L’economia circolare rappresenta un modello economico
in cui il valore dei materiali viene il più possibile mantenuto o recuperato e
dove gli scarti sono ridotti al minimo. E’ stato valutato inoltre che se
le industrie europee riuscissero a implementare un sistema produttivo di tipo
circolare, si potrebbe realizzare un risparmio complessivo di quasi 500
miliardi di euro l’anno
Sempre più spesso viene
individuato come un approccio indispensabile ad ottenere migliori performance
in termini di sostenibilità.
A un esame più
approfondito, però, dal punto di vista accademico il legame tra economia circolare e sostenibilità
rimane ancora sfuggente.
Per questo Cercis (Centro per la ricerca sull’economia
circolare, l’innovazione e le Pmi) e il Centro di
ricerca interuniversitario Seeds (Sustainability, environmental
economics and dynamics studies) hanno organizzando un whorkshop
per passare dalla teoria alla pratica.
Il workshop “Making
the Circular Economy work for Sustainability: From theory to practice”, ha
avuto come partecipanti studenti,
studiosi, professionisti e stakeholder che hanno interesse all’economia
circolare.
L’obiettivo è stato quello di stimolare il dibattito
sui quei meccanismi che consentono di stabilire un legame effettivo tra economia circolare e sostenibilità,
caratterizzandone con più precisione la natura. Si tratta di un dibattito fondamentale
per acquisire una conoscenza più approfondita di come i responsabili politici
possano utilizzare al meglio l’economia
circolare per promuovere la sostenibilità, e verrà esplorato sotto molteplici
aspetti.
Durante il workshop è stato presentato il Rapporto di
sostenibilità 2020 realizzato dall’Agenzia
europea dell’ambiente (Eea), cui hanno contribuito anche i membri di Seeds,
per poi proseguire con un ampio ventaglio di tematiche: i dividendi economici, gli
impatti ambientali e le ricadute sociali dell’economia circolare, passando dal
ruolo di famiglie e imprese in questo contesto all’approccio politico
necessario per veicolare la sostenibilità.
Verso
un’economia circolare nella UE: la simbiosi industriale
Nell’ambito della strategia Europa 2020,
l’UE ritiene che la transizione verso un’economia circolare sia di fondamentale
importanza per il raggiungimento di una maggiore efficienza complessiva delle
risorse.
Ciò rappresenta uno dei principali volani della competitività
delle imprese europee, tenuto conto dell’alta incidenza che le materie prime
hanno sui costi complessivi dell’industria manifatturiera; al riguardo si
ritiene che, nel vecchio continente, tale incidenza si aggiri mediamente
attorno al 40% e che possa raggiungere il 50% se si sommano anche i costi per
l’energia e l’acqua.
E’ stato valutato, infatti, che se le industrie
europee riuscissero a implementare un sistema produttivo di tipo circolare si
potrebbe realizzare un risparmio complessivo di quasi 500 miliardi di euro
l’anno, cui si ricollegherebbe una minore necessità di input materiali
(riduzione del 17%-24% entro il 2030) e un incremento del Pil della
UE prossimo al 4%.
Mentre in un’economia lineare si configura un sistema
economico in cui le risorse naturali sono utilizzate come input nei
processi di produzione e di consumo, per poi essere reimmesse, in parte,
nell’ambiente come rifiuti, in un’economia circolare i processi di produzione e
di consumo devono essere in grado di riutilizzare, riparare, riciclare e
rimettere a nuovo i materiali e i prodotti esistenti, al fine di limitare al
minimo l’utilizzo di nuove risorse naturali.
Sistema Economico Circolare
Per realizzare gli obiettivi proposti per il 2030, bisogna agire da subito per accelerare la transizione verso un’economia circolare e sfruttare le opportunità commerciali e occupazionali che offre”. Nell’ultimo periodo, l’UE ha presentato numerose iniziative per la transizione verso questo nuovo paradigma e, nella sua strategia per passare a un’economia circolare a rifiuti zero, ha individuato diversi strumenti fra i quali vi è quello di favorire l’implementazione di percorsi di simbiosi industriale.
La simbiosi industriale è una branca di un nuovo campo di studi interdisciplinare, denominato, ecologia industriale. Considerata come la scienza della sostenibilità, l’ecologia industriale trova le sue origini nel 1989, anno in cui Frosh e Gallopoulos con l’articolo Strategies for Manufacturing, affermano che “il modello tradizionale di attività industriale – in cui i singoli processi produttivi prelevano materie prime e generano prodotti da vendere più rifiuti da smaltire – deve essere trasformato in un modello più integrato: un ecosistema industriale”.
All’interno dell’ecologia industriale, la
simbiosi industriale indaga le relazioni esistenti tra i sistemi industriali e
il loro ambiente naturale. In particolare, con il termine simbiosi industriale
si identificano gli scambi di risorse tra due o più industrie dissimili,
intendendo con risorse non solo quelle materiali (sottoprodotti o rifiuti), ma
anche energia termica di scarto, servizi, competenze.
Si tratta cioè di una strategia per la chiusura
dei cicli delle risorse e l´ottimizzazione del loro uso all’interno di uno
specifico ambito economico territoriale attraverso la collaborazione tra le
diverse imprese basata sulle possibilità sinergiche offerte dalla loro prossimità
geografica/economica. I principali mezzi con cui si realizza la simbiosi tra
imprese sono:
- la condivisione di utility e
infrastrutture per l’utilizzo e la gestione di risorse, come il vapore,
l’energia, l’acqua e i reflui;
- la fornitura congiunta di servizi per soddisfare
bisogni accessori comuni alle imprese connessi alla sicurezza, all’igiene, ai
trasporti e alla gestione dei rifiuti;
- l’utilizzo di materiali tradizionalmente intesi come
scarti o sottoprodotti in sostituzione di prodotti commerciali o materie prime.
In analogia a quanto avviene negli ecosistemi, attraverso la riduzione dei
rifiuti alla fonte e la creazione di legami di chiusura dei cicli, la simbiosi industriale cerca di disegnare
un sistema industriale
caratterizzato da rapporti di interdipendenza
funzionale in cui i prodotti di scarto di una linea di lavoro diventano un
prezioso input per le altre linee. In questo modo, si viene a configurare un
sistema produttivo circolare, in cui scompare il tradizionale concetto di
rifiuto, poiché “i materiali oggetto di scambio… non sono mai rifiuti in nessun
momento della loro esistenza, ma sempre beni
economici”.