Appello delle Confindustrie regionali del Nord: a rischio gli stipendi di aprile se non si riparte. Intanto il decreto imprese (Dl 8 aprile 2020, n. 23) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entra quindi in vigore. Avviare una collaborazione tra autorità pubbliche, imprese e sindacati uscendo dalla logica dei codici Ateco. Per definire un “crono programma” certo per avviare la Fase 2
Le confindustrie delle quattro regioni a maggiore vocazione manifatturiera, Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, indirizzano al Governo una proposta congiunta che ha come obiettivo il superamento del lockdown, blocco produttivo ormai non più sostenibile per le imprese.
La salute – si legge nel documento – è certamente il bene
primario, e ogni contributo affinché si possano alleviare e contrastare le
conseguenze dell’epidemia è cruciale. Se le relazioni economiche e sociali sono
colpite già ora in modo grave, si deve tuttavia essere consapevoli che all’emergenza sanitaria seguirà una
profonda crisi economica.
Riaprire in sicurezza le imprese
è la strada maestra per evitare che questa crisi si trasformi in depressione.
Se le quattro principali regioni che rappresentano il 45% del Pil – si legge
nella nota – non riusciranno a ripartire nel breve periodo il Paese rischia di
spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta
un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia.
Lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali, non fatturare. Con il risultato che molte imprese finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese. La richiesta è quella di definire una roadmap per una riapertura ordinata e in piena sicurezza delle imprese che rappresentano il cuore del sistema economico del Paese.
Realizzando un percorso chiaro e decisioni condivise con una interlocuzione costante tra Pubblica Amministrazione, Associazioni di rappresentanza delle imprese e Sindacati che indichi le tappe per condurre il sistema produttivo verso la piena operatività delle imprese.
La salute è il primo e imprescindibile obiettivo: le imprese devono poter riaprire, ma è indispensabile che lo possano fare in assoluta sicurezza, tutelando tutte le persone. Le aziende sicure devono poter lavorare. Chi non è in grado di assicurare la sicurezza necessaria nei luoghi di lavoro non può dunque aprire.
L’obiettivo è quello di definire un piano di aperture programmate di attività produttive mantenendo rigorose norme sanitarie e di distanziamento sociale. Uscendo però dalla logica dei codici Ateco, delle deroghe e delle filiere essenziali a partire dall’industria manifatturiera e dai cantieri. È una logica non più sostenibile e non corretta rispetto agli obiettivi di sanità pubblica e di sostenibilità economica. Perché il criterio guida deve essere la sicurezza.
Le imprese si sono già dotate di alcuni importanti strumenti per modulare i propri comportamenti in questa difficilissima situazione, in primis il Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro. Si tratta di un documento fondamentale, condiviso da tutti gli attori che deve trovare una rigorosissima applicazione, anche nei controlli, e costituire il principale riferimento.
Per mettere le imprese in condizione di attuarlo le quattro Confindustrie regionali chiedono accessibilità ai dispositivi di protezione individuale, la velocizzazione dei percorso di autorizzazioni da parte dell’ISS per i dispositivi prodotti in deroga alle normative sanitarie, ma che dimostrino requisiti di protezione soddisfacenti, la messa in campo di misure di finanziamento a fondo perduto che supportino gli investimenti delle imprese nella sicurezza basato su alcune linee d’azione fondamentali: adozione di protocolli di sanificazione degli ambienti di lavoro; ripensamento degli spazi lavorativi per ridurre al minimo i contatti tra le persone; nuova mobilità da e per i luoghi di lavoro e all’interno dei siti produttivi; ricorso allo smart working.
Il piano di contenimento del virus dovrebbe essere realizzato in collaborazione tra Autorità preposte, imprese e sindacati, evitando dunque ogni contrasto. Condividendo con i Servizi Sanitari modelli di collaborazione in cui le imprese diventano luoghi in cui si attuano le politiche per la salute a partire dalle attività di screening preventivo sulle quali si attendono decisioni tempestive e univoche delle autorità competenti: con l’ausilio fondamentale di test sierologici validati o con programmi coordinati di “tamponi” sul territorio. Le imprese sicure, conclude la nota, sono tutte uguali.