Innovatech: l’avvio di impianti per la cogenerazione

economia circolare

Italmatch Chemicals sceglie Innovatec, tramite la sua controllata Innovatec Power, per il processo di accompagnamento strategico verso l’integrazione della sostenibilità nel proprio business

L’Accordo sottoscritto prevede la realizzazione di un intervento di riqualificazione energetica dello stabilimento industriale di Arese (MI) quale parte fondamentale del percorso di riduzione dei costi energetici e di abbattimento delle emissioni di gas climalteranti del sito.

Italmatch Chemicals, società italiana attiva nella chimica di specialità, tra cui additivi per materie plastiche, ha deciso di dotare lo stabilimento di Arese, alle porte di Milano, di un impianto di cogenerazione da 1.200 kWe e di un generatore di vapore a 15 bar da 6.000 kg/h, per un investimento complessivo pari a 3,4 milioni di euro, comprensivo di un contratto di manutenzione decennale (1,5 milioni). 
A regime, l’impianto soddisferà l’80% della domanda di consumi elettrici e il 62% del fabbisogno di acqua calda e vapore di processo, con riduzione del 23% delle emissioni di CO2 equivalente.

Il progetto di efficientamento dello stabilimento di Arese conferma l’impegno di Italmatch Chemicals verso la sostenibilità e la cogenerazione – nota Sergio IorioCEO di Italmatch Chemicals Group – Da anni siamo impegnati nella riduzione del nostro impatto ambientale, non solo con l’efficientamento dei nostri stabilimenti produttivi, ma anche, in modo proattivo, portando avanti progetti di ricerca e sviluppo che puntano ad avviare processi di economia circolare per una chimica più verde”.

Analisi settoriale: settore chimico-farmaceutico

industria chimica e farmaceutica

Secondo il nuovo report Atradius negli ultimi due anni il settore dell’industria chimica farmaceutica, ha registrato risultati discreti, a livello globale, con indici finanziari solidi, buoni risultati a livello di pagamenti e bassi tassi di insolvenza ma vi sono anche altri fattori da considerare per il futuro: calo della domanda da parte dell’industria automobilistica, maggiore consapevolezza e tutela ambientale e maggiore instabilità nei commerci internazionali

ITALIA

L’andamento è influenzato dal rallentamento della domanda del settore automobilistico, dall’incertezza sulla politica fiscale italiana e dal contenzioso commerciale tra Stati Uniti e Cina.

  • La crescita sta rallentando a causa della minore domanda da parte delle principali industrie acquirenti
  • I pagamenti richiedono in media 60 giorni
  • Aumentano i casi di insolvenza previsti per il 2019

Nel 2018 la produzione chimica è aumentata solo dell’1% anche a causa della contrazione della domanda dell’edilizia nazionale e della domanda interna. L’andamento del settore è influenzato anche da altri fattori negativi: tensioni commerciali USA-UE, elevati costi dell’energia e del lavoro e aumento della concorrenza internazionale, soprattutto asiatica.

Atradius prevede per il prossimo semestre maggiori ritardi dei pagamenti e aumento dei fallimenti, nonostante il numero di insolvenze sia più basso rispetto ad altri settori industriali; il giudizio è negativo soprattutto per il settore petrolchimico, condizionato dalla volatilità dei prezzi, dalla debolezza della struttura finanziaria e dai bassi margini di profitto di molti operatori. Al contrario previsioni di stabilità per i margini di profitto dell’industria farmaceutica.

CINA

E’ uno dei grandi mercati mondiali di prodotti chimici e nel 2018 l’utile netto del settore è aumentato del 30%. Sia l’indebitamento totale che la dipendenza dai finanziamenti bancari sono elevati: le grandi imprese statali contano su sovvenzioni e forti prestiti, mentre le condizioni di prestito sono assai restrittive per le private. L’approccio di Atradius è neutro per i settori che utilizzano tecnologie avanzate, mentre si prevede un aumento dei fallimenti tra le PMI orientate all’export nei settori che realizzano prodotti di bassa gamma, sia a causa della controversia commerciale con gli USA, sia per le nuove politiche ambientali. Positive le previsioni per i prodotti farmaceutici, sia per la solida domanda interna, sia perché la maggior parte dei produttori sono grandi aziende statali.

STATI UNITI

Il settore ha beneficiato di energia e materie prime abbondanti a basso costo e Atradius prevede un aumento produttivo del 4,8% nel 2019 e del 4,3% nel 2020 per i prodotti chimici di base, con aumenti più contenuti per quelli specialistici. Il disavanzo commerciale dell’industria chimica rischia tuttavia di aumentare, sia a causa delle ritorsioni tariffarie legate alle attuali controversie commerciali, sia a causa del costo aumentato delle materie prime cinesi. Il valore più forte del dollaro ostacolerebbe oltretutto le esportazioni.

Le valutazioni Atradius sono buone per i settori petrolchimico e farmaceutico, più caute per i prodotti chimici di base; particolare attenzione richiede il segmento dei fertilizzanti, che risente di condizioni di mercato più difficili per l’agricoltura.

FRANCIA

Le analisi Atradius sono positive per i prodotti petrolchimici e farmaceutici: la domanda è ancora in crescita, l’industria è fortemente orientata all’esportazione, con diversificazione dei mercati finali; nel 2018-2019 il numero di insolvenze è stato contenuto e il dato dovrebbe rimanere stabile; i margini di profitto, anche se in calo, sono ancora elevati; la situazione del rischio di credito è buona. Atradius adotta però un approccio cauto per il segmento delle materie plastiche che è influenzato dalla volatilità dei prezzi petroliferi e dai piani di regolamentazione UE.

BRASILE

Si prevedono miglioramenti per il settore ma la maggior parte delle aziende è ancora fortemente indebitata. I pagamenti sono saldati a 90-120 giorni e nel 2019 le insolvenze dovrebbero diminuire del 5%. Le valutazioni Atradius sono neutrali: i prodotti chimici di base hanno risentito della riduzione della domanda da parte della Cina, il settore petrolchimico è influenzato dalla volatilità del prezzo del petrolio, quello agrochimico è soggetto a molte variabili. Le valutazioni per il settore farmaceutico sono più aperte, ma si suggerisce cautela per i player legati alle vendite alla sanità pubblica.

GERMANIA

Nonostante le industrie dispongano di solido capitale proprio, solvibilità e liquidità, Atradius prevede un declassamento di valutazione da eccellente a buona per i prodotti chimici speciali e farmaceutici, a causa delle tensioni economiche mondiali, dell’aumento della concorrenza asiatica, delle aumentate preoccupazioni ecologiche e del calo della domanda da parte di importanti settori d’acquisto (soprattutto quello automobilistico). La valutazione è discreta per i prodotti chimici di base.

GIAPPONE

L’approccio assicurativo è aperto: il settore è cresciuto del 1,8% nell’ultimo triennio e i margini di profitto sono abbastanza consistenti. Il settore farmaceutico beneficia dell’invecchiamento demografico, che determina maggior domanda; nel settore dei prodotti chimici di base la concorrenza di operatori esteri è forte, ma la maggior parte dei produttori giapponesi opera su prodotti di fascia medio-alta, con margini più elevati e minor concorrenza di mercato. I comportamenti di pagamento sono buoni (tempi di 45-90 giorni) e le insolvenze sono contenute. L’indebitamento finanziario è generalmente inferiore al 100% e la politica governativa sostiene fortemente i prestiti bancari.

SINGAPORE

Le grandi multinazionali, incoraggiate dalla politica governativa, dominano il mercato; i margini di profitto sono stabili, i pagamenti avvengono a 30-60 giorni e i casi di insolvenze sono contenuti. L’approccio assicurativo nei settori farmaceutico e dei prodotti chimici di base resta positivo; neutrale invece la valutazione per il settore petrolchimico e per le materie plastiche.

SPAGNA

Le valutazioni di Atradius sono abbastanza buone per i prodotti chimici di base, per i petrolchimici e l’industria farmaceutica: il fatturato è aumentato del 4% nel 2018, l’accesso al credito bancario è migliorato, i pagamenti avvengono a 60 giorni e le insolvenze sono contenute. Più neutrale la valutazione per il settore delle materie plastiche, influenzato da norme più severe nel prossimo futuro.

REGNO UNITO

L’approccio assicurativo è ora positivo per tutti i principali sottosettori: la redditività delle imprese è elevata e le prospettive sono stabili; la maggior parte delle imprese è matura ed ha una clientela stabile; i pagamenti sono a 60-90 giorni e il livello dei ritardi è basso. A medio termine, però, potrebbero esservi ripercussioni negative della Brexit per la redditività e i comportamenti di pagamento. Nel caso di “Hard Brexit”, l’aumento dei dazi doganali e le perdite di cambio potrebbero rappresentare gravi rischi (più forti ancora per i settori legati all’agricoltura e allevamento).

Fonte: Atradius

Riciclo chimico nell’industria delle materie plastiche

riciclo chimico by BASF

Sull’onda della nuova Plastics Strategy varata dalla Commissione europea, dopo anni di quiescenza, si ricomincia a parlare di riciclo chimico

Appare infatti ormai assodato che il riciclo meccanico, da solo, non è sufficiente per raggiungere gli ambiziosi obiettivi posti da Bruxelles all’industria delle materie plastiche.

Riportando i rifiuti plastici al loro stato originario, è possibile riutilizzare in ottica circolare anche i rifiuti eterogenei, multimateriale o contenenti additivi che ne rendono poco conveniente il riciclo per via meccanica. 

Che si tratti di depolimerizzazione, pirolisi o gassificazione, si possono ottenere materie prime rigenerate praticamente da qualsiasi ammasso di rifiuto plastico, e soprattutto senza degradazione delle caratteristiche fisico meccaniche del manufatto finale che – entro certi limiti – può essere anche conforme al contatto con gli alimenti.

BASF e il “ChemCycling”

A credere nel riciclo chimico, tanto da avviare partnership a valle con importanti produttori di imballaggi e componenti auto, è il gruppo tedesco BASF, che ha lanciato il programma ChemCycling.

Si tratta di un processo basato sulla pirolisi di rifiuti plastici eterogenei, difficili da trattare per via meccanica (compresi espansi come l’EPS), trasformati in oli sintetici da aggiungere in steam cracking per ottenere nuove materie prime, come etilene o propilene, alternative a quelle fossili, con cui produrre nuovi polimeri senza scadimento delle proprietà intrinseche.

A questo scopo il gruppo tedesco ha stretto un’alleanza con Quantafuel, titolare di un processo integrato per la pirolisi di rifiuti plastici e la successiva purificazione degli oli ottenuti. Accordo sancito da un investimento di 20 milioni di euro, che BASF ha iniettato nella società norvegese per accelerare lo sviluppo industriale del processo, anche in vista di future attività di licensing. Quantafuel ha in programma di avviare entro la fine di quest’anno, a Skive (Danimarca), un impianto con capacità di 16.000 tonnellate annue.

Attraverso il processo di pirolisi ChemCycling, BASF trasformerà rifiuti plastici eterogenei difficili da trattare per via meccanica in oli sintetici per ottenere nuove materie prime via steam cracking.

Come parte dell’accordo, BASF avrà il diritto di prelazione su tutto l’olio di pirolisi e gli idrocarburi purificati prodotti per un periodo minimo di quattro anni dall’avvio dell’unità.

Le materie prime così ottenute saranno utilizzate nel polo chimico di Ludwigshafen, dove il gruppo ha sede ha sede, per ottenere nuove materie plastiche – contraddistinte dal suffisso Ccycled – destinate ad applicazioni realizzate in collaborazione con selezionati partner industriali.

Per passare dagli impianti pilota all’industrializzazione del processo, oltre agli aspetti tecnologici ed economici, vanno chiarite anche le questioni normative, come sottolinea Klaus Ries, responsabile Styrenic Foams di BASF: «Il riciclo chimico e il bilancio di massa devono essere inseriti nel calcolo degli obiettivi fissati dalla Commissione Europea e nelle metodologie di calcolo dei tassi di riciclo il prima possibile, in quanto è l’unico modo per incrementare, sensibilmente e in modo permanente, i volumi di riciclo senza sacrificare la qualità».

Riflettori puntati sul polistirene

Anche il gruppo britannico Ineos è impegnato in diversi progetti di riciclo chimico, con particolare attenzione al trattamento di rifiuti stirenici, dove ha attivato partnership sia con altri produttori, sia con università e centri di ricerca.
Nell’ambito del progetto ResolVe, ad esempio, collabora da due anni con Neue Materialien e l’Università di Aachen al riciclo chimico di rifiuti a base di polistirene. I primi risultati hanno confermato che è possibile produrre nuovo polimero con la stessa qualità di quello vergine, partendo da stirene ricavato da depolimerizzazione chimica. Ottenuto questo risultato, i ricercatori si sono messi al lavoro per ottimizzare la resa del processo e mitigare l’effetto dei contaminanti, compresi altri polimeri presenti nei rifiuti di polistirene, in particolar modo il PET (mentre sono tollerate percentuali poliolefine fino al 10%).

Secondo Norbert Niessner, responsabile R&D/Proprietà Intellettuale di Ineos Styrolution, si può tranquillamente affermare che il polistirene può essere riciclato. «Anche grazie ai recenti progressi nelle tecnologie di selezione dei rifiuti post-consumo, sono convinto che non vi è più alcun motivo per non farlo» afferma.

Nell’ambito della piattaforma Styrenics Circular SolutionsTrinseo, Ineos Styrolution e Agilyx hanno recentemente validato la tecnologia per la depolimerizzazione di rifiuti da imballaggio di origine stirenica e ora puntano a realizzare in Europa un impianto su scala industriale con una capacità di trattamento fino a 50 tonnellate al giorno, anche se non sono stati ancora forniti dettagli su località e tempistica del progetto.
Ineos Styrolution supporta anche il progetto Plastics2Chemicals di Indaver, società del gruppo Katoen Natie specializzata nella gestione e trattamento dei rifiuti. L’obiettivo è avviare nel Porto di Anversa un impianto dimostrativo per la depolimerizzazione di rifiuti plastici a base di polistirene e poliolefine (previa separazione), con capacità di 15.000 tonnellate annue, che potrebbe entrare in funzione nella prima metà del 2021. Ineos Styrolution potrebbe utilizzare lo stirene così ottenuto all’interno di un suo impianto poco distante.

Infine, il gruppo sta lavorando con la canadese GreenMantra nella sintesi di stirene monomero ottenuto dalla depolimerizzazione termocatalitica di rifiuti post-consumo e sfridi di polistirene. Da questo processo si ottengono due flussi distinti: il principale è polistirene a basso peso molecolare, che ha possibili impieghi negli additivi per inchiostri e coating, mentre quello secondario è costituito da stirene monomero, dal quale ottenere nuovamente polistirene.

Tacoil da rifiuti plastici

Riciclare in closed-loop rifiuti plastici da imballaggio difficili o impossibili da trattare per via meccanica è anche l’obiettivo del progetto avviato da Sabic, Unilever, Vinventions e Walki Group.

La tecnologia individuata dai partner è la conversione termochimica in assenza di ossigeno (TAC, Thermal Anaerobic Conversion) sviluppata dalla britannica Plastic Energy, dalla quale si ottiene Tacoil, un olio sintetico che Sabic immetterà nell’impianto di Geelen (Olanda) per ottenere materie plastiche che saranno fornite ai tre partner; questi, a loro volta, utilizzeranno le resine per produrre imballaggi destinati ad uso alimentare e non: Vinventions produrrà tappi sintetici per vino e Walki beni di consumo. Nei piani di Sabic e Plastic Energy c’è la costruzione di un impianto in Olanda, che potrebbe entrare in marcia nel 2021.

Il processo TAC parte dal riscaldamento dei rifiuti plastici in assenza di ossigeno (evitando così la loro combustione), che provoca una rottura delle catene polimeriche. Si ottiene così un vapore saturo di idrocarburi che, una volta condensato, può alimentare un cracker al posto di materie prime fossili per la sintesi di intermedi per la produzione di nuove materie plastiche, mentre la frazione gassosa viene impiegata per produrre l’energia necessaria agli impianti. Il processo è già stato testato con successo da Plastic Energy in due impianti in Spagna, prima a Siviglia (2014), quindi ad Almeria (2017) dove stanno operando in ciclo continuo.
Sabic ha introdotto in catalogo anche i primi gradi di compound e leghe a base di PBT (LNP Elcrin iQ) ottenuto da depolimerizzazione di bottiglie e altri rifiuti a base poliestere. Questa nuova serie comprende gradi rinforzati con fibre di vetro e cariche minerali, formulazioni ritardanti di fiamma senza alogeni e resistenti ai raggi UV, oltre a gradi suscettibili di ottenere la conformità al contatto alimentare in base agli standard FDA.

In campo anche Dow ed Eastman

Il gruppo chimico statunitense Dow si prepara a introdurre sul mercato plastiche ottenute in parte da materie prime provenienti da pirolisi di rifiuti plastici e, a questo scopo, ha siglato un accordo con l’olandese Fuenix Ecogy per la fornitura di feedostck destinati al polo di Terneuzen, nei Paesi Bassi.
Fuenix ha brevettato un processo di pirolisi capace di convertire materie plastiche eterogenee da imballaggi in un olio che può sostituire alcune materie prime (nafta, paraffine, LPG). L’azienda olandese sostiene che con una tonnellata di rifiuti si possono ottenere circa 700 chilogrammi di polimero rigenerato con le stesse caratteristiche di quello sintetizzato con materie prime vergini, anche per uso alimentare. Questo progetto rientra nell’impegno preso da Dow di incorporare almeno 100.000 tonnellate di plastiche riciclate nei materiali destinati al mercato europeo entro il 2025.

Eastman si sta invece muovendo nel riciclo chimico, mediante depolimerizzazione via metanolisi, dei rifiuti a base poliestere di scarsa qualità, difficilmente recuperabili per via meccanica e destinati quindi a essere avviati a discarica o all’incenerimento. Il gruppo statunitense è impegnato in uno studio di fattibilità tecnica sulla progettazione e costruzione di un impianto di metanolisi su scala industriale, che potrebbe entrare in funzione entro 24-36 mesi dalla conclusione degli accordi con partner della filiera interessati ad acquistare il materiale così rigenerato.

Capitali freschi per Loop Industries

Che il momento sia quello giusto, è dimostrato anche dalla disponibilità di capitale di rischio per progetti industriali nel riciclo chimico. Recentemente, la società di investimenti canadese Northern Private Capital (NPC) del multimilionario John Risley, ha deciso di investire 35 milioni di dollari per rilevare una quota del 10,5% di Loop Industries, la società che ha sviluppato un processo per il riciclo chimico di rifiuti in PET, trasformati nelle materie prime di partenza. Il nuovo azionista si è anche assicurato un’opzione, valida tre anni, per l’acquisto di ulteriori quote, fino ad arrivare al 17,3% con un esborso totale di 45 milioni di dollari. L’obiettivo è accelerare il passaggio su scala industriale del processo, che vede Loop Industries alleata con la thailandese Indorama Ventures nella costruzione del primo impianto di depolimerizzazione negli Stati Uniti, il cui avvio è previsto nel 2020.
Ancora prima di mettere in marcia le capacità, Loop Industries ha siglato accordi di fornitura pluriennale di rPET da riciclo chimico con colossi quali PepsiCo, L’Oréal Group ed Evian, il marchio di acque minerali del gruppo Danone. Alla fine dell’anno scorso, la società canadese ha anche raggiunto un accordo con Thyssenkrupp al fine di combinare la tecnologia di riciclo chimico di poliestere Loop con quella di policondensazione in continuo MTR (Melt-To-Resin) di Uhde Inventa-Fischer per produrre PET grado bottiglia partendo da rifiuti plastici post-consumo.

Un progetto nei film BOPET

Sul fronte della depolimerizzazione del PET, si segnala anche il processo LuxCR proposto da DuPont Teijin Films. L’obiettivo è trasformare i flakes di PET provenienti da sfridi o da rifiuti nel monomero di partenza – BHET (bis-β-idrossietiltereftalato) –, indistinguibile da quello vergine, da cui ottenere nuovo poliestere destinato all’estrusione di film PET biorientato (BOPET) destinato ad applicazioni di imballaggio, anche alimentare. Questa tecnologia è in grado rimuovere eventuali contaminazioni attraverso una combinazione tra filtrazione del polimero e del monomero ed estrazione mediante vuoto per alcune ore con temperature tra 270 e 300 °C. Il gruppo statunitense sta valutando altre applicazioni nell’ambito di etichette, pannelli solari, carte d’identità.