La transizione digitale ed ecologica per la manifattura italiana

Si intensifica il dibattito sul ruolo dell’industria nel guidare la transizione ecologica. Soltanto guardando ai dati italiani si capisce quanto l’industria giochi un ruolo di primo piano nel passaggio verso un’economia circolare e una società più sostenibile

Il settore è infatti responsabile di oltre il 40% del consumo energetico italiano: secondo i dati Terna, nel 2020 l’industria ha assorbito il 44% dei consumi elettrici e la sola manifattura il 38%.

I passaggio verso un’economia circolare, necessario per raggiungere gli obiettivi europei di contrasto ai cambiamenti climatici, oltre all’efficienza energetica, chiede di ripensare completamente l’approccio alla produzione, dalla scelta delle materie prime, ai processi all’interno degli stabilimenti, a tutto il ciclo di vita del prodotto.

Cambiamenti a cui oggi si può guardare non solo con speranza, ma con concretezza, grazie alla maturità raggiunta dalle tecnologie digitali. Saranno proprio queste, sottolineano gli esperti, i driver che abiliteranno la transizione.

Per questo si utilizza il termine “twin revolutions” (rivoluzioni gemelle) quando si parla della transizione verde e di quella blu o digitale.

Il ruolo del digitale nel passaggio a una manifattura più sostenibile
Gli esperti sono tutti d’accordo: le tecnologie digitali sono un importante fattore abilitante della transizione ecologica.

Lo sottolinea un recente studio di The European House – Ambrosetti che rileva che il contributo diretto e indiretto del digitale sarà responsabile di oltre il 50% dell’abbattimento delle emissioni.

Se ne è occupato anche l’Osservatorio Transizione Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano che nella sua indagine ha analizzato, attraverso varie interviste, l’approccio delle aziende a progetti di promozione della sostenibilità e della transizione ecologica. 

L’indagine ha sottolineato che, a fronte di diversi progetti per il futuro e alcuni già posti in essere, ciò che è cambiato è la consapevolezza del bisogno di sostenibilità per le aziende.

Un bisogno che nasce dalla necessità di ridurre i consumi energetici e i costi di produzione, ma anche da uno stimolo esterno, come spiega Luca Fumagalli, Professore del Politecnico di Milano.

“Mentre per la trasformazione digitale lo stimolo viene dall’industria stessa, sono i consumatori che richiedono la sostenibilità, orientando così anche le risposte delle aziende”, spiega Fumagalli.

Le aziende devono quindi puntare sulla sostenibilità per restare competitive sui mercati mondiali. E non basta che il prodotto finale sia sostenibile: i consumatori vogliono, infatti, che tutto il processo che ha portato a quel prodotto sia green.

Per rispondere a questi cambiamenti, le aziende devono investire proprio sulle tecnologie digitali, che permettono l’efficientamento dei processi e dei prodotti, ma anche la tracciabilità di tutto ciò che avviene lungo la filiera produttiva.

“Parlare di sostenibilità senza parlare di trasformazione digitale significa parlare di una sorta di decrescita, tutt’altro che felice”, osserva Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale e del Digital Transformation Institute.

E’ molto importante scegliere le tecnologie sulle quali investire perché, come sottolineano molti esperti, lo stato di maturità raggiunto dalle tecnologie 4.0 contribuisce al fabbisogno energetico dell’industria (pensiamo, ad esempio, alla quantità di energia necessaria per alimentare i data center).

Le aziende devono quindi approcciarsi a queste trasformazioni con una visione strategica, investendo su quelle tecnologie che promuovono, davvero, un efficientamento sostenibile.

Un esempio viene proprio dal cloud, che favorisce l’accesso alle applicazioni necessarie per standardizzare ed efficientare i processi anche a quelle aziende che, altrimenti, non avrebbero gli strumenti per dotarsi delle infrastrutture necessarie.

Applicazioni che possono essere remotizzate in data center gestiti con i più alti standard di efficientamento energetico e che prendono il nome di “green data center”.

Lavorare a un nucleare ‘pulito’
Tuttavia, anche tenendo conto del risparmio energetico che si può ottenere grazie alla tecnologie digitali, i dati ci dicono che le sole energie rinnovabili non saranno sufficienti per soddisfare il fabbisogno energetico di sistemi economici che, comunque, continueranno a crescere. Ecco perché anche in Italia si è riacceso il dibattito sul nucleare, un tema purtroppo molto divisivo e su cui si fatica a ragionare con razionalità.

Attualmente l’Europa conta più di 100 reattori attivi che producono più del 25% dell’energia elettrica totale, il 48% della quale è carbon-free. Una tecnologia di certo non vista di buon occhio da gran parte della popolazione ma che, invece, potrebbe dare la spinta necessaria per vincere la sfida della decarbonizzazione.

Sono già diverse le realtà, anche italiane, coinvolte nell’innovazione del settore che intende portare a un nucleare sicuro e, soprattutto, pulito. Un “new clear”, come lo definisce Luca Manuelli, che oltre a essere presidente del Cluster Fabbrica Intelligente è anche Ceo di Ansaldo Nucleare e Chief Digital Officer di Ansaldo Energia, azienda italiana che opera nel settore dell’energia e che sta affrontando, in prima persona, il percorso di riconversione verso l’abbandono del carbone e la ricerca di fonti energetiche efficienti e pulite.

Nel breve termine, l’evoluzione del nucleare porterà ad ottenere energia da “small advanced nuclear reactor”, ovvero micro reattori che permettono di innalzare gli standard di sicurezza in maniera esponenziale, spiega Manuelli.

“La sfida che deve vincere l’industria è anche quella della modularità: invece di fare una centrale energetica che costa 10-15 miliardi e che ha una vita di 10-15 anni, c’è possibilità di realizzare un micro reattore di cui le parti possono essere prodotte in una fabbrica”.

Nel lungo periodo, la sfida è invece quella della fusione, un processo molto difficile da realizzare, sia per via delle alte temperature che richiede (150 milioni di gradi Celsius), che per la scarsità di risorse globali di trizio (necessario al processo), sia perché sono necessari enormi magneti per contenere il plasma (un gas portato a diversi milioni di gradi Celsius) in un dispositivo a fusione sottovuoto, denominato “tokamak”.

A questo obiettivo è dedicato il progetto europeo ITER, il più grande al mondo in questo ambito che, spiega Manuelli, “prevede per il 2025 l’accensione del primo plasma del reattore nel quale per 10 anni si sperimenterà la fusione per avere, laddove l’esisto sia favorevole, la possibilità di avere un game changer nella produzione di un’energia sicura in quantità infinita”.


RESILIENZA INDUSTRIALE, LE FABBRICHE FARO SI APRONO ALLE FILIERE E ALL’OPEN INNOVATION

fabbrica intelligente

Dalla relazione del Presidente di Fabbrica intelligente, Luca Manuelli, emergono le direttrici di sviluppo dell’associazione che riunisce tutti i portatori di interesse della manifattura per una resilienza industriale

Nei prossimi mesi crescerà il numero di regioni e di attori coinvolti, e verrà sviluppato l’ecosistema dei Lighthouse, recentemente arrivati a 5 grazie ad Hsd Mechatronics forse destinati a diventare 6 con la candidatura di Wartsila.  Azioni sulle filiere di fornitori. Un contributo importante alla politica industriale e al Pnnr con la proposta “Produrre un Paese resiliente” e con la prossima roadmap.

Quali evoluzioni stanno attraversando il Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente (CFI),l’associazione che riunisce tutti gli stakeholder (regioni, università, centri di R&S ed aziende) della manifattura avanzata, cioé della colonna portante del sistema economico italiano?

Come sarà il CFI del prossimo futuro?  Ne ha parlato il presidente Luca Manuelli nel corso del workshop annuale Produrre un Paese Resiliente e Sostenibile.

LA MANIFATTURA ITALIANA: UNO SCENARIO COMPLESSO E INCERTO

Ancora oggi, ha sottolineato Luca Manuelli, permane una situazione di profonda incertezza, determinata dalla pandemia. Il Covid-19 ha prodotto circa due milioni di morti a livello mondiale e circa 100mila in Italia. Il Pil globale è calato quest’anno del 3,5%; e in Italia del 9%. Per il 2021 le previsioni sono in continuo aggiornamento; allo stato, tuttavia, è prevista una crescita mondiale del 5%, mentre in Italia con ogni probabilità ci si fermerà al 3-3.5%, al di sotto degli obiettivi europei del 4,2%.

L’EVOLUZIONE DELLA MISSIONE DEL CLUSTER: ECOSISTEMA COLLABORATIVO E RESILIENZA INDUSTRIALE

A fronte della pandemia e del suo impatto sul fabric del Paese, CFI si sta sviluppando lungo due direttrici principali. 

Il CFI sta lavorando per far crescere il proprio ecosistema collaborativo.

Anzitutto, l’allineamento della sua missionedi sviluppare l’ecosistema collaborativo dell’innovazione del manifatturiero all’attuale scenario: con la disarticolazione delle filiere e il calo della domanda sperimentati lo scorso anno, il cluster ha attribuito maggior rilievo alla resilienza di sistema, e cioè alla capacità delle imprese manifatturiere di reagire positivamente alle avversità e di superare eventi traumatici.

Questa esigenza si è tradotta nella visione sviluppata con una task force di 50 esperti che è stata sintetizzata nel documento, “Produrre un Paese Resiliente”, una proposta diretta al decisore politico, che si può essere approfondita qui

Lo sviluppo territoriale è una delle priorità del Cluster Fabbrica Intelligente

A proposito di “Produrre un Paese Resiliente”, questo documento individua tre categorie di interventi: anzitutto quelli immediati, per favorire l’accelerazione della digital transformation con l’acquisizione di beni strumentali, software, metodologie, e con l’adeguamento di soluzioni esistenti e il supporto alla trasformazione sostenibile dell’industria.

Si parla, ad esempio di tecnologie per il lavoro a distanza o di robot in grado di garantire un alto livello di interazione con gli umani per gestire l’emergenza.  Poi, quelli di medio termine specifici, e cioè quelli che, grazie alla ricerca e all’innovazione, possono dar vita a soluzioni innovative utili anche per supportare la riconfigurazione delle filiere.

Si pensi, ad esempio, alle attività di commissioning e di manutenzione a distanza; e più in generale, alla collaboration basata sul Cloud. O, ancora, all’internet of action, che permette ad operatori esperti di agire a distanza e di riprodurre sensazioni ed azioni in modo interattivo e adattativo, come accade nella robotica per la medicina.  Infine, quelli di medio termine a carattere sistemico, per dotare il Paese di un sistema di manifattura di pronto intervento, in grado di produrre subito beni e strumentazioni utili nell’emergenza in tempi ridotti e in grandi volumi.

Anche la nuova Roadmap, in via di completamento entro il primo trimestre del 2021, «sarà integrata da obiettivi che potranno essere utili anche per la definizione del Recovery Plan». 

Questa è il documento strategico di CFI per definire le necessità della manifattura italiana in termini di avanzamento tecnologico e per rendere più competitivo il settore economico più rilevante del Paese.

L’anno scorso erano stati impegnati sette gruppi tematici (coordinati dal presidente del comitato tecnico scientifico Tullio Tolio) formati da tecnici, docenti universitari e soci del cluster. «Ora una parte del lavoro è confluito in Produrre un Paese Resiliente – ha affermato Manuelli – visione che potrà essere ulteriormente sviluppata grazie ai contributi emersi durante il Workshop per poter essere sottoposta all’attenzione del Governo».  

L’ESPANSIONE DELL’ECOSISTEMA COLLABORATIVO

In secondo luogo, il consolidamento delle sue principali attività e l’allargamento della sua base associativa. Nella visione di CFI la resilienza della manifattura è un fattore organico. Si può acquisire solo in un contesto forte, dove soggetti diversi collegano le proprie competenze. 

«La nuova visione – ha affermato Manuelli – è portata avanti dall’intero ecosistema» che ruota attorno al Cfi. Ad oggi il Cluster conta 287 membri, di cui 218 partner industriali, regioni e diversi tra università, centri di ricerca, e altri.

Produrre un Paese Resiliente

Quanto alle Regioni, sono sette quelle (Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte e Puglie) che hanno da tempo formalizzato un Accordo di Programma con il Mur sulle tematiche della Fabbrica Intelligente propedeutico allo sviluppo dei Cluster Territoriali. «L’obiettivo – ha afferma Manuelli – è raddoppiare questo numero in tre anni, coinvolgendo maggiormente il Sud del Paese». In particolare, sono già stati individuati potenziali candidati dalle Regioni Friuli Venezia GiuliaTrentino Alto Adige e Umbria, e si stanno stringendo rapporti con ToscanaLazioCampaniaAbruzzo e Basilicata.

HSD Mechatronics è recentemente diventata Lighthouse Plant del CFI

Quanto agli impianti Faro, già nel 2020 ne è aumentato il novero: dopo i Lighthouse dei grandi gruppi internazionali Ansaldo Energia, Abb, Hitachi Rail, Tenova-Ori Martin, a rivestire il ruolo di Lighthouse Plant è giunta HSD Mechatronics del gruppo Biesse, che è quotato in Borsa

Con 80 milioni di fatturato, 340 dipendenti, Hsd è la prima media impresa ad essere insignita di tali status e missione. Grazie a HSD anche aziende di dimensioni più piccole rispetto a quelli di prima generazione potranno permettere di dimostrare quali soluzioni tecnologiche si possano adottare per migliorare la competitività, la resilienza e la sostenibilità.

Dopo il quinto Lighthouse di HSD, nel 2021 si dovrebbe aggiungere al novero degli Impianti Faro la fabbrica di Trieste di Wärtsilä, azienda finlandese leader mondiale nella fabbricazione di sistemi di propulsione e generazione d’energia per uso marino e centrali elettriche; e due Big italiani del farmaceutico e dell’aeronautico, Menarini e Leonardo, hanno avviato il percorso per diventarlo a loro volta.

Altri nuovi importanti attori dell’ecosistema collaborativo del CFI sono i Pathfinder, partner tecnologici del cluster in grado di contribuire all’individuazione delle principali traiettorie di sviluppo dell’innovazione a supporto della competitività della manifattura italiana. Nel 2020 ne è stato ampliato il numero: dopo l’accordo con Sap del 2019, si sono aggiunti Deloitte e Cisco. Nel 2021 è entrata a far parte del novero anche Siemens. Ma, ha affermato Manuelli, ci saranno altre novità nel corso di quest’anno.

LE FABBRICHE FARO SI APRONO ALLE FILIERE E ALL’OPEN INNOVATION

Le aziende capo-filiera che hanno avviato i Lighthouse Plan hanno avviato il processo di coinvolgimento della propria filiera di fornitori nel processo di trasformazione digitale. Dopo il successo di AENet 4.0, con il quale Ansaldo Energia ha coinvolto 100 fornitori strategici italiani con il supporto di 11 DIH di Confindustria coordinati da quello ligure e del Competence Centre lombardo MADE e di quello ligure START 4.0, anche ABB ha avviato un’iniziativa di filiera con il supporto del Digital Innovation Hub Lombardia che ha realizzato l’assessment di un campione di 17 supplier di Abb operativi in Lombardia, Veneto e Lazio e costituito da piccole e medie imprese afferenti a differenti categorie merceologiche.

Per quanto riguarda l’apertura dei Lighthouse all’Open Innovation, dopo il successo della call for innovation Digital X Factory di Ansaldo Energia (160 startup partecipanti, 11  selezionate nel Pitch finale e 6 che lavorano nella Fabbrica Faro), nel  2020 il CFI ha lanciato sulla piattaforma di Open Innovation della Regione Lombardia X Factory con due challenge distinte e collegate agli Impianti Faro di ABB e di ORI  Martin Tenova: la prima focalizzata ad acquisire “proposte di soluzioni” di stampa 3D di sostanze metalliche per incrementare la velocità di esecuzione e superare il problema dei piccoli lotti; la seconda invece relativa alla cybersafety e, in particolare,  la sensoristica per la sicurezza dei lavoratori in aree di rischio.