Eni lancia la sua «rivoluzione verde»: con il piano strategico per i prossimi 30 anni la compagnia oil&gas annuncia la sua trasformazione in società dell’energia a 360 gradi, focalizzata soprattutto su gas naturale e fonti rinnovabili
E sul versante
delle emissioni di «gas serra» si impegna ad abbatterle dell’80% di qui al
2050. Ad abbatterle tutte: quelle dirette (in gergo definite «scope1»),
indirette («scope2») e quelle legate a tutta la sua catena produttiva di
petrolio e gas, ovvero ai prodotti come ad esempio benzina e gasolio venduti e
utilizzati dai suoi clienti («scope3»).
Così facendo il
gruppo del ceo Claudio Descalzi
punta ad entrare nel ristretto plotoncino dei «virtuosi», come Repsol e Bp, che
di recente si sono impegnati a ridurre fino al 100% le proprie emissioni di
CO2.
Sempre più gas e meno petrolio
Per
tenere fede al suo programma la compagnia promette che la crescita della
produzione di idrocarburi crescerà del 3,5% ogni anno fino al 2025, ma poi
declinerà in modo flessibile soprattutto nella sua componente petrolifera.
Insomma, l’Eni diventerà sempre più una gas-company, la cui produzione nel 2050
costituirà circa l’85% del totale. Il valore di quasi tutte le riserve di
petrolio in portafoglio (il 94%) dovrà essere incassato entro il 2035 (il punto
di pareggio è a 20 dollari il barile, e l’assunzione di fondo è un prezzo del
brent a 50 dollari, poco sotto l’attuale valore).
Co2 e piano rinnovabili
Per
rendere sostenibili le produzioni gas, l’Eni avvierà progetti di conservazione
delle foreste e di «cattura» della CO2 per più di 40 milioni di tonnellate/anno
al 2050 e, soprattutto, entro quella data intende sviluppare più di 55 Gigawatt
di capacità di impianti di energie rinnovabili e raggiungere quota 20 milioni di
clienti retail cui vendere l’elettricità prodotta, principalmente nei Paesi
Ocse. Per dare un termine di paragone: l’Enel ad oggi dispone nel mondo di
circa 90 Gigawatt.
Si parte da Ravenna
Il primo
progetto Eni per la cattura della CO2 sarà a Ravenna, prossimo hub per
l’Italia, dove già si sta studiando la possibilità di convogliare nei campi a
gas ormai esauriti dell’offshore adriatico la CO2 catturata dagli insediamenti
industriali e di generazione elettrica.
Obiettivi intermedi
Come
misurare il raggiungimento di tali obiettivi? Il gruppo di Descalzi si prefigge
di arrivare a tappe intermedie nel 2030 e nel 2040. Tra dieci anni dovrà essere
ridotta a zero l’impronta carbonica delle emissioni scope1 e scope2 (dirette e
indirette) dell’attività di esplorazione e produzione. Tra venti quella delle
emissioni dirette e indirette di tutto il gruppo. I suoi manager, sul fronte
degli incentivi, vedranno salire al 35% l’obiettivo ambientale da raggiungere.
La quota della componente gas nel mix produttivo dovrà essere almeno del 60% al
2030.
Investimenti per 32 miliardi al 2023, cedola di 0,89
euro
Nell’immediato,
ovvero nei prossimi anni fino al 2023 l’Eni si prefigge nuove scoperte per 2,5
miliardi di barili equivalenti e la generazione di un flusso di cassa superiore
ai 25 miliardi di euro. Sempre al 2023 i clienti retail dovranno essere 11 milioni.
Nel quadriennio il piano prevede 32 miliardi di euro di investimenti,
all’insegna però della flessibilità operativa. Il loro punto di pareggio
scenderà a 23 dollari al barile e garantirà un ritorno di circa il 25%. In
generale la neutralità di cassa (il livello al quale si copre tutta l’attività
produttiva ed economica del gruppo) scenderà da 55 a 45 dollari al barile. La
cedola 2020 sale del 3,5% e sarà di 0,89 euro per azione, mentre si prevede un
buy back di 400 milioni di euro.
I conti 2019
L’anno appena
passato è stato un periodo complicato per il gruppo, dalle tensioni
geopolitiche (come in Libia) fino all’andamento altalenante e tendente al
ribasso del prezzo del petrolio. L’Eni ha reagito anche attraverso la
diversificazione dei propri scenari operativi, crescendo in Norvegia e
soprattutto negli Emirati Arabi, dove ha tra l’altro acquistato il 20% di una
delle più grandi raffinerie del mondo, quella di Ruwais. La produzione di
petrolio e gas è salita a 1,87 milioni di barili al giorno (1,92 nell’ultimo
trimestre). Quanto ai risultati consolidati dell’anno il flusso di cassa è
risultato di 12,1 miliardi di euro, circa un miliardo in più della spesa per
investimenti (7,73 miliardi) e della remunerazione degli azionisti (3,4
miliardi). Il debito netto è salito a 11,5 miliardi per le acquisizioni negli
Emirati mentre l’utile operativo adjusted (corretto escludendo i cosiddetti
fattori speciali) è stato di 8,6 miliardi (-24%), quello netto di 2,88 miliardi
(-37%) e l’utile netto di 0,15 miliardi. Il dividendo per il 2019 è di 0,86
centesimi per azione (di cui 0,43 pagati come acconto).
Il rinnovo
La primavera del 2020 costituirà un passaggio importante per il gruppo: il consiglio di amministrazione attuale è in scadenza, e i vertici, dal ceo Descalzi alla presidente Emma Marcegaglia, dovrà essere rinnovato. Secondo i rumors di mercato dei giorni scorsi il ministero dell’Economia sarebbe favorevole alla riconferma per un terzo triennio di Descalzi.
(fonte: ENI)