

Per quanto riguarda l’utilizzo di velivoli autonomi per l’esplorazione di Marte, «la sperimentazione continua, e con Vittorio Netti abbiamo lavorato ad un esperimento per la missione Amadee-20, organizzata dall’Austrian Space Forum nell’Ottobre 2021». In vista di Smops, in queste settimane si sta mettendo a punto il programma dei numerosi esperimenti, questa volta meno tecnologici e più scientifici, incentrati sulla misurazione dei parametri vitali e sulla salute dei futuri astronauti. Per Paolo Guardabasso si presenta un nuovo periodo di due settimane da trascorrere nella sua stanzetta di 4 metri per 2: «Ma è un esperienza straordinaria – dice – Mi sento già un po’ astronauta. Ho appena compiuto 30 anni e penso di poter rientrare in una prossima selezione, chissà. Nel frattempo sono già entusiasta di queste missioni terrestri. Un giorno, quando avverranno i primi sbarchi su Marte, gli astronauti avranno fatto tesoro anche delle nostre esperienze».

Transizione ecologica sviluppando le proprie risorse digitali

Non si può fare transizione ecologica senza transizione digitale. Si tratta di un concetto molto importante, che deve arrivare alle aziende e ad imprenditori e manager, oggi e in futuro, più che mai chiamati a fare innovazione procedendo su un doppio binario: trasformazione Digital e Green insieme

Una questione centrale messa in evidenza anche da Marco Taisch, professore del Politecnico di Milano e Scientific chairman del World Manufacturing Forum, in occasione dell’Industry 4.0 360 Summit.

Il docente del Politecnico milanese, esperto in innovazione dichiara: “La transizione ecologica è un fortissimo driver anche verso la transizione digitale, dato che se si può fare Digital transformation senza sostenibilità, non si può certamente fare il contrario: non si può realizzare transizione ecologica senza sviluppare le risorse digitali che la favoriscono e agevolano la decarbonizzazione”.

Per questo è importante puntare a “un Made in Italy e una manifattura circolari e sostenibili, come indicato e previsto anche all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, afferma Taisch.

Il settore manifatturiero ha una grande responsabilità nell’ambito della sostenibilità, dato che consuma tra il 30 e il 35% dell’energia usata nel mondo, e produce circa un terzo (anche qui, circa il 30-35%) della CO2 mondiale. Ma, allo stesso tempo, il mondo manifatturiero è il più grande generatore di posti di lavoro, che comprende l’occupazione anche nell’indotto e in settori come i servizi, la logistica, i trasporti.

“La soluzione per realizzare un futuro più sostenibile non può quindi certo essere una sorta di ‘decrescita felice’, un ridimensionamento delle produzioni e delle attività, ma invece le imprese non possono più ritardare l’evoluzione verso digitale e sostenibilità”, fa notare Taisch.

È una sfida di sviluppo sostenibile che apre le prospettive e che richiede anche nuovi modelli di business, come la servitizzazione delle attività manifatturiere, che è anch’essa un abilitatore di maggiore sostenibilità.

In questo scenario, l’IoT diventa fondamentale anche per rendere al consumatore in modo trasparente come funziona la fabbrica, cosa succede all’interno in termini di produzione e inquinamento, quanto un’azienda è davvero sostenibile nelle sue attività e caratteristiche di produzione.

I dati e i numeri raccolti e monitorati dell’IoT possono raccontare e mettere in evidenza anche tutto questo: saranno i dati di produzione a dire quali sono davvero le aziende più green e sostenibili, e quelle che invece si rivelano più inquinanti e nocive all’ambiente e all’uomo.

Un ruolo tecnologico importante, anche in tema di sostenibilità, è quello svolto e che può svolgere l’intelligenza artificiale (IA), nella misura in cui può permettere maggiore efficienza, maggiore produttività, meno sprechi e conseguenze inquinanti.

Intelligenza artificiale, un potenziale da sfruttare bene

Il potenziale dell’IA “è altissimo”, dice Taisch, anche se “stiamo vivendo una fase di hype dell’intelligenza artificiale per l’entusiasmo che circonda una novità tecnologica. In ogni caso, la capacità di leggere e usare dati è sempre più fondamentale, non solo a livello di economia e imprese, ma anche in ambito pubblico e statale”.

Il programma Gaia-X “è la risposta dell’Europa a queste necessità, ed è una risposta importante, per non trovarci impreparati ed esposti sul fronte delle tecnologie più evolute, credo che anche l’Italia debba investire in maniera importante su questa piattaforma e su questa risorsa”.

Anche l’aspetto etico è centrale in questo scenario, “è importante mettere delle leggi e regolamentare, come sta facendo la Commissione europea”, osserva il docente del Politecnico milanese, “ma bisogna evitare che le regole diventino solo burocrazia e quindi lacci e vincoli per le nostre imprese rispetto a quelle di altri Paesi extra-Ue dove di vincoli ce ne sono di meno”.

Sviluppare le competenze,  un impegno fondamentale

Il terzo pilastro per un’industria pronta per il futuro, insieme a sistemi intelligenti e manifattura circolare, è il capitale umano: “è un altro tema caldo e centrale, su cui dobbiamo investire sia in consapevolezza ma anche con azioni concrete”.

Secondo Taisch, la colpa del ritardo italiano non è solo delle istituzioni: “nel PNRR ci sono attenzione e risorse alle questioni delle competenze, della formazione e allo sviluppo degli Its, gli Istituti tecnici superiori, che però richiederà almeno cinque o sei anni per realizzarsi appieno”.

Anche le aziende “hanno una parte di responsabilità nel campo del mancato o dello scarso sviluppo delle competenze”, e un ruolo “è anche dei lavoratori, che spesso hanno un atteggiamento conservativo e rinunciatario ad aggiornarsi e alla formazione costante”, conclude  Taisch, “la formazione non è solo un diritto ma è anche un dovere del lavoratore”, perché “lavoratori più aggiornati e competenti abilitano aziende e fabbriche più efficienti e più produttive”, quindi in questo ambito “un po’ tutte le parti in causa hanno una parte delle responsabilità”.

Space economy: l’Italia al quinto posto nel Mondo

L’Italia è il quinto Paese al mondo, secondo in Europa, per investimenti messi in campo in relazione al Pil nella space economy

È quanto è emerso in occasione della presentazione dei dati dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano.

Il report è relativo al 2019, tuttavia, durante l’evento sono stati annunciati i dati relativi anche al 2020, anno in cui l’Italia si è piazzata al quinto posto, dopo Stati Uniti, Russia, Francia, e Cina-Giappone (a pari merito al quarto posto).  Quindi superando la Germania. Inoltre, con 589,9 milioni di euro l’Italia si attesta come terzo contribuente dell’European Space Agency (Esa) dopo Francia (1065,8 milioni) e Germania (968,6).

I fondi previsti nell’ambito del Pnrr contribuiranno a dare un’ulteriore spinta al mercato: lo stanziamento diretto allo Spazio è pari a 1,49 miliardi di euro e riguarda le linee di intervento: SatCom, Osservazione della Terra, Space factory, Accesso allo Spazio, In-orbit economy e Downstream.

“L’Europa è nella fase in cui l’economia dello spazio può rafforzare il ruolo Ue nella definizione del prossimo decennio per un’economia giusta e sostenibile e la stessa Unione può ambire a un ruolo leader divento il facilitatore effettivo della cooperazione tra gli Stati e con i partner definendo un quadro di riferimento che potrebbe andare anche oltre lo spazio”, ha affermato il Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale, Vittorio Colao, nell’illustrare i programmi dell’Italia che riguardano l’accesso allo spazio, la nuova costellazione di osservazione, l’economia in orbita, l’esplorazione lunare. “Per avere successo abbiamo bisogno di rafforzare la visione collaborativa tra i partner”.

“La Space Economy assumerà un ruolo strategico sempre più rilevante per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e transizione dell’agenda europea e italiana – evidenziano Angelo Cavallo e Antonio Ghezzi, Direttori dell’Osservatorio Space Economy -.

In questa prospettiva, per l’Italia il 2021 ha rappresentato una tappa fondamentale in cui il settore ha saputo accreditarsi come uno dei fattori chiave per la competitività internazionale e lo sviluppo sociale del Paese.

La sfida futura sarà far corrispondere i risultati alle aspettative suscitate”.

Dalle aziende dell’industria spaziale (il cosiddetto upstream), agli IT provider e system integrator (downstream) fino alle imprese utenti finali, è convinzione diffusa che le tecnologie satellitari in combinazione con le tecnologie digitali più avanzate siano oggi un driver fondamentale per l’innovazione e la sostenibilità nei settori più diversi.

In questa prospettiva saranno mobilizzati nei prossimi anni ingenti investimenti pubblici e privati, evidenzia l’Osservatorio del Polimi.

Space economy e sostenibilità

Le tecnologie satellitari sono considerate tra i driver rilevanti per raggiungere i 17 Sustainable Development Goals (Sdgs) – lo strumento adottato a livello globale per valutare la sostenibilità delle attività economiche e sociali. Ad esempio – spiega l’Osservatorio del Polimi – permettono di realizzare mappe di copertura del suolo per sviluppare modelli climatici o immagini multispettrali e radar per costruire modelli predittivi sulla deforestazione. O ancora di creare mappe di suscettibilità sulle zone a rischio frane, di monitorare i livelli di inquinamento o le dune nel deserto.

L’Osservatorio Space Economy ha studiato l’adozione di applicazioni satellitari per la sostenibilità, analizzando in particolare il contributo dell’Osservazione della Terra, della Navigazione e della Comunicazione ai diversi Sdg. Ne emerge come l’Osservazione della Terra può avere un impatto diretto su 10 Sdgs e indiretto su altri 6, la Navigazione un impatto diretto su 6 Sdgs e indiretto su altri 9, la Comunicazione un impatto diretto su 4 Sdgs e indiretto su altri 11. Ad esempio, l’Osservazione della Terra e la Navigazione possono avere un ruolo concreto nell’ottimizzare il suolo agricolo avendo un impatto sull’SDG 2 di “Zero Hunger”. Mentre i sistemi di monitoraggio remoto degli impianti possono influire positivamente sull’Sdg 7 di “Affordable and Clean Energy” che si prefigge di garantire l’accesso all’Energia.

La space economy internazionale

Il mercato della Space Economy vale 371 miliardi di dollari di ricavi a livello globale, di cui il 73% riconducibile all’industria satellitare (che include servizi satellitari di telecomunicazione, navigazione ed osservazione della Terra, prodotti per l’equipaggiamento a Terra come sensori, antenne o Gps).

“Il 2021 è stato un anno importante per la crescita dell’attività spaziale, testimoniata dall’aumento del numero di satelliti in orbita, dall’accelerazione nei viaggi spaziali con civili realizzate da aziende come SpaceX, Blue Origin, Virgin Galactic, ma soprattutto dalla consapevolezza diffusa sulla rilevanza strategica della Space Economy – sottolineano Paolo Trucco e Franco Bernelli Zazzera, Responsabili scientifici dell’Osservatorio Space Economy –.

Oggi la Space Economy è sempre più centrale nelle dinamiche di innovazione cross-settoriale delle attività economiche, nel dibattito pubblico e nelle politiche industriali di molti Paesi. I prossimi anni saranno fondamentali per un pieno sviluppo dei servizi e l’ampliamento delle opportunità, con il Pnrr e il New Deal Europeo a trainare innovazione e nuove infrastrutture nel nostro Paese”.

Le stime 2021 sono rimaste costanti rispetto all’anno precedente (il cui valore era stimato a 366 miliardi di dollari). Nel 2021 si contano 4838 satelliti in orbita, con un aumento in particolare dei piccoli satelliti (sotto i 600 kg): solo nel 2020 ne sono stati lanciati il 40% (pari a 1202 satelliti) di quelli lanciati negli ultimi 10 anni.

Ammontano a 11,5 i miliardi di dollari investiti per lo Spazio dall’Unione Europea, che si piazza al secondo posto dopo gli Stati Uniti. L’abbattimento dei costi e regolamentazioni meno stringenti hanno favorito la nascita di startup in particolare lo scorso anno: le startup hanno raccolto 12,3 miliardi di euro di finanziamenti.

Il Polimi stima che per i programmi spaziali la somma dei budget governativi a livello globale oscilli fra 86,9 miliardi e 100,7 miliardi di dollari. Per entità di spesa, nell’anno fiscale 2021, appena dopo gli Stati Uniti (ampiamente al primo posto nel mondo con gli 43,01 miliardi di dollari), viene l’Europa con 11,48 miliardi di dollari, seguita da Cina, Russia, Giappone e India: grazie a Copernicus, Egnos e Galileo, l’Ue possiede sistemi spaziali di livello mondiale, con più di 30 satelliti in orbita (e l’intenzione di raddoppiarli nei prossimi 10-15 anni) e una previsione di spesa di 14,8 miliardi di euro nel periodo 2021-2027, la somma più alta mai stanziata prima.

Sono 88 i paesi nel mondo che investono in programmi spaziali, di cui 14 hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 dotati di un’Agenzia spaziale (Asi) con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Significativi anche gli investimenti privati nelle startup della Space Economy.

Nel 2021, si stimano complessivamente 12,3 miliardi di euro di finanziamenti a livello globale, una cifra rilevante con un sempre maggiore coinvolgimento del mercato azionario: 606 imprese nel 2021 si sono quotate tramite il meccanismo di Spac (Special Purpose Acquisition Company), contro una sola nel 2020.

Decarbonizzazione dei trasporti, ecco come si muovono le aziende

Il tema della decarbonizzazione dei trasporti è in cima alle agende dei Governi e anche alla Cop26 ci si è concentrato sulla discussione per ridurre l’impatto ambientale del settore

Le emissioni del settore dei trasporti rappresentano una parte importante sulla quota totale ed è per questo che alla Cop26 di Glasgow il tema della decarbonizzazione della mobilità è stato tra i temi più discussi.

Gli incontri nei quali si sono discusse le strategie per rendere più green il settore si sono concentrate soprattutto su come organizzare e normare la transizione verso veicoli a zero emissioni ma, poiché il tema è particolarmente rilevante per quanto riguarda le merci, il focus dei negoziati ha percorso la strada della promozione di iniziative nel trasporto aereo e marittimo.

In Italia le emissioni di CO2 legate ai trasporti rappresentano circa il 25% del totale ed è per questo che il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili si è impegnato per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Per farlo sarà necessario sfruttare bene le risorse messe in campo con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) che destina il 75,6% delle risorse di competenza del Ministero a progetti per il contrasto alla crisi climatica.

In particolare è necessario potenziare in modo importante le linee ferroviarie per ridurre l’uso del trasporto su gomma.

Da qui nascono progetti per l’alta velocità, il potenziamento delle reti regionali, le interconnessioni con le aree interne, ma anche il rinnovo del parco autobus nazionale, gli investimenti per il trasporto locale sostenibile, anche marittimo, la realizzazione di ciclovie per incentivare la mobilità dolce.

Alle aziende che partecipano alla campagna Race to Zero si aggiunge anche EasyJet, la low cost del trasporto aereo, che si è impegnata a stabilire un target intermedio di riduzione delle sue emissioni di anidride carbonica per il 2035 e poi a perseguire l’obiettivo delle zero emissioni nette entro il 2050.

La compagnia aerea sta lavorando da tempo alla realizzazione di voli più sostenibili; per Johan Lundgren, Ceo di easyJet, “l’ambizione è quella di raggiungere un volo a emissioni zero nel Regno Unito e in tutta Europa e stiamo lavorando proattivamente insieme ai leader del settore, come Airbus e Wright Electric, per aiutare a supportare e promuovere le tecnologie a zero emissioni per gli aerei passeggeri del futuro“.

Oltre all’anidride carbonica, easyJet si sta concentrando anche sulla riduzione della plastica – più di 27 milioni di articoli monouso in plastica sono stati eliminati – così come sulla riduzione dei rifiuti all’interno delle sue maggiori operazioni e della catena di approvvigionamento.

La mobilità del futuro? sostenibile e pulita grazie alle rinnovabili

Come sarà per le aziende del settore la mobilità del futuro? Sostenibile, grazie all’uso delle energie rinnovabili e alla diversificazione dei vettori energetici, orientata alla qualità del servizio, con un’offerta più flessibile, integrata e personalizzata per rispondere in modo efficace alle esigenze quotidiane degli utilizzatori.

Soluzioni innovative per la mobilità sostenibile si raggiungono tramite la sperimentazione e attuazione di processi di open innovation.

Per attuarle, le imprese necessitano di procedure semplificate, chiare e veloci, di reale supporto allo sviluppo immediato di una mobilità sempre più sostenibile e innovativa”. Rafforza il concetto anche Alvise Biffi, componente di Giunta della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, per il quale “la crescita del settore dei trasporti e delle infrastrutture dovrà andare di pari passo con il miglioramento delle condizioni ambientali”.

La guida è stata realizzata per aiutare le aziende e le start-up del settore dei trasporti a orientarsi nelle nuove tendenze tecnologiche: dai veicoli elettrici e a idrogeno alla guida autonoma, dalla mobilità aerea urbana alla micromobilità, dalla Hyperloop agli aerei supersonici.

Il rapporto 2021 sulle tecnologie e sulle politiche ambientali di Cruise Lines International Association Cruise Lines International Association (Clia), associazione di categoria del settore crocieristico, ha pubblicato il Global Cruise Industry Environmental Technologies and Practices Report, realizzato da Oxford Economics, per mostrare l’impegno del settore verso pratiche di turismo responsabile e i progressi nello sviluppo di tecnologie ambientali per il settore.

Il report approfondisce anche la ricerca di combustibili alternativi e offre una valutazione sulle politiche che il settore sta mettendo in atto per sostenere il percorso di sostenibilità.

Dai dati emerge infatti che, in aggiunta al gas naturale liquido (Gnl), oltre i tre quarti della flotta globale di navi da crociera per capacità passeggeri è attualmente predisposta per utilizzare combustibili alternativi.

Le fonti di carburante alternative agli oli combustibili pesanti attualmente in fase di sperimentazione includono biodiesel, metanolo, ammoniaca, idrogeno e batterie elettriche.

Il rapporto segnala però la presenza di ostacoli ingegneristici, di fornitura e normativi, che ne rallentano l’adozione su larga scala.

Ciò nonostante, l’investimento di 26,5 miliardi di dollari da parte del settore crocieristico sta dando impulso alla ricerca e sviluppo in questo ambito.

Grafene per rendere le batterie al litio-zolfo più efficienti

Il grafene è un materiale iper-innovativo, che viene unito con il ben più diffuso zolfo, per sostituire le terre rare nelle batterie agli ioni di litio

Ecco la sfida recente Directa Plus, la società comasca quotata dal 2016 all’Aim di Londra e fondata e diretta da Giulio Cesareo che sta sperimentando questa strada con l’americana NexTech: l’obiettivo è sviluppare le batterie al litio-zolfo, che, con il grafene, diventerebbero più efficienti e di maggior durata rispetto a quelle a ioni di litio.  In più si aggirerebbe la strozzatura delle terre rare, costose e difficili da trovare.

Batterie più potenti e durature

«Siamo in una fase avanzata di sperimentazione con NexTech, un’azienda del Nevada. Ora installeranno qui accanto a noi un impianto pilota di queste batterie», annuncia Cesareo. «Hanno scoperto che il nostro grafene, essendo fatto senza chimica, secondo loro è il migliore al mondo come conduttore. L’obiettivo è fare una batteria che costa il 50% in meno rispetto agli ioni di litio, e con una energia specifica da 3 a 5 volte, che significa che un’auto farebbe quasi mille chilometri. Poi c’è la sicurezza: se la batteria agli ioni di litio prende fuoco non la spegni più questa invece non prende fuoco».

L’accordo con Norda

Di venerdì 5 è invece l’accordo con Norda per la produzione delle suole nelle scarpe da trekking, nelle quali sarà inserita la membrana di grafene di Directa Plus per uniformare la temperatura del piede con uno spessore minimo.

«Il grafene comincia ad essere richiesto dalle grandi catene della supply chain», spiega Cesareo, e anche per questo motivo i conti sono in crescita.

Il semestre si è chiuso con «il miglior risultato della storia»: +41% i ricavi a 4,56 milioni di euro e ebitda vicino al pareggio (0,44 milioni di rosso, -70%).

La spugna anti-petrolio e i filtri anti-Covid

Per il 70% circa i ricavi arrivano dall’uso ambientale nella raccolta del petrolio sversato. Directa ha creato nello stabilimento di Lomazzo una specie di spugna di grafene riutilizzabile («Grafysorber») con cui in Romania ha recuperato oltre 6,5 mila tonnellate di petrolio, reimmesso in raffineria.

Il resto arriva dal tessile e dai filtri antibatterici e antivirali a partire dalle mascherine anti-Covid al grafene «che non solo bloccano il virus ma ne uccidono il 90% come testato dall’Università Cattolica e dalla Sapienza»— dice Cesareo — e dall’uso del grafene come coadiuvante degli asfalti, per aumentarne tenuta e durata. E tra gli studi ce n’è un altro nell’elettronica consumer. Il break even è alle porte: dovrebbe essere raggiunto nel 2022.

 L’azionista statunitense

Primo azionista è diventato il miliardario (di origine cinese/sudafricana), Patrick Soon-Shiong, già inventore del farmaco anticancro Abraxaneha e investitore in biotech.

Sull’Aim da inizio anno è cresciuta di oltre il 60% a 83 milioni di sterline guadagnando più dei suoi diretti concorrenti quotati. «Il nostro socio americano è interessantissimo a quello che facciamo», continua Cesareo.

«Lavoriamo tanto con l’estero ma mi piacerebbe relazioni solide e significative con le aziende di Stato, come Leonardo o Eni e avviare con loro dei joint-lab. Le tecnologie ci sono, ora vanno messe assieme.

Se lo facciamo solo con gli stranieri, alla lunga correremo il rischio di spostare valore e innovazione sostenibile fuori dall’Italia».

REFRIGERA 2021 apre i battenti oggi a Bologna Fiere

 

 

Dal 3 al 5 novembre 2021 i protagonisti dell’intera filiera della refrigerazione si danno appuntamento al polo fieristico di Bologna Fiere per la seconda edizione di REFRIGERA, la fiera dedicata alla refrigerazione industriale, commerciale e logistica

Prima fiera europea di settore a tornare in presenza nel 2021, REFRIGERA si pone come punto di ripartenza e di rilancio del mondo della refrigerazione, grazie anche alla qualifica di manifestazione internazionale (dati statistici certificati da ISFCert – ente accreditato Accredia).

 L’evento riunisce a Bologna Fiere non solo tutti gli operatori specializzati ma anche il mondo della produzione, della distribuzione, i tecnici e i progettisti dei settori del food retail e della GDO, delle industrie alimentari, farmaceutiche, dei trasporti, della logistica, e dell’industria in generale, offrendo così una preziosa occasione di crescita professionale e di incontro tra frigoristi e il resto della filiera che consentirà di sviluppare un proficuo “networking” finalmente in presenza e di toccare con mano le novità e il meglio della produzione di settore. 

Oltre alla parte espositiva, con 150 espositori già confermati, REFRIGERA 2021 propone un fitto programma di convegni, workshop ed eventi formativi di altissimo livello che permetteranno alle migliaia di visitatori di aggiornarsi sui temi centrali e d’avanguardia per il settore, sulle nuove tecnologie, sulle ultime normative e sulle tendenze di sviluppo del mercato: le nuove frontiere nel trasporto refrigerato, l’ultrafreddo nel food e nel pharma, le connessioni tra ICT, digital innovation e refrigerazione, la questione ormai imprescindibile per qualunque settore produttivo della sostenibilità e dell’efficienza energetica, sono solo alcuni dei temi che saranno approfonditi a REFRIGERA 2021.

Dal 3 al 5 novembre a Bologna Fiere, REFRIGERA 2021 rappresenterà quindi un’occasione di business, incontro e formazione imperdibile per tutte le figure del settore, e sarà organizzata garantendo le migliori condizioni sanitarie e logistiche, in modo da offrire il più alto grado di soddisfazione, visibilità e sicurezza per espositori e visitatori.

REFRIGERA 2021 è un evento organizzato da A151 srl in collaborazione con le più importanti associazioni di settore, quali Assofrigoristi, Area, Asercom, ATF-Associazione Tecnici del Freddo, Centro Studi Galileo, Frigoristi Datoriale, OITA, etc.