Dal 21 al 25 Settembre, in occasione della Remtech Week, si terrà l’appuntamento con Remtech Expo, quest’anno in versione digitale
Si tratta della prima piattaforma digitale internazionale, dedicata ai temi della tutela
dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile dei territori.
Uno strumento assolutamente nuovo che rimarrà vivo, visibile e fruibile nel tempo – life cycle platform – garantendo, partecipazione potenziata, innovazione, internazionalizzazione, comunicazione, continuità di azione.
La piattaforma si compone di una Hall di ingresso per la registrazione, un’ampia Exhibition room ricca di informazioni, servizi e tecnologie, dieci Conference rooms parallele, l’International Club per l’organizzazione degli incontri bilaterali internazionali con i delegati stranieri, il lounge caffè Alfredo’s per poter godere di alcuni momenti di relax e di networking con la community specializzata di Remtech Expo Digital.
Tutti gli eventi delle Conference rooms saranno
registrati e rimarranno visibili sulla piattaforma come naturalmente per le
Exhibition company rooms.
Per gli Espositori, sarà potenziata l’attività di internazionalizzazione,
sarà possibile partecipare alle conferenze e giocare un ruolo da attori
protagonisti, essere contattati direttamente e proporre delle vere e proprie
company experience, così come realizzare un incontro tecnico di approfondimento
e naturalmente accedere al Lounge caffè Alfredos’.
Sono previsti inoltre, qualora possibile, eventi in
presenza presso le sedi delle Istituzioni con le quali vi è la piena
convergenza per quanto riguarda la definizione delle strategie e degli
obiettivi.
La Digital Demo è disponibile online per poter
visualizzare al meglio le caratteristiche e le potenzialità del progetto,
unitamente alle speciali modalità di partecipazione, al programma delle
conferenze ufficiali a cui è, come sempre, associata la Call for Abstract.
Per tutte le informazioni e richieste di chiarimento,
la segreteria è a completa disposizione a: marketing@remtechexpo.com secretariat@remtechexpo.com
Nell’industria si stanno facendo strada i processi di produzione che emulano i meccanismi dei sistemi biologici. L’evoluzione sarà la manifattura additiva
Componenti
meccaniche che imitano le qualità strutturali delle ossa, per
leggerezza, conformazione, resistenza ed elasticità. Vernici che riproducono la superficie della foglia di loto,
che ha la singolare capacità di mantenersi pulita autonomamente. Robot che passeggiano su muri
verticali, perché prendono spunto dal geco, che ha l’abilità di aderire con le
zampe alla superficie senza emettere secrezioni adesive.
Ecco la visione del futuro, quando prenderanno piede
i processi di
produzione bio-inspired, che emulano i meccanismi di azione e le
strategie dei sistemi biologici.
Ma perché la manifattura dovrebbe
sentire il bisogno di innovazioni come quelle citate? Con l’indebolimento della
produzione di massa il valore si sposta verso contenuti tecnologici innovativi, e verso qualità straordinarie già
presenti in natura, per ora mai replicate su scala industriale. L’attore
principale è la manifattura
additiva: strutture di enorme complessità e di dimensioni nano-metriche non
possono essere replicate dalla comune ingegneria.
Sviluppare un “cervello digitale”, tecnologico e modulabile a seconda del contesto, per consentire alle PMI manifatturiere di accedere a impianti di produzione avanzati per raccogliere e scambiare dati in massima sicurezza e velocità, al fine di acquisire e valutare i dati del ciclo di vita di un prodotto.
È questo lo scopo del progetto DigitBrain, che coinvolge 14 Stati dell’Unione Europea e si è aggiudicato fondi di Horizon 2020 per un valore di 9,5 milioni di euro. A guidarlo, per il Sud Europa, sarà Start 4.0, il Competence Center genovese.
Start 4.0 è stato selezionato, assieme a organismi di
spicco come il centro di ricerca tedesco Fraunhofer, come partner di un
consorzio internazionale di 36 soggetti, capace di mettere insieme imprese e
partenariati provenienti dall’Italia, Germania, Spagna, Ungheria, Repubblica
Ceca, Olanda, Danimarca, Russia, Finlandia, Romania, Estonia, Austria e UK. Il
centro di competenza genovese avrà il compito di supervisionare due progetti
pilota, uno dedicato alla filiera del fashion di lusso, e l’altro dedicato al
taglio laser e alla formatura di prodotti in alluminio. Progetti che
permetteranno di creare una “copia digitale” dei processi di produzione e di
ottimizzare le attività.
Un cervello
digitale per le Pmi
I fondi a disposizione del progetto verranno
utilizzati per condurre le attività di innovazione volte allo scale-up ed
all’integrazione di una serie di piattaforme sviluppate durante progetti di
innovazione precedenti, implementando il concetto di Digital Twin con un
approccio innovativo, chiamato “Digital Product Brain” (DPB) e un modello di
business intelligente chiamato “Manufacturing as-a-Service”(MaaS).Questa
impostazione permetterà di trattare la capacità manifatturiera come una
“commodity plug-and-play”, come un software, grazie a uno strumento integrato
che sfrutta sensori, dispositivi Internet of Things Industriali (IIoT), sistemi
di produzione cyber-fisici (CPPS), dati, modelli e algoritmi.
Lo sviluppo di un DigitBrain, ispirato dai principi di
innovazione tecnologica e sostenibilità della produzione a tutto tondo, è
dedicato nel progetto al settore manifatturiero, ma per caratteristiche è
applicabile in molti altri domini, a partire dalle infrastrutture complesse
come un porto, un aeroporto, un viadotto autostradale.
I ricercatori dell’Università di Harvard hanno
sviluppato un materiale in nanofibra leggero e multifunzionale in grado di
proteggere da temperature estreme e dagli attacchi balistici, ideale per
soldati, astronauti e vigili del fuoco.
Un materiale di nanofibra leggero e
multifunzionale in grado di proteggere chi lo indossa da temperature estreme e attacchi balistici. Non solo soldati,
ma anche astronauti e vigili del fuoco. Lo hanno progettato i ricercatori
dell’Università di Harvard, in collaborazione con il Army Soldat Capabilities
Development Command Soldier Center (CCDC SC) e l’accademia di West Point.
I materiali con una forte protezione meccanica, come metalli e ceramiche, hanno una
struttura molecolare altamente ordinata e allineata. Questa struttura consente
loro di resistere e distribuire l’energia di un colpo diretto. I
materiali isolanti, d’altra
parte, hanno una struttura molto meno ordinata, che impedisce la trasmissione
di calore attraverso il materiale. Unire
questi due aspetti in un unico materiale non è facile.
Il Kevlar e
il Twaron sono prodotti
commerciali ampiamente utilizzati nei dispositivi di protezione e possono
fornire protezione balistica o termica, a seconda del modo in cui sono
fabbricati. Il tessuto Kevlar, ad esempio, ha una struttura cristallina molto
allineata e viene utilizzato in giubbotti protettivi antiproiettile, mentre gli
aerogel di Kevlar poroso offrono un elevato isolamento termico.
“La nostra idea era quella di utilizzare questo
polimero di Kevlar per combinare la struttura tessuta e ordinata delle fibre
con la porosità degli aerogel creando fibre lunghe e continue con una
spaziatura porosa nel mezzo – spiega Grant M. Gonzalez, primo autore della
ricerca – In questo sistema, le fibre lunghe possono resistere a un impatto
meccanico, mentre i pori limitano la diffusione del calore.”
Analizzare, valutare e programmare il futuro delle imprese riducendo al minimo il rischio di crisi, meglio se con l’aiuto del software giusto
La nuova sfida per commercialisti e consulenti?
Analizzare, valutare e programmare il futuro delle imprese riducendo
al minimo il rischio di crisi, magari con l’ausilio del giusto software
per il controllo di
gestione.
Continuità e sicurezza sono
obiettivi fondamentali da raggiungere, soprattutto dopo gli ultimi mesi che
hanno messo interi settori a fronteggiare un’emergenza sanitaria senza precedenti
che ha ridimensionato ambizioni e bilanci.
Organizzazione e attenta capacità
di analisi diventano caratteristiche imprescindibili per garantire un
futuro alle piccole-medie imprese,
certamente le più colpite dalle vicissitudini recenti.
In questo contesto, è necessario
attingere alle proprie competenze e dotarsi di strumenti di
qualità per adeguarsi a novità
normative come l’ingresso del nuovo Codice
d’impresa e dell’insolvenza e l’obbligo del Controllo di Gestione.
Una nuova organizzazione
Con le nuove normative aumenterà
il numero di aziende che avranno bisogno del sostegno di
consulenti per svolgere attività di controllo di gestione.
Questo tipo di esigenze porterà ad un incremento dei servizi che possono essere
offerti dai professionisti.
In questi mesi, commercialisti
e consulenti si stanno quindi attrezzando per farsi
trovare pronti alle nuove sfide portate dai provvedimenti adoperati dal
legislatore.
Si andrà verso una collaborazione
sempre più stretta (e praticamente imprescindibile) tra il
professionista e l’imprenditore e la sua azienda:
l’imprenditore dovrà cogliere e saper
valorizzare l’importanza del ruolo strategico che gioca il professionista
nella prevenzione della crisi
d’impresa;
il commercialista dovrà ricoprire il
ruolo di consulente aziendale ed esercitare un ruolo di controllo.
Il lavoro fianco a fianco aziende-professionista
Il commercialista,
anche con l’aiuto di appositi software gestionali, avrà il compito di supportare le
imprese nell’istituzione di un assetto organizzativo idoneo
alla rilevazione dei sintomi di crisi e al monitoraggio dei rischi di impresa.
Il consulente d’azienda
affiancherà così l’imprenditore e l’organo di amministrazione nella rilevazione
tempestiva dei segnali di crisi.
Il commercialista – consulente
potrà cominciare a svolgere svariate attività volte a diagnosticare
rischi di insolvenza (e semmai attivare eventuali
procedure di allerta):
insediare un sistema di monitoraggio;
procedere all’analisi di rischi
finanziari legati ad insolvenza;
pianificare lo stanziamento di un budget
per soddisfare il fabbisogno finanziario e l’esposizione debitoria;
verificare la reputazione creditizia
dell’impresa, attraverso un’opportuna analisi di bilancio, anche pluriennale,
fatta in tempo reale;
analizzare i centri di profitto e di
costo sulla base delle aree in cui è suddivisa l’azienda e le loro
redditività;
valutare la gestione caratteristica e non
caratteristica, o per costi variabili e fissi a margine di contribuzione;
progettare (eventuali) piani di
risanamento e ristrutturazione.
Per l’azienda si andranno a creare
nel corso del tempo situazioni favorevoli anche in ottica di concorrenza con i
propri competitor: organizzarsi ed affidarsi a consulenti validi porterà
benefici al momento di pianificare strategie e progetti.
Professionista come consulente aziendale: quali
responsabilità?
Per un’azienda essere affiancata e
monitorata da un professionista rappresenta un’occasione di crescita: in
pratica ci si avvale della competenza di un soggetto che, nonostante il
coinvolgimento nei processi di supervisione, resta comunque esterno e in grado
di avere una visione complessiva più obiettiva.
Il processo di discussione,
confronto e condivisione delle esigenze e della visione
dell’imprenditore diventerà la base per capire la
strategia da seguire. Sarà poi il professionista ad affiancare l’impresa nel
raggiungimento dei traguardi fissati.
Il
consulente procederà ad illustrare costi, tempi, miglioramenti ipotizzati da una determinata
strategia e agirà in modo tale che le scelte consigliate
portino a risultati tangibili e quantificabili.
Uno studio sul lavoro agile: evoluzione della nuova normalità
Secondo una ricerca di ANRA e Aon, il
48% di chi lo ha sperimentato ritiene che resterà la modalità di lavoro
prevalente, soprattutto grazie alla maggiore flessibilità
degli orari di lavoro consentita. Quasi il 60% invece lamenta grande difficoltà
nel limitare le ore passate davanti al pc mentre gli under 35 lo criticano.
ANRA, Associazione
Nazionale dei Risk Manager, e Aon, hanno analizzato come è
cambiata la vita lavorativa degli italiani nel periodo del lockdown, e lo hanno
pubblicato nella ricerca intitolata “Lo smart working in Italia, tra gestione
dell’emergenza e scenari futuri”.
Sono stati
intervistati dipendenti di aziende di tutte le dimensioni, ricevendo forte
riscontro da grandi imprese (45%) e micro e piccole imprese (44%) con
il duplice obiettivo di fornire, da un lato, una panoramica su problematiche e vantaggi
riscontrati dalle imprese italiane nell’affrontare la conversione al lavoro agile, tra fine febbraio e
inizio marzo; e dall’altro, comprendere in che modo questo possa rimanere come
strumento nel futuro, e in quale misura modificherà l’organizzazione e la quotidianità lavorativa.
Secondo quanto emerso dall’indagine, prima della pandemia solo il 31% dei dipendenti poteva usufruire dello smart working, e non su base quotidiana mentre, allo stato attuale, i lavoratori che proseguono completamente l’attività da remoto rappresentano quasi l’80%.
Le aziende
che in precedenza non usufruivano di questa modalità fondavano la propria
decisione sulle possibili problematiche relative a pianificazione,
gestione e controllo delle attività (44%), sulla mancanza di una
strumentazione idonea (29%) o sul timore di un calo della produttività
(26%).Risposte che denotano una cultura aziendale non basata
sulla condivisione di fiducia e obiettivi ma ancora sul controllo,
un retaggio tradizionale che mostrato i suoi limiti in questo periodo. Quando
il virus ha reso necessario il distanziamento sociale anche i più scettici, per
garantire l’operatività, hanno comunque dovuto ricorrere allo smart working, e l’attuazione pratica ha smentito diverse
delle problematiche ipotizzate.
I
lavoratori hanno riscontrato che oltre il 70% delle proprie attività
può essere svolto da remoto, anche se rimane una certa difficoltà nella
pianificazione e gestione delle attività.
“Tra i motivi d’impedimento all’utilizzo dello Smart Working prima dell’emergenza, numerosi sono stati i riferimenti a una ‘mancanza di cultura’ tra i piani alti, un preconcetto legato alla mancanza di fiducia nei propri dipendenti che si trovano a fare lo stesso lavoro, ma da casa, secondo tempi e ritmi diversi. Questa visione si è ‘allentata’ quando lo Smart Working è entrato a far parte della nostra quotidianità, seppure, in maniera forzata: le aziende hanno performato bene, nonostante le difficoltà che tutte le organizzazioni, in misura minore o maggiore, hanno riscontrato.” commenta Alessandro De Felice, Presidente ANRA.
Il 68%
delle imprese è riuscito a programmare momenti di confronto
periodici con i propri dipendenti, come coffee break digitali, aperitivi
virtuali, videocall. Il 45% ha inoltre fornito servizi aggiuntivi come
corsi di formazione, supporto psicologico o alla genitorialità e corsi
sportivi.
Vantaggi e svantaggi dello Smart Working
Tra i pro,
il 47% evidenzia la possibilità di gestire con più
autonomia i propri orari di lavoro e il 43% un migliore
equilibrio tra vita privata e professionale. Tra i contro, pesano invece
la mancanza di separazione tra ambiente lavorativo e domestico (48%) e
soprattutto la grande difficoltà nel limitare le ore dedicate al lavoro
(58%).
Dalle risposte emerge anche la forte convinzione che lo smart working rimarrà come modalità di lavoro principale anche nel “New Normal”: lo sostiene il48% di chi ne ha effettivamente usufruito, ma addirittura il 64% di chi non ne ha avuto la possibilità. Una differenza che si spiega considerando che chi ha effettivamente sperimentato il lavoro agile ne ha una visione più lucida, disincantata, avendone sperimentati effettivi vantaggi e svantaggi. “Questa accelerazione verso un nuovo paradigma di vita, potrà portare nel tempo a raggiungere una nuova normalità, nella quale sarà possibile trovare un equilibrio tra esigenze lavorative e personali, passando da una concezione del lavoro per sistemi tradizionali al lavorare per obiettivi.” conclude De Felice.
L’obiettivo di Versalis è lo sviluppo di nuovi materiali con un approccio che mira alla sostenibilità e all’economia circolare
L’operazione Versalis-Finproject crea di fatto un
nuovo centro di competenza industriale sui materiali plastici speciali.
Versalis, società
del gruppo Eni che opera
nei settori della chimica, petrolchimica e della plastica, ha concluso
l’acquisizione del 40% di Finproject,
specializzata nella produzione di compounds reticolabili e termoplastici e
nello stampaggio di materie plastiche. Un’operazione annunciata prima del
lockdown e ora portata a termine.
Questa acquisizione permetterà a Versalis di entrare
nel settore delle applicazioni di polimeri formulati ad alta prestazioni e di
proporre soluzioni per innovare settori come il wire and cable, il footwear,
l’automotive, il design e la moda.
«Siamo veramente soddisfatti di aver concluso questa
operazione strategica con una realtà italiana di valore come Finproject. Sono
numerosissime le opportunità che ci vedranno impegnati insieme per lo sviluppo
di prodotti altamente innovativi e con una visione rivolta a una crescita
all’insegna della sostenibilità e dell’economia circolare», ha dichiarato Daniele Ferrari, amministratore
delegato di Versalis.
La nuovissima termocamera a spot FLIR offre prestazioni diagnostiche avanzate per l’ispezione e la manutenzione di impianti elettrici.
Flir presenta sul mercato la nuova termocamera TG165-X MSX® per elettricisti, tecnici di macchine, responsabili della manutenzione degli impianti, periti edili e tecnici di sistemi di climatizzazione. Progettato per gli ambienti di lavoro difficili, questo aggiornamento dell’affermato modello TG165 è uno strumento diagnostico all-in-one, con grilletto per la misurazione di temperatura a spot e immagine termica, arricchito dall’integrazione della potente tecnologia brevettata FLIR Multi-spectral Dynamic Imaging (MSX).
“Con l’aggiunta di MSX, TG165-X offre una migliore identificazione dei punti caldi, che indicano guasti elettrici o meccanici, e dei punti freddi, che indicano perdite di acqua o dispersioni termiche”, spiega Rickard Lindvall, General Manager, Solutions di FLIR Systems. “Inoltre, TG165-X guida visivamente i professionisti all’origine dei comuni guasti nei sistemi, affinché possano diagnosticare il problema e avviare le riparazioni più velocemente”.
La tecnologia a doppio sensore FLIR MSX aggiunge i dettagli visivi alle immagini termiche complete, rendendole più nitide e comprensibili per riconoscere le caratteristiche fisiche degli oggetti nella scena.
Un nuovo puntatore laser bullseye aiuta a individuare le aree di interesse, mentre il luminoso display LCD a colori da 2,4 pollici e l’ampio campo visivo di 51°×66° forniscono una visione completa dell’area di interesse.
Il corpo della TG165-X è in classe di protezione IP54 contro polvere e acqua, certificato per cadute da due metri, caratteristiche perfette per le ispezioni sia in ambienti interni, che esterni. La termocamera integra una memoria flash da 4 gigabyte per fino a 50.000 immagini e dati, scaricabili in FLIR Tools per creare rapporti professionali.
FLIR TG165-X è disponibile per l’acquisto in tutto il mondo a 399,00 dollari, attraverso FLIR e i suoi distributori.
Lo strumento crea singole SensorApps, senza competenze di programmazione, e
risolve facilmente diverse attività di automazione
“I concetti di automazione sono raramente standard”, spiega il Dr. Timo Mennle, SICK AppSpace Strategic Product Manager di SICK AG responsabile della produzione dei sensori.
Anche se si ha presumibilmente a che fare con un
problema standard, è necessario un ulteriore lavoro di configurazione e
personalizzazione per molti progetti.
Questi sono dettagli che potrebbero rapidamente
causare costi e ritardi più elevati durante l’installazione. I clienti SICK
possono creare le proprie SensorApps
personalizzate per risolvere singole applicazioni di sensori, senza dover
programmare nulla.
Nell’ecosistema appSpace
SICK, i sensori programmabili e i dispositivi perimetrali possono essere
configurati per nuove attività utilizzando SensorApps.
Molte app sono già disponibili per il download tramite
l’AppPool SICK.
Per applicazioni specifiche, SensorApps può essere
utilizzato in modo indipendente dal cliente e sviluppato insieme agli esperti
SICK con il supporto di una comunità di sviluppatori.
Fino ad ora, le competenze di programmazione di base erano necessarie per
generare il proprio SensorApps in SICK AppStudio.
Con una nuova interfaccia grafica in SICK AppStudio,
gli utenti possono risolvere applicazioni specifiche anche senza competenze di
programmazione configurando e collegando blocchi funzionali predefiniti in un
flusso di dati.
Il punto di partenza è sempre capire cosa devono fare
i sensori: “Se
un cliente vuole distinguere e contare le bottiglie deodoranti utilizzando il
colore del tappo, crea un flusso di dati dai blocchi funzionali esistenti in
una libreria. Dopo ogni passo, ottiene un’anteprima del risultato e può anche
modificare immediatamente la configurazione del processo di creazione “,
dice Mennle.
Grazie all’architettura aperta di SensorApps, c’è
ancora la possibilità di regolare il codice sorgente dei blocchi funzionali per
implementare applicazioni più impegnative e requisiti individuali.
Nuove SensorApps per appPool
“Elaborando graficamente i flussi di dati,
creiamo le basi per un target e un gruppo di utenti più grandi. Poi più utenti
possono approfittare di questo per le loro applicazioni”, dice Mennle. La
crescente domanda di blocchi funzionali nuovi e adattati può essere soddisfatta
dalla comunità di sviluppatori. La diversità e le possibilità dell’AppPool SICK
sono in crescita, così come i campi di applicazione di sensori e sistemi
di sensori.
SICK è uno dei principali fornitori di
soluzioni al mondo per applicazioni basate su sensori nel settore industriale.
Fondata nel 1946 da Dr.-Ing. e. h. Erwin Sick, l’azienda con sede a Waldkirch
im Breisgau vicino a Friburgo, è tra i leader tecnologici di mercato. Con oltre
50 filiali e investimenti azionari e numerose agenzie, SICK mantiene una
presenza in tutto il mondo. Nell’anno fiscale 2019, SICK ha avuto più di 10.000
dipendenti in tutto il mondo e un fatturato di gruppo di circa 1,8 miliardi di
euro. Ulteriori informazioni su SICK sono disponibili su Internet al
http://www.sick.com o per telefono al numero 49 (0)7681202-4183.
Un sondaggio condotto da Future Earth, la rete internazionale di ricerca sulla sostenibilità, che ha visto la partecipazione, in termini di risposte, di 222 scienziati da 52 paesi diversi, ha identificato 5 rischi globali
I
risultati mostrano che i primi cinque rischi globali che l’umanità dovrà affrontare sono
questi:
fallimento
della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici;
eventi
meteorologici estremi;
grave
perdita di biodiversità e collasso dell’ecosistema;
crisi
alimentari;
crisi
idriche
Più
di un terzo degli scienziati sottolinea l’importanza, in termini di rischi globali,
dell’interazione sinergica tra questi cinque rischi globali , un’interazione che potrebbe
portare a circuiti di feedback ed amplificare crisi che potrebbero essere
locali o regionali fino a farle diventare globali per un collasso sistemico
dell’intera società.
Un
esempio: le ondate di calore estreme,
che sono per definizione regionali o locali, possono accelerare il riscaldamento globale facilitando il
rilascio di grosse quantità di carbonio,
immagazzinate dagli stessi ecosistemi
locali colpiti, nell’atmosfera.
Ciò potrebbe amplificare a sua volta le crisi
idriche e quelle alimentari nonché la perdita della biodiversità, con reazioni a
catena che poi cominciano a diventare difficilmente prevedibili.
Tra
gli altri rischi globali
meritevoli di attenzione, secondo molti degli scienziati, ci sono:
fallimento della mitigazione e
dell’adattamento ai cambiamenti
climatici;
erosione della fiducia e dei valori della società;
deterioramento delle infrastrutture sociali;
crescente disuguaglianza;
crescente nazionalismo politico;
sovrappopolazione;
declino della salute mentale
Anche per il World Economic Forum i principali rischi globali sono tutti ambientali. Il Global Risks Report 2020vede, infatti, nelle prime cinque posizioni della “classifica” gli eventi meteorologici estremi, con gravi danni a proprietà, infrastrutture e perdita di vite umane, il fallimento delle misure di mitigazione e adattamento da parte di governi e imprese ai cambiamenti climatici, i danni e i disastri causati dall’uomo tra cui i crimini ambientali, come le fuoriuscite di petrolio e le contaminazioni radioattive. E ancora, la perdita della biodiversità e il collasso dell’ecosistema terrestre e marino con conseguenze irreversibili non solo per l’ambiente ma anche per l’impoverimento delle risorse umane e industriali. Infine le catastrofi naturali come terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche e tempeste geomagnetiche.